(di Roberto Falaschi) – Ci risiamo, dopo che gli ingenui avevano creduto che la fine della guerra fredda avrebbe portato la “pace eterna” ora oltre al grave problema islamico si aggiunge quello del nuovo scontro Est/Ovest.
In questo caso vediamo chi sono gli attori e perché.
Da una parte il Nord America e l’U.E. e dall’altra Russia ed alleati. Lo schema è simile a quello della guerra fredda e ciò non avviene a caso per il semplice fatto che è la geografia a dettarlo e non ideologie politiche, come era sempre stato asserito. Queste servivano quale strumento, ma non sono state ne potevano essere la causa della Guerra Fredda.
Vediamo anzitutto lo situazione della Russia così come la geografia ce la inquadra. Essa è un enorme stato continentale privo di sbocchi al mare sfruttabili tutto l’anno in quanto i suoi pochi porti in acque calde non hanno libera navigazione. Infatti a Sud il Mar Nero, navigabile tutto l’anno, non le consente di inoltrarsi nel Mediterraneo altro che per una lunga strettoia controllata da una potenza nei secoli mai stata amica e per poterla percorrere ha dovuto sottostare alle clausole di un trattato che peraltro pone limiti alla navigabilità. Comunque una volta in Mediterraneo le uniche uscite verso gli oceani sono il Canale di Suez e lo stretto di Gibilterra. Quindi anche questo è un mare chiuso, sia pure con importanti paesi costieri.
A Nord Ovest il porto di San Pietroburgo da accesso ad un mare navigabile tutto l’anno ma chiuso dallo Stretto di Danimarca e con Stati costieri possibili ostili.
A Nord i porti di Murmansk ed Arcangelsk danno accesso al Mare del Nord, ghiacciato parte dell’anno, di difficile navigazione per via delle folte nebbie e con le strettoie di Capo Nord, della Manica a Sud e del ristretto braccio tra le isole britanniche e l’Irlanda con un’altra possibilità, sempre, facilmente controllabile, tra quest’ultima e la Groenlandia.
Infine ad Oriente il porto di Vladivostock è fronteggiato da una catena di territori appartenenti a Paesi potenzialmente ostili.
Resta ovvio che la Russia si senta geopoliticamente una potenza assediata, uno dei cui scopi politici principali è quello di conquistarsi in qualche modo un accesso a mari aperti, così come, per inciso, è quello della Cina. Fin da quando si è formato uno Stato russo il problema vitale è stato proprio uno sbocco al mare che ne ha guidato la politica estera, vedi le guerre contro l’impero ottomano, “Il grande Gioco” con l’Impero Britannico nell’area Afghanistan/Pakistan e le forti pressioni esercitate verso il Golfo Persico e l’Iran.
Al contrario il Nord America è un continente isolato da possibili nemici da larghi tratti di mare che consentono una libera navigazione e quindi quella libertà di commerci che per la Russia è condizionata. Parimenti è stata proprio questa possibilità di sfruttare mari aperti che ha permesso ai paesi atlantici uno sviluppo economico senza pari dopo la “scoperta dell’America” e contemporaneamente ha causato il declino delle Repubbliche di Genova e Venezia chiuse nel Mediterraneo diventato un mare di second’ordine.
Come si vede, la Russia è condizionata nella sua libertà di movimento ed è quindi logico, anzi doveroso, per la sua sopravvivenza adoperarsi per ottenere più “mare libero possibile”, anche a scapito dei suoi vicini.
D’altra parte essa sa benissimo che uno scontro violento con i paesi marittimi a lungo termine la vedrebbe soccombere perché le sue risorse naturali, pur abbondanti, non le consentirebbero di sopravvivere all’assedio per un lungo periodo. Peraltro, per venire a tempi moderni, fu proprio il blocco marittimo che costrinse la Germania ad arrendersi nel 1918 ed a soccombere nel 1945.
Con la fine della Guerra Fredda, sia gli U.S.A. che l’U.E. hanno iniziato a rosicchiare gli Stati che formavano la periferia dell’U.R.S.S., sia annettendoli all’Unione stessa, sia alla N.A.T.O. facendo così diminuire quello spazio di rispetto che l’Impero sovietico si era creato e quella possibilità di accesso a mari più favorevoli.
Ma mentre fin’ora l’azione occidentale si era rivolta verso stati non etnicamente russi, con l’Ucraina è stato toccato una parte di territorio che nei secoli era stato russo andando quindi ad intaccare direttamente la sicurezza e l’orgoglio della Russia.
Mentre dopo la fine del secondo conflitto mondiale vi è stata in Europa Occidentale una politica volta ad attenuare, se non ad annientare, il “senso patriottico”, dall’altra parte questo è stato sempre esaltato e considerato bagaglio indispensabile del buon cittadino con la conseguenza che la difesa degli interessi nazionali russi non verrà mai messa in discussione costi quello che costi. E’ considerando questo stato mentale nazionalista che va vista l’azione di Putin anche nella crisi ucraina, che non è, come potrebbe sembrare a prima vista, solamente un desiderio di potenza, ma per i russi la necessità di salvaguardare gli interessi nazionali. La Crimea, ceduta quale regalo all’Ucraina da Kruschev nel 1954, è sempre stata parte integrante della Russia e quindi vista dal popolo come il riappropriarsi di cosa propria, per di più a seguito di un referendum. A ciò si aggiunga l’importanza strategica di quella quasi isola che si proietta nel Mar Nero e contiene le basi navali principali della flotta russa.
Se per il diritto internazionale il comportamento russo può prestarsi a critiche in quanto vi è indubbiamente una violazione sia dei confini dell’Ucraina che di accordi internazionali, da un punto di vista politico e di autotutela nazionale l’azione è comprensibile.
Vediamo perché siamo arrivati a questa situazione. Più sopra ho accennato a quell’azione di rosicchiamento della periferia russa intrapresa dagli Stati Uniti e dall’Europa che ha seriamente messo a repentaglio la sicurezza della Russia, o comunque a dato ragione di credere che così fosse e quindi il paese ha reagito in conseguenza considerando la sua azione una legittima difesa degli interessi nazionali. Ad una nazione notoriamente nazionalista e col complesso dell’assediamento non si può dare neppure l’impressione di metterla in pericolo e poi sorprendersi per la reazione e quindi indignarsi e infliggerle delle sanzioni. Esse possono servire per far modificare comportamento ad un paese debole e privo di risorse e non sembra il caso in questa circostanza.
Per di più queste possono far nascere o accrescere uno spirito patriottico consentendo al regime che si vorrebbe condizionare di rafforzarsi. Inoltre possono portare l’oggetto delle sanzioni a cercarsi alleanze internazionali che lo sostengano a scapito di chi le infligge. Comunque finora tutte le sanzioni adottate hanno fallito lo scopo, quindi pare ingenuo da parte degli occidentali ipotizzare che quel poco che è stato fatto contro la Russia finora in questo senso e quanto ancora viene minacciato possa sortire un qualche effetto a loro favorevole. Se non hanno funzionato per anni contro l’Iran come è possibile illudersi che possano funzionare contro uno stato dalle risorse e dalla potenza della Russia con uno spiccato senso patriottico.
Le sanzioni possono sortire un risultato positivo solamente con il blocco navale e terrestre del paese o della coalizione contro cui si effettuano. Non mi pare che ciò possa compiersi nel caso di questa crisi e contro una potenza economica e militare come la Russia senza scatenare un vero conflitto. La Russia poi non è mai indietreggiata quando si è trattato di impiegare le sue FF.AA.
Naturalmente chi subisce delle sanzioni reagisce e non è credibile che la Russia non eserciti a sua volta ritorsioni, considerando che non le mancano certo i mezzi non militari, il principale dei quali è l’esportazione di energia, sia sotto forma di crudo che, principalmente, di gas. Infatti difficilmente l’Europa potrebbe trovare altre fonti di approvvigionamento, soprattutto se per un lungo periodo. Ciò perché da una parte altri fornitori sono stati insicuri o devastati, vedi Algeria e Libia, che comunque approfitterebbero della circostanza per alzare il prezzo ed infine per il maggior costo del trasporto. Né le risorse del Mare del Nord e dei Paesi Bassi potrebbero essere sufficienti.
La Russia avrebbe solamente difficoltà di trasporto, in qualche modo superabili, a trovare altri acquirenti, quali Cina, India, Sud America. Vi è fame di energia nel mondo e qualsiasi offerta è ben accetta.
Ci si domanda quale sia l’interesse dell’Europa a porsi in una simile situazione. Forse l’U.E. ha bisogno di crescere per sopravvivere e mostrarsi vitale malgrado sia sempre più criticata dalle popolazioni dei paesi membri, almeno l’ Europa come si è andata formando in questi ultimi anni. E’ difficile per la gente accettare dei sacrifici per un’eurocrazia che appare fuori della realtà quotidiana e dopo che per anni ha subito una politica antipatriottica. Parimenti chi sarebbe disposto a dei sacrifici per la grandezza della Germania, principale fautore con gli U.S.A. della pressione verso la Russia.
Sappiamo per esperienze passate e recenti che la Russia non solo ha un apparato militare di prim’ordine, ma non possiamo dubitare che all’occorrenza non avrebbe remore ad impiegarlo. Quando lo ha reputato utile ha agito con le sue FF.AA. e nessuno ha osato reagire, salvo dei guerriglieri ceceni, a cui mal gli e ne è incorso.
Una politica accorta vorrebbe in primo luogo rassicurare la Russia che non incorre in nessuna minaccia occidentale, quindi evitando di fomentare movimenti a lei ostili nei paesi confinanti che sono sempre stati nella sua sfera di influenza ed avviare una politica commerciale e culturale che la leghi sempre di più ai paesi europei quale partner.
Certo, per gli Stati Uniti il discorso è diverso in quanto vedono nella Russia un competitore per la supremazia mondiale. Ma no sarebbe più abile congiuntamente contrastare l’ espandersi della potenza geopolitica della Cina, che oltre tutto si sta dotando di una marina militare d’alto mare capace fra qualche anno di sfidare apertamente quella americana ed ha una popolazione che preme sui confini orientali russi, sempre zona di scontri tra i due vicini?
Parimenti non sarebbe oltremodo più saggio e redditizio allearsi con la Russia per contenere il gigante islamico che dopo secoli di quasi letargo sembra essersi risvegliato con l’intenzione di riprendere quella conquista islamica che arrivò fin nel cuore dell’Europa?
A New York incontro promosso dall’on. Nissoli con i dirigenti Inps
novembre 3, 2015