(di Roberto Falaschi) – New York 1993 Torri Gemelle, New York 2001 Torri Gemelle, Madrid Atocha, Londra bus due piani, Parigi redazione, Parigi luoghi rappresentanti la libertà di informazione ed ora Bruxelles luoghi adibiti agli spostamenti. Questa è una succintissima lista degli attacchi eseguiti dal Jihad nei confronti della cultura e del modo di vita occidentale che l’islam (Traduzione dall’arabo: sottomissione) ha condotto contro i principali centri di questo nostro sistema.
Ad ogni attacco si sono levate voci “giustificazioniste” per spiegare come l’occidente abbia nel corso dei secoli aggredito le aree sottomesse alla religione del profeta (la umma), che ad oggi conta quasi un miliardo e mezzo di sottomessi (non si scordi il significato di islam).
Poiché la storia è maestra di vita, è bene fare un salto indietro di qualche decennio alla riunione di Yalta nel 1945, quando si incontrarono Stalin, Roosevelt e Churchill per la spartizione del mondo. La Francia non era stata invitata in quanto l’U.R.S.S. non la considerò mai una potenza vincitrice della guerra che stava terminando.
Una volta stabilite le zone di influenza degli U.S.A. e dell’U.R.S.S. i tre Grandi si posero il problema del resto del mondo, principalmente delle colonie. Churchill sostenne che queste ultime non erano in grado di autogestirsi e che sarebbero stati necessari almeno 200 anni affinché potessero essere autosufficienti ed ottenere l’indipendenza.
Sia Roosevelt che Stalin, ognuno con motivazioni proprie e ben diverse, si opposero e considerato il relativo ridotto peso della Gran Bretagna nel complesso geopolitico che si andava delineando, fu deciso di avviare la decolonizzazione al più presto, sia pure con tempi e modi differenziati. Poiché comunque anche i due Grandi convennero sulla ridotta capacità auto gestionale dei paesi che si sarebbero formati, fu anche pensato che far studiare esponenti delle elites dei nuovi stati negli Stati Uniti, nell’U.R.S.S. e nelle ex potenze coloniali sarebbe stato sufficiente a garantire un’autosufficiente amministrazione.
L’esperienza dimostrò che una volta formati questi elementi nella maggior parte si guardarono bene dal rientrare nelle loro terre d’origine preferendo vivere in occidente. Ritornarono solamente quelli che avevano studiato in U.R.S.S. (all’Università Lumumba dove venivano concentrati questi studenti) ed alcuni dall’occidente.
I rientranti si trasformarono rapidamente nella nuova classe dirigente dittatoriale con successioni di presidenti a vita generati da colpi di stato e simili. Pochi stati ex colonie ebbero uno sviluppo democratico o comunque lineare anche se dittatoriale. Esempi particolari possono essere il Senegal con Senghor (membro dell’Accademia di Francia) e l’Etiopia con Ailè Selassiè I, entrambi governanti dal carisma eccezionale, se non unico. Fallito il tentativo di formare le elites venne pensato che se non funzionava “l’apprendimento” dall’alto tanto valeva provare dal basso e fu così avviata quella politica di immigrazione, per lo più fuori controllo, che ha portato all’arrivo di grandi numeri di semidiseredati che pur vivendo alla meno peggio in occidente si trovavano sempre meglio che nella terra d’origine.
Questo, molto succintamente è quanto è avvenuto negli ultimi decenni, grosso modo a partire dall’arrivo dei così detti “vu cumprà”, che si può osservare come non vengano bloccati dallo svolgere la loro attività perniciosa nei confronti del commercio regolare.
Poiché la maggioranza di questi arrivi era ed è costituito da musulmani e dato che questi non avevano e non hanno per la maggior parte voglia, incentivo e capacità di integrarsi si sono formate in alcuni paesi occidentali delle enclaves religiose musulmane.
In ciò i governanti europei hanno avuto ed hanno grossa responsabilità in quanto privi di lungimiranza non hanno previsto che avere aree del territorio delle quali andavano mano a mano perdendo il controllo avrebbe generato gravi problemi. Vedi in particolare il Regno Unito, la Francia, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Svezia ed ora anche la Finlandia. Il Belgio costituisce un caso a parte in quanto fu un accordo con l’Arabia Saudita a far arrivare in numero consistente musulmani Wahabbiti (quelli più intransigenti dell’Arabia Saudita e prevalentemente del gruppo etnico Saud).
Quando gli attacchi sono condotti da cittadini europei discendenti di immigrati musulmani si tratta prevalentemente di individui della terza generazione, che è quella che più fortemente rigetta la cultura occidentale vagheggiando una favolosa umma. In Italia non vi sono ancora figli di immigrati di tale generazione e pertanto la situazione è meno preoccupante, per il momento. Ma solo per il momento, perché fra qualche anno avremo i medesimi fenomeni.
Recentemente, approfittando della grande destabilizzazione del medio oriente e della Libia della quale l’occidente per motivi meschinamente economici e privi di lungimiranza ha grande responsabilità, si è cominciata a riversare in Europa una consistente massa di persone che si dichiarano profughi e che desiderano sistemarsi in un qualche stato europeo, in preferenza quelli con già presente una numerosa collettività dell’area di origine. La scusa è stata sfrutta immediatamente anche da chi geograficamente non era coinvolto nella “bufera”.
Infine il buonismo, un errato senso di colpa verso paesi precedentemente colonizzati (gli europei non hanno commesso nulla contro gli abitanti di altri continenti che questi ultimi non avrebbero a loro volta fatto agli europei se ne avessero avuto la capacità. Tale è la naturale natura umana. Inoltre sia sempre presente la circostanza che tra europei ci siamo massacrati per quasi tre millenni, ma conviviamo senza scannarci), oltre ad organizzazioni malavitose e politici incoscienti ed ideologicamente motivati uniti ad organizzazioni buoniste.
Siamo arrivati all’assurdo che un capo di stato straniero, il Papa, nel suo primo viaggio all’estero viene in Italia ed invita i musulmani a recarvisi, in maniera ovviamente illegale. Naturalmente l’Italia si guarda bene dal protestare per una così grave scorrettezza.
E’ ovvio che più se ne lasciano venire e più ne verranno, come stiamo sperimentando. Si predica l’accoglienza illimitata e disorganizzata senza minimamente valutare le conseguenze. Demenza, tradimento o schiavitù ideologica? Ai posteri la non ardua sentenza.
Terminata la lunga ma essenziale digressione e tornando ai fatti di Bruxelles ed agli attacchi precedenti vanno considerati alcuni fattori che vengono spesso, per non dire sempre, ignorati. In primo luogo gli “attaccanti” non sono terroristi, ma combattenti dell’islam a ciò spinti da innumerevoli imam in base alla norma coranica per cui è dovere conquistare le terre degli infedeli (dar el Harb = casa della guerra). Quindi loro non si considerano terroristi, ma combattenti di una giusta causa per la quale sono dispostissimi a morire.
Nel passato i terroristi si sono sempre dichiarati tali ed avevano lo scopo di sovvertire un governo, questi combattenti invece hanno lo scopo di allargare il dar el salam (casa della pace, ossia la terra islamica – sottomessa).
Se poi usano metodi da noi definiti terroristici significa che è l’unica maniera, al momento, con la quale possono sperare di ottenere risultati per loro positivi. Infatti cessata la prima ondata jihadista del VII ed VIII secolo i loro tentativi militari di conquistare l’Europa, tanto via mare quanto via terra sono tutti sempre falliti.
La superiorità tecnologica, il miglior addestramento dei combattenti e più razionali principi di condurre la guerra hanno fatto sì che mai l’islam potesse sottomettere l’Europa. Un esempio attuale di questo dato di fatto è costituito dalle successive e talvolta cocenti sconfitte inflitte da parte delle piccole FF.AA. israeliane.
Ora è evidente un cambiamento di strategia dell’islam alla quale l’Occidente non reagisce nella dovuta maniera e quindi mano a mano si va sottomettendo alla cultura musulmana. Ma come? Semplicemente con la rinuncia dell’Occidente a far rispettare le regole che si è dato nel corso di ben oltre duemila anni.
Queste sono fondamentalmente il rispetto della vita umana, una giustizia imparziale, la libertà d’impresa e commercio, oltre alla parità dei sessi. Quasi tutto compreso nella Magna Carta ormai vecchia di numerosi secoli, ma sempre valida.
Quanto sia forte l’astio dell’islam verso i “cristiani” lo si nota con le persecuzioni che questi subiscono nei paesi della umma e per i quali nessun “grido di dolore si leva” in occidente, mai gli islamici avessero ad offendersi.
Sono miglia i cristiani massacrati ogni anno così come numerosissime sono i luoghi di culto che vengono distrutti e dei quali ne viene impedita la ricostruzione. Per non dire delle discriminazioni quotidiane e legali alle quali sono sottoposti.
La fede cristiana che queste persone praticano è vera fede! Neanche il Sommo Pontefice, capo della Cristianità alza la voce contro questi fatti, pure lui per non offendere l’islam. Anzi va a Lampedusa e li invita a venire nelle nostre terre. Come se ciò non bastasse esorta i governi europei ad accogliere liberamente questi stranieri che, notoriamente, non intendono adottare il sistema di vita occidentale o convertirsi al cattolicesimo.
Non sono certo da meno in questo comportamento i responsabili politici degli stati facente parte dell’Unione Europea che si è divisa tra “gli accoglienti” nella sua parte occidentale ed i “non accoglienti” in quella orientale. Schengen, una delle poche iniziative veramente unenti dell’Europa, rischia di andare in malora grazie a questa “invasione” di migranti, che potremmo definire la fanteria di sfondamento dell’islam.
Vi è poi la quinta colonna che dall’interno rappresenta un pericolo viepiù crescente per le istituzioni democratiche. La maggiore fertilità delle islamiche unita all’input di costanti nuovi arrivi consentirà nel lasso di pochi anni alle minoranze musulmane europee non solo di fondare dei partiti mandandone dei rappresentanti nei parlamenti, ma progressivamente di promulgare delle leggi che gradatamente porteranno all’adozione della sharia. Fine dell’Europa. Rimarranno cristiani le Americhe e la Russia ortodossa.
Ove “chi di dovere” volesse adottare le necessarie misure ed al contempo abbandonare una condotta ideologica sarebbe ancora possibile superare vittoriosamente questa guerra asimmetrica che l’islam ci ha dichiarato da quattordici secoli e che negli ultimi anni si è riacutizzata con nuove forme di pugna, più subdole e meno apparentemente contrastanti i regimi democratici.
E’ vano e autolesionista sostenere che mai rinunceremo ai nostri principi di democrazia per combattere l’islam, i cui combattenti per ipocrisia e pavidità vengono definiti terroristi e talvolta erroneamente Kamikaze.
Quest’ultima definizione insulta dei militari giapponesi che per la loro Patria si sacrificavano mai e poi mai aggredendo cittadini indifesi, avendo come scopo arrecare danno ai combattenti nemici. Ma l’islam si potrebbe offendere, mentre se si aggredisce l’amor proprio giapponese… poco male tanto non ci attaccheranno.
Quale anestetico viene propinato che questi attacchi, suicidi o meno, sono condotti da estremisti e che nell’islam esiste una maggioranza moderata. Benissimo, se essa esiste che si manifesti e sia la prima a combattere non solo per i cristiani e le leggi democratiche che caratterizzano l’Europa, ma anche nel suo stesso interesse in quanto se avesse a vincere l’islam estremista, cosa possibilissima, sarebbe anche quello moderato a soccombere.
Però azioni dell’islam tendenti ad osteggiare la sua parte fanatica (o rispettosa integralmente del Corano) non se ne vedono. Peraltro dove sono i moderati che nei quartieri danno asilo agli estremisti e osteggiano qualsiasi persona di altro credo, incluse le forze dell’ordine.
Non si scordi l’orribile scena di un attaccante della redazione di Charlie Ebdo che tornò indietro per freddare il poliziotto arabo ferito, in quanto ovviamente traditore e forse anche apostata.
Appurata l’inerzia del così detto islam moderato che non potrà quindi essere considerato alleato, si possono attuare innumerevoli iniziative a difesa della nostra cultura democratica.
Basta entrare in sintonia con il fatto che siamo in guerra e che quindi molte azioni non consone al nostro sistema in tempo di pace possono e debbono essere adottate proprio per poter mantenere ed ulteriormente sviluppare in futuro i nostri principi. In primo luogo pretendere, facendo firmare all’uopo un documento specifico, che i soggetti di religione islamica (i sottomessi) si impegnino ad abbandonare tutti quei dettami religiosi, quindi anche politici, prescritti dalla loro religione in contrasto con le leggi e gli usi occidentali. Parimenti che si impegnino ad inculcare ai figli gli stessi principi democratici.
E’ un dovere preciso adattarsi al sistema di vita del paese ospitante e quindi chi non si adatta verrà espulso senza possibilità di appello. Per quanto riguarda la cittadinanza, comunque di difficile ottenimento, deve essere chiaro che in caso di non integrazione essa verrà revocata con immediato provvedimento di espulsione. Per i soggetti nati cittadini deve valere un giuramento di fedeltà a tutti i dettami del paese di nazionalità evidenziando che essi possono godere dei diritti comuni la ove si integrino.
Una società per vivere deve necessariamente essere coesa, altrimenti è solamente un luogo di abitazione e di lavoro con conseguente disgregazione e scomparsa anche culturale. La storia ci insegna che solamente i blocchi compatti sopravvivono nel tempo e quindi i nostri principi, figli di una cultura grecogiudeocristiana ed ottenuti con secoli di lotte, solo così potranno essere conservati.
Quanto precede non è razzismo o altro appellativo similmente derogatorio, ma semplicemente una maniera di continuare a professare quelle libertà che con dura fatica ci siamo guadagnati. Quanto sopra espresso si dovrebbe applicare a qualsiasi modo di vita o religione non compatibile indipendentemente dal gruppo etnico di appartenenza dei soggetti coinvolti.
Chi volesse accusare l’Occidente di razzismo rifletta sul fatto che solamente i cristiani hanno combattuto di propria iniziativa contro altri cristiani per difendere dei musulmani. Ciò si è verificato nella ex Jugoslavia dimostrando l’alto grado di civiltà della cultura cristiana.
Gli anglosassoni sostengono “when in Rome, do as Romans do” (quando a Roma, agisci come i romani). Bene, potremmo adattare così questo detto alle nostre esigenze di sopravvivenza culturale “quando in occidente, vivi come un occidentale”.