(di Roberto Falaschi) – Fra tre mesi vi sarà il centenario della così detta battaglia di Caporetto, in realtà un episodio dell’operazione austro/tedesca Waffentreu (armi e onore) iniziata il 24 ottobre 1917, esattamente 25 anni prima della seconda battaglia di El Alamein.
Non credo sia necessario entrare nei dettagli dello scontro che terminò sulle rive del Piave, ma sembra piuttosto utile considerare come mai il nome dell’operazione venne praticamente scordato ed invece trasformato nella grande disfatta del Regio Esercito, non solo riconosciuta in Italia e conseguentemente all’estero.
Come italica tradizione i mass-media ed i politici si scatenarono in indiscriminati attacchi denigratori. Dalla disfatta di Caporetto infatti nacque la fama del sodato italiano incapace di combattere e fondamentalmente vigliacco con la sola voglia di tornare a casa.
La causa di tale nomea non va ricercata lontano, ma bensì a “casa nostra” ed in particolare nel Comandante italiano Gen. Cadorna, il quale attribuì immediatamente la colpa ai soldati che anziché pugnare si dettero alla fuga, non disdegnando di attribuirla anche agli ufficiali di complemento, benché molti di essi fossero stati promossi per meriti sul campo.
La scusa venne, almeno in parte, accettata dal governo e così si perpetrò la cattiva fama che dura tutt’ora. Ma se questa fosse stata la realtà, in primo luogo gli austro/tedeschi avrebbero concluso la guerra sul fronte italiano ben prima dell’Operazione Waffetreu, magari con la Sraffexpeditione o, al massimo, con l’offensiva in questione.
Ciò premesso, è opportuno per rettificare l’onta lanciata sul militare italiano, rilevare che il Gen. Cadorna venne rilevato dall’incarico e sostituito dal Gen. Armando Diaz proveniente dallo Stato Maggiore in Roma e quindi ben a conoscenza della situazione generale delle Forze Armate italiane e dell’andamento degli scontri, in particolare di terra.
E’ indubbio che i tedeschi con il loro piano strategico e gli Austroungarici con il proprio si intralciarono a vicenda dando così del respiro alle truppe in ritirata in quanto ognuno dei due insisteva nel condurre le operazioni secondo il proprio e non in base ad un piano concordato. Così intasarono le strade e dettero due giorni di vantaggio agli italiani.
Ma il vero grande ostacolo che incontrarono furono le ripetute resistenze organizzate sull’impronta e autonomamente da comandi locali ed anche da singole unità che non solo rallentarono la slancio nemico, ma, se tagliate fuori dall’avanzata dell’avversario, non esitarono a condurre operazioni contro la logistica ed i trasporti del nemico.
Più della metà dei prigionieri italiani del conflitto furono catturati in quella circostanza e prevalentemente per esaurimento dei mezzi per combattere ed impossibilitati a ricongiungersi con il fronte italiano. Non pare che il disprezzano prevalentemente analfabeta fantaccino italiano abbia da vergognarsi.
Gli alleati constatando la grossa ritirata italiana ed a richiesta, inviarono delle divisioni a supporto e benché fossero arrivati dopo la stabilizzazione sul Piave, come non può che essere ovvio date le distanze, si attribuirono il merito dell’arresto del nemico. Già si preparavano a mutilare la nostra vittoria.
Memorialisti e storici, soprattutto britannici, non mancarono di evidenziare falsamente come l’Italia poté continuare a combattere grazie agli aiuti ricevuti in uomini e mezzi.
Gli uomini, come menzionato, arrivarono a fatti conclusi e l’industria italiana non solo rimpiazzò rapidamente il materiale perso, che era andato a rafforzare le capacità del nemico, ma continuò a rifornire gli alleati con prodotti nazionali, come ad esempio gli autocarri della FIAT che contribuirono il larga parte alla motorizzazione delle Forze Armate Francesi.
Se indubbiamente Caporetto fu una sconfitta italiana che spostò il fronte dal territorio austriaco a quello italiano, cosa potevano vantare i nostri alleati in termini di vittorie? Nulla di nulla. In compenso erano ben forniti di sconfitte che seppero però trasformare in gesta eroiche o far scordare.
Per gli anglofrancesi valga la grande batosta ricevuta a Gallipoli sia in terra che in mare dove persero un così alto numero di corazzate che dovettero rinunciare ad impiegarle. Se poi la sconfitta non ebbe proporzioni ben maggiori fu solamente grazie ai sommergibilisti britannici che bloccarono il traffico marittimo nel Mar di Marmara costringendo così gli ottomani a rifornire la penisola di Gallipoli via terra su strade impraticabili.
Ciò alleggerì enormemente la pressione sulle truppe del potente Impero Britannico sconfitto dal disgregantesi Impero Ottomano.
Ma subito fin dall’inizio del conflitto, dichiarato da Gran Bretagna e Francia la ritirata dell’esercito Francese e del B.E.F. (British Expeditionary Force) fu tale che per poco la guerra non ebbe una durata di circa un mese.
La catastrofica disfatta a Charleroi spinse i francesi indietro nel loro territorio di ben 240 Km. Conseguentemente il fronte settentrionale rimase esposto e i francesi si dovettero ritirare di 190 Km da Mons.
Se il Piave fu una resistenza calcolata, i taxi della Marna un vero miracolo.
Fino alla fine della guerra il fronte praticamente rimase sempre immutato. E poi gli anglofrancesi hanno la faccia tosta di criticare gli italiani unici a combattere prevalentemente sul suolo del nemico!
Certo la storia non si discute con i se, ma se i tedeschi in quel frangente avessero raggiunto Parigi, cuore della Francia, si sarebbero tenuti l’Alsazia e la Lorena e poco sarebbe cambiato nel mondo e l’Italia non sarebbe entrata in guerra e milioni di vite sarebbero state risparmiate. Ma questa è solo fantasia, anche se talvolta è bello fantasticare.
Riprendendo, se l’Operazione Waffentreu non si concluse con lo sfascio dell’Italia fu grande merito dei soldati italiani che pressoché senza direttive, con l’Alto Comando in rapida ritirata, si batterono spontaneamente con coraggio e grande spirito di sacrificio, spesso di propria iniziativa e con furiosa rabbia. Così pure, una volta attestati sul Piave con un nuovo comando difesero con tenacia il fronte.
Un soldato ben comandato non scappa mai, se del caso si ritira in buon ordine ed il nuovo Capo di S.M., maresciallo Armando Diaz, seppe infondere, con spirito napoletano, confidenza nei suoi sottoposti. Il risultato si è potuto vedere.
Per quanto riguarda il fronte marittimo, la Regia Marina non solo mantenne costantemente il controllo dell’Adriatico, ma con il supporto degli alleati bloccò il Canale di Otranto dal quale riuscirono solo a filtrare alcuni sommergibili.
Il Regio Esercito e la Regia Marina ebbero per la durata del conflitto l’indiscussa superiorità aerea.
Il neo costituito servizio di intelligence con brillanti operazioni riuscì ad ottenere i dati del sistema di spionaggio avversario ed i nomi dei sabotatori e loro fiancheggiatori facendo conseguentemente cessare ogni pericolosa attività ostile sul territorio nazionale. Altrettanto brillantemente riusciva ad ottenere informazioni sulle mosse dell’avversario, spessissimo non sufficientemente sfruttate dagli Alti Comandi.
Si pensi che i piani autentici della Straffexpeditione e della Waffentreu furono portati al Maresciallo Cadorna che li ignorò.
Anche il Re Vittorio Emanuele III, detto il Re Soldato, pur non essendo attivo nella direzione delle operazioni, ebbe un notevole peso con la sua vicinanza al fronte quale supporto psicologico ai combattenti che si sentivano così seguiti dal loro Sovrano.
La così detta Italietta, poco più che cinquantenne e senza tradizioni nazionali alle spalle, riuscì prima a tenere a bada e poi a far collassare un grandioso impero plurisecolare con eccellenti tradizioni di grandezza. Ma non seppe raccogliere i frutti del suo successo per mancanza di manico politico. Non sarebbe stata la prima volta e neppure l’ultima.
Infine è da precisare che la resa dell’Impero Tedesco non avvenne perché sconfitto sul campo, ma per una condizione geografica. Infatti tagliato fuori dai mari liberi non ebbe la possibilità di rifornirsi e fece così la fine di tutti gli assediati non soccorsi da aiuti esterni: si arrese per inedia. Lo stesso avvenne nella Seconda Guerra Mondiale causata da un’ulteriore sconfitta targata U.S./G.B./F.: il Trattato di Versailles che condannò la Germania invitta sul campo ad una pace disonorevole. Non si umilia una Grande Nazione, perché necessariamente vorrà la rivincita; e così fu.
Per l’Italia il discorso è diverso: da vincitrice fu trattata con sussiego, perché i politici del dopo guerra furono pavidi e non solo non seppero contrastare l’arroganza e supponenza degli ex alleati, ma neppure domare i disordinati moti pseudo rivoluzionari comunisti lasciando quindi spazio al P.N.F. che poté insediarsi stabilmente al potere per un ventennio.