La Fondazione ICSA, presieduta dal generale Leonardo Tricarico, l’onorevole Gianni Pittella, capogruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) al Parlamento Europeo, e il professor Roberto Zaccaria, presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), hanno presentato a Roma il documento dal titolo “Dalla protezione delle frontiere alla salvaguardia della vita: allineare il diritto UE con quello ONU”.
Il documento, condiviso anche dalle principali associazioni che si occupano di diritti umani, protezione degli immigrati e tutela delle libertà individuali, intende sollecitare l’Unione Europea sul tema della salvaguardia della vita in mare, con dei richiami di carattere etico e delle argomentazioni di carattere giuridico-normativo.
Nell’elaborato si fa riferimento ai valori fondanti della UE posti alla base della architettura europea in materia di diritti umani e a tutela delle libertà individuali, e all’assenza nella Carta Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) del diritto di sopravvivere quando si è in fuga da fame, guerre e persecuzioni.
“Nel solo 2014 – si legge nel documento – nel Mediterraneo sono morti oltre 3.400 migranti. Di fronte a questa tragedia umanitaria, in corso da anni e senza reali prospettive di diminuire nel breve termine, la risposta dell’Unione Europea è stata inadeguata sotto ogni aspetto, non solo perché la gestione del problema è stata di fatto considerata riguardare un solo Paese membro, l’Italia, ma soprattutto perché affrontata come problema di sicurezza delle frontiere anziché in termini di salvaguardia della vita umana in mare. Tale obbligo è sancito da numerosi accordi internazionali, in vigore da decenni e firmati da tutti i Paesi membri. Di fatto, i singoli Paesi concordano da sempre sull’obbligo di salvare le persone in mare, ma tale obbligo non è stato sottoscritto dall’Unione Europea in quanto tale né da essa recepito nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)”.
“Per salvaguardare la vita umana in mare – si legge ancora – , si propone pertanto di recepire l’obbligo, già vigente e riconosciuto di recente anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo, attraverso un Protocollo aggiuntivo alla CEDU, secondo la procedura già seguita ben 14 volte per ampliare la tutela a diritti non previsti dal testo originale del 1950. Ciò sarebbe in pieno accordo con lo spirito della CEDU, che nel preambolo si rifà esplicitamente alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dall’ONU nel 1948. Allineare le due normative non creerebbe nuovi obblighi, ma porterebbe la questione della salvaguardia della vita in mare sotto la giurisdizione della Corte EDU, rendendo quindi sanzionabile chi omette di soccorrere chi è in pericolo di vita. La sanzionabilità, a sua volta, promuoverebbe politiche allineate con i valori umani e morali alla base della UE”.
“Nell’ambito di un rinnovato modello normativo europeo – affermano coloro che hanno sottoscritto il documento – basato sul riconoscimento pieno dell’elementare principio umanitario della salvaguardia della vita umana in mare, il passo logico e operativo successivo dovrebbe essere la creazione di un’agenzia europea di ricerca e soccorso (EUROSAR), con standard tecnici e prestazioni minime vincolanti, anziché affidare funzioni di soccorso ad organizzazioni continentali i cui compiti istituzionali sono finalizzati al coordinamento del pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE”.
“Il rompicapo Libia: che fare?”, una conferenza stampa a Roma presso la Fondazione ICSA
febbraio 19, 2015