(di Domenico Giglio) – Senza offesa per gli animali citati che fanno solo quanto la loro natura prevede, dando chi un calcio al leone morente, chi scarnificando i cadaveri di altri animali e cibandosi di carogne, ma gli articoli pubblicati su quasi tutti i giornali in occasione del rientro della salma del Re Vittorio Emanuele III sono ad un tale livello di faziosità, di ignoranza e volgarità che, dopo settant’anni dalla morte di questo Sovrano non credevo fosse più possibile.
Molto meglio furono gli articoli nel lontano dicembre del 1947, anche quando polemici e negativi sull’operato del Re, e l’allora Capo Provvisorio dello Stato, De Nicola, inviò un nobile messaggio di condoglianze al figlio, il Re Umberto II.
Sembra opportuno evidenziare alcuni fatti reali per sbugiardare le mistificazioni che regolarmente vengono portate avanti da una storiografia totalmente sbilanciata contro la monarchia.
Cominciando dalle volgarità il ripetere il termine “sciaboletta”, riferendosi al Re, è meschino dal momento che tale epiteto proveniva dai fogli della sinistra, quando nel Regno d’Italia, esisteva la vera libertà di stampa, oggi a continuo rischio per una serie di divieti sull’uso di determinati termini che portano ad accuse di razzismo (ed irridere alla statura di una persona non è forse razzismo?), omofobia ed altro.
E volgare ed antinazionale è stato pure sminuire, da parte di un neoborbonico, la presenza e l’opera a Messina, nel 1908, dopo il terremoto, della Regina Elena, della quale, non potendone parlare male, si è preferito ipocritamente tacere.
Continuando sulla ignoranza, una “perla” è aver definito su “Repubblica”, il trasferimento in Egitto, dopo l’abdicazione, come “fuga”, l’altra è non ricordare che se le leggi razziali, predisposte nel 1938 da un legittimo e regolare governo, riconosciuto da tutti gli stati del mondo, furono necessariamente ed amaramente controfirmate dal Re, la loro abrogazione avvenne con un decreto predisposto dal nuovo governo Badoglio, all’inizio del 1944 e firmate logicamente dal Re, in quello che è stato definito “il Regno del Sud”, ma che era sempre il Regno d’Italia, anche se ridotto a poche provincie del Meridione.
Sempre ignoranza è parlare di colpo di stato nel 1922, che avrebbe aperto la strada al fascismo, quando dovrebbe essere notorio che l’incarico a Mussolini avvenne dopo regolari consultazioni e che nessun fascista entrò in armi a Roma, il 28 ottobre, ma solo tre giorni dopo i fascisti entrarono per sfilare disciplinatamente nella città, arrivando fino al Quirinale, e che il governo Mussolini fu un governo di coalizione, con indipendenti, liberali, demo sociali e soprattutto con i “popolari”, la democrazia cristiana dell’epoca, avendo alla Camera un larghissimo voto di fiducia.
Ignoranza, voluta, è non ricordare che il fascismo cadde, non certo ad opera degli antifascisti, ma ad opera del Re, il 25 luglio 1943, a seguito di un voto espresso dal Gran Consiglio e che il tutto avvenne senza lo spargimento di una goccia di sangue e senza un colpo di fucile.
Sempre ignoranza, se non peggio, è scrivere di aver “consegnato alle SS” i cittadini italiani di religione ebraica, confondendo le leggi razziali del 1938, che privavano di alcuni diritti, ma non perseguitavano, come era avvenuto in Germania, con quanto avvenne solo dopo l’8 settembre 1943, nella parte del territorio nazionale governato dai tedeschi e dalla R.S.I., ovvero le deportazioni nei lager ed il conseguente olocausto.
Infine come faziosità e deformazione della storia sono gli articoli di neoborbonici, ospitati su “Il Giornale”, che si fregia essere stato “fondato da Indro Montanelli”, che si rivolterà nella tomba, dove si parla dei Savoia, come “pessima dinastia”, (evidentemente fin dall’anno 1000!), si scrive, almeno nel titolo, di altra dinastia con sovrani “coraggiosi” (dove? quando? protetti dagli inglesi o dai soldati austriaci), ”generosi” (con i Caracciolo, Pagano, la Sanfelice, e centinaia di altri, e con i messinesi ), “illuminati” (forse dalle candele dei bellissimi candelabri della Reggia di Caserta), e più italiani, pur essendo giunti a Napoli, per vittoria sugli austriaci solo nel 1734!
Forse il culmine lo ha raggiunto un articolista del “Secolo XIX”, definendo Vittorio Emanuele III, come il peggiore monarca dell’Europa, “lasciando massacrare i soldati, guidati da generali indegni”.
E allora il presidente della repubblica francese ed i generali francesi? Certa terminologia non dovrebbe più trovare spazio in una stampa “democratica” e non è degna di giornali che abbiano decenni e decenni di anzianità, ignorando volutamente che quel Re d’Italia è stato per più di tre anni vicino a quei soldati, visitandoli nelle prime linee a suo rischio e pericolo. Ed un esponente dell’ANPI che dimentica essere stati i primi patrioti della Resistenza gli ufficiali, compresi anche generali, e soldati trovatisi nei territori occupati a riprendere le armi contro i tedeschi, per fedeltà ad un giuramento prestato proprio a quel Re, cui si vuole contestare la sepoltura al Pantheon, e sempre per quel giuramento più di seicentomila militari subirono i campi di concentramento in Germania , non accettando il rientro in Italia sotto bandiera diversa dal tricolore con lo Scudo Sabaudo e Corona Reale!
Tra tutte le voci si è poi levata sulla “Stampa”, quella del Sindaco di Alba, forse geloso di Vicoforte, (nel referendum 953 voti per la monarchia e 734 repubblicani) perché nel suo Santuario voluto dal Duca di Savoia, Carlo Emanuele I, hanno trovato il riposo le salme dei Reali, (almeno provvisoriamente) accusando il Re di aver lasciato Roma, dopo l’8 settembre, senza “proteggere” gli italiani, non pensando minimamente a cosa sarebbe accaduto di ben peggio allo Stato Italiano, se fosse stato catturato dai tedeschi e dimenticando che nel referendum istituzionale il suo comune, (altro che “repubblica di Alba”) vide una netta maggioranza per la Monarchia dei Savoia con 6.709 voti contro 3.334.
Così che tutta la Provincia di Cuneo dette 188.876 voti monarchici, contro 147.480 repubblicani, per cui insieme con Asti e Padova, furono le tre provincie del Nord, dove malgrado la massiccia propaganda repubblicana e l’impedimento a quella monarchica, la Monarchia sia risultata vincitrice.