(di Roberto Falaschi) – Due poliziotti i cui nomi non avrebbero mai dovuto essere resi noti nell’interesse degli stessi, che non possono andare armati fuori servizio salvo porto d’armi ordinario, hanno fermato e quindi ucciso un certo Anis Amri ricercato in tutta Europa per una strage compiuta nei giorni precedenti a Berlino con un autocarro del quale probabilmente aveva anche ucciso l’autista.
A seguito di tale uccisione il web si è scatenato per esaltare o denigrare i due delle Forze dell’Ordine adducendo le più svariate motivazioni.
Esaminiamo come hanno agito: sicuramente hanno avuto “occhio” del sospettare di quell’individuo tanto da chiedergli di identificarsi. Il tale ha risposto in pessimo italiano e accento straniero di essere calabrese e ubbidendo alla richiesta ha cominciato a svuotare la zaino dal quale ha improvvisamente estratto una pistola e fatto fuoco su un agente.
L’altro ha reagito prima che il malvivente potesse sparare una seconda volta, vuoi a lui o al collega. Evidentemente era preparato ad una reazione ostile altrimenti non avrebbe avuto il tempo di reagire. Inoltre ha agito in frazione di secondo mantenendo il perfetto controllo dell’arma. Tutto qui. Ma per poter scrivere tutto qui è necessaria un’ottima preparazione a monte che consenta di agire per istinto e non per pensiero.
Inoltre era evidentemente molto attento a quanto stava avvenendo per non farsi cogliere di sorpresa e quindi impreparato. Complimenti ad entrambi ed a chi li ha istruiti.
Questo è quanto avrebbero dovuto scrivere senza esaltarli da eroi e senza denigrarli quali assassini. In effetti tra i tre c’era un assassino e giustamente è quello morto.
Credo però che nessuno avrebbe potuto scrivere meglio cos’è la vita da “eroe” di un membro di una volante di uno di loro, Vincenzo D’Acciò. Ecco quanto ha postato su facebook:
“Ho letto cose incredibili, mirabolanti visioni su quello che è o non è un poliziotto. Saccenti dissertazioni sull’assurdo concetto che se un poliziotto (o comunque un uomo in divisa) salva una vita è normale perché è pagato per farlo, mentre se lo fa un ‘cittadino normale’ è un eroe”.
Due pesi e due misure. E invece gli agenti sono “eroi silenziosi“, “professionisti al servizio del cittadino” che fanno tanto con poco clamore. Perché “entrare in due in una casa dove sono minimo in cinque che se le stanno suonando di santa ragione” e “riuscire a portare la situazione alla calma senza che nessuno si faccia male, per me è missione da eroi”; perché “sedere per più di due ore al tavolo con un anziano che rimasto solo, rassicurarlo, strappare un sorriso e poi andarlo a trovare nei giorni seguenti diventandone amico, per me è missione da eroi“; perché “convincere una donna maltrattata a denunciare il suo carnefice” è indubbiamente “una missione da eroe”; perché “ascoltare un minore picchiato e abusato, mantenendo la calma fargli una carezza, ricevere un suo disegno e rivedere il sorriso nei suoi occhi, per me è missione da eroe”.
E lo è anche “ascoltare per ore le telefonate di gente malata”, “sedare una rissa da cui tutti scappano sempre in numero sicuramente inferiore rispetto ai partecipanti”, “entrare in case che bruciano o che crollano, incuranti di quello che accade solo per verificare che dentro non ci sia nessuno”, “strappare di mano un coltello od una lametta a chi ha deciso di salutare questa vita” e “scortare in ogni momento e ogni luogo chi è minacciato costantemente da mafie di ogni genere”. Ecco. Eroi di tutti i giorni. “Mi fermo qui, ma potrei continuare all’infinito perché tutto quello che ho scritto, solitamente, avviene in un normale turno in quinta di una qualsiasi volante di una qualsiasi città d’Italia ma… non ne leggo mai notizia”. Mai un ringraziamento.
Mai un riconoscimento da chi è invece sempre pronto a sottolineare i difetti. “Forse sta tutto qui l’errore: nel non raccontare quotidianamente di quanta umanità e dignità profuma questa gente in divisa, dove magari è vero non tutti son santi ma nemmeno sono tutti furfanti”.
Chi parla non sa che ogni qual volta un poliziotto sente la sirena suonare pensa al collega pregando per lui che finisca tutto bene. “Chi non ha mai provato dovrebbe avere il buon senso o quanto meno la decenza di tacere e accettare che ogni giorno una sorta di esercito di eroi silenziosi, indossando una divisa troppe volte oggetto di disprezzo, cerca di rendere un po’ più vivibile il posto in cui viviamo. Che vi piaccia o no!”.
Credo che con queste parole il Signor Vincenzo abbia ben spiegato quale è il sentimento intimo vissuto nel quotidiano da un poliziotto della Mobile e non solo.
Pensiamo anche allo stato d’ animo del/della coniuge tutte le volte che il poliziotto monta di servizio ed ignora cosa lo aspetterà durante il turno. Così viziati e coccolati dallo stato che se vengono feriti… devono pagarsi il ticket!
Quando li incrociamo su quelle auto spesso malandate rivolgiamo loro un pensiero di ringraziamento e scusiamoli se non sono perfetti.
Naturalmente l’estremismo islamico come era da attendersi ha promesso “vendetta” e pertanto le Forze dell’Ordine sono state messe sul chi vive sia per il personale che per le installazioni.
Ciò che invece è stato il grande errore è la diffusione dei loro nomi e fotografie obbligando la Polizia di Stato a predisporre la protezione per loro e famiglie.