(di Roberto Falaschi) – La correttezza politica unita ad una cultura antinazione, che viene attivamente propugnata dalle organizzazione europee in ciò assecondate da una pletora di intellettuali maître à penser sono uno dei tarli che suicidano l’Europa.
Per quanto riguarda le organizzazioni facenti capo a Bruxelles è evidente che con questa attitudine anti nazionale intenderebbero instillare nelle genti europee un concetto di nazionalità europea che non è affatto sentita dai cittadini dando così adito allo sviluppo di partiti che propugnano il ritorno al vecchio sistema dell’Europa degli Stati. Ma il tarlo che maggiormente corrode la cultura europea con le sue radici giudeo/greco/romane/cristiane è la correttezza politica per cui la vita nel mondo occidentale è condizionata da tutta una serie di regole, scritte o meno, che ne inibiscono non solo il regolare svolgimento dialettico giusto in ogni agglomerato umano, ma altresì ne impoveriscono le capacità difensive nei confronti di gruppi culturali diversi ed in questi tempi dell’islam.
Il primo punto è che questa correttezza politica fa sì che i politici non comprendano come, finita l’era della guerra fredda che teneva l’islam a freno, questo si è attivato per imporre il suo credo ed in particolare all’Europa tuttora centro motore culturale e tra i più importanti produttori di potenza al mondo.
Per potenza in questo caso si intende la creazione di progresso oltre che forza militare, e ciò si manifesta nel grande numero di brevetti registrati annualmente, nella enorme quantità di pubblicazioni edite ogni anno, nell’imponente produzione di oggetti ad alta ed altissima tecnologia, nel sistema di governo democratico che pur con le sue debolezze crea una società coesa ed innumerevoli altri fattori generatori di progresso. Inoltre vi è un principio che dalla società islamica non può essere tollerato ed è il principio di libertà individuale, d’altra parte ciò non è accettabile in una religione il cui nome islam vuol dire sottomissione. Sottomissione al Dio onnipotente che si è incarnato nel Corano, rendendolo quindi sacro ed immutabile nella sua unica possibile interpretazione. Almeno questa è la tesi grandemente prevalente tra i teologi islamici.
Fin dalla morte del Profeta non sono mancati coloro che hanno interpretato il Corano come il libro scritto da Maometto, o dai suoi seguaci, sotto ispirazione divina e che quindi può adattarsi a interpretazioni differenti. Risulta comunque che nel corso dei secoli questi non pochi teologi o sono stati messi a morte o sono dovuti fuggire. Resta quindi che l’interpretazione del Corano ai tempi nostri è ferma al VII secolo d.C. e ciò ovviamente rende impossibile un dialogo costruttivo con un pensiero che pone la religione, cioè Dio, quale regolatore del vivere comune degli individui anziché limitare il suo campo interpretativo alla sola sfera religiosa, ossia a quei principi di base della morale che sono imprescindibili.
Parimenti ciò implica che un buon credente non possa mescolarsi con degli infedeli e ciò si può chiaramente osservare con l’immigrazione musulmana in Europa. Mentre tutti i nuovi arrivati si sono integrati assimilandosi nella cultura di accoglienza indipendentemente dalla religione professata, gli islamici quando abbastanza numerosi hanno costituito delle enclaves nelle quali non ammettono infedeli e nelle quali prevale per quanto possibile la legge coranica, la sharia, sulle norme locali.
Poiché uno dei capisaldi della dittatura del politicamente corretto è il multiculturalismo nessun politico europeo si azzarda a contrastare questa situazione che vede i gruppi islamici imporre sempre più il loro volere alle maggioranze autoctone.
Se ognuno è libero di praticare la religione che desidera, ciò non dovrebbe voler dire che per seguirne i dettami debba stravolgere le credenze ed i valori dei cittadini di altra religione. Peraltro sostenere che tutte le culture si equivalgono ed hanno pari dignità significa, in relazione all’islam, accettare l’infibulazione, la sottomissione totale della donna all’uomo, la pena di morte pubblica, la legge del taglione etc. Così come non si accetterebbe che i piedi delle bambine venissero fasciati per impedire alle donne di camminare, come antica usanza in Cina, oppure il Sati, la morte delle vedove sul rogo del marito come nell’India fino a tempi recenti, non si capisce perché la religione islamica debba godere di diritti che sarebbero negati ad altri.
Il punto, ed è una debolezza delle democrazie, è che i musulmani votano e più essi diventano numerosi più essi pretendono diritti che i timorosi politici concedono, anche contro l’interesse degli altri cittadini. Generalmente l’importante è essere rieletti.
Ma quale è la politica di conquista e distruzione adottata dai poteri islamici? Semplicemente quella di installarsi nel continente europeo e di acquistare il potere in base alle leggi locali. Essi sostengono che invaderanno l’Europa con l’utero delle loro donne, la conquisteranno con le leggi dei paesi democratici europei ed infine la governeranno con le loro, ossia con la sharia. Effettivamente considerando il tasso di natalità fra le donne etnicamente europee e quello fra le musulmane si rileva un fortissimo divario a vantaggio delle islamiche, la cui funzione istituzionale peraltro è quella di produrre fedeli.
Al ritmo attuale entro venti anni gli islamici potranno formare nella stragrande maggioranza dei paesi europei un partito a base religiosa che non avrà difficoltà ad ottenere la maggioranza nei vari parlamenti, o comunque un condizionante numero di parlamentari. In aggiunta alla maggior natalità dei musulmani residenti in Europa, va aggiunta la grande quantità di immigrati che provengono da aree islamiche e che una volta ufficialmente residenti nel continente con i ricongiungimenti familiari potranno ingrossare le file dei votanti islamici, anche considerando il trend attuale ad agevolare l’acquisto della cittadinanza o ad adottare l’obsoleto jus soli.
O le classi dirigenti prenderanno provvedimenti drastici per fermare questa invasione che si presenta sotto l’aspetto immigratorio religioso e sotto forma di guerra terroristica, o in Europa fra non molti anni vi sarà la sharia con la conseguente catastrofe culturale e la fine delle libertà individuali, con, tra l’altro, la sottomissione delle donne all’uomo e l’uccisione degli LGBT.
Sarebbe opportuno non classificare di razzista chi si oppone all’islam.
Sarebbe opportuno non accettare il multiculturalismo.
Sarebbe opportuno tenere sotto stretto controllo le moschee e gli imam che vi predicano espellendo i predicatori di odio dopo aver scontato pene severe in appositi carceri per evitare che abbiano la possibilità di darsi al proselitismo durante la carcerazione.
Sarebbe opportuno pretendere che tutti rispettino le usanze del paese ospitante. Se esse non sono di gradimento gli immigrati sarebbero liberi di andarsene.
Sarebbe opportuno selezionare gli immigrati anche in base al presumibile grado di assimilazione nella cultura indigena.
Sarebbe opportuno non accettare le richieste non in sintonia con gli usi locali e così via con tutte le iniziative che preservino la cultura occidentale della libertà.
In definitiva se gli immigrati islamici hanno abbandonato i loro paesi per spostarsi in quelli europei è perché vi si vive meglio, quindi non appare opportuno trasformarli come quelli dai quali sono partiti. Ciò nel loro stesso interesse anche se ovviamente no ne hanno contezza.
Sarebbe opportuno assumere tutti quei provvedimenti che consentiranno in futuro ai praticanti delle cultura europea e del cristianesimo di non dover emigrare per poter ancora vivere secondo i propri canoni e non doversi convertire all’islam o vivere come cittadini di seconda classe pagando una speciale tassa diventando così dhimmi.
(2 continua)
Immigrazione e Nazione
novembre 15, 2024