Pubblichiamo la versione integrale dell’audizione informativa del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, presso le Commissioni Congiunte di Camera e Senato.
“Signori Presidenti, Onorevoli Deputati e Senatori, desidero esprimere a tutti Loro, componenti delle quarte Commissioni Difesa di Camera e Senato, il sentito ringraziamento e l’apprezzamento mio personale e di tutte le Forze Armate per l’odierna convocazione informativa sulle linee programmatiche del Capo di Stato Maggiore della Difesa.
Cercherò di cogliere l’opportunità per illustrare, con trasparenza e senza eccessivi tecnicismi, quello che lo strumento militare, articolato sulle tre Forze Armate e sull’Arma dei Carabinieri fa, perché e come lo fa e come intende continuare ad assolvere ai suoi compiti nell’ambito dello scenario geostrategico e finanziario, attuale ed ipotizzabile, in aderenza agli indirizzi del Parlamento e delle disposizioni del Governo.
In altri termini, desidero fornire Loro elementi informativi utili a valutare più compiutamente le proposte in materia di Difesa del Documento Programmatico Pluriennale (DPP) 2013-2015 (presentato dal Ministro della Difesa al Parlamento lo scorso mese di aprile). Un documento completo e particolarmente trasparente, che definisce con un approccio onnicomprensivo tutti gli aspetti strategici, politico-militari ed operativi, mettendo “a sistema” le priorità stabilite per il personale, le esigenze e in particolare i programmi di investimento, nonché le previsioni di spesa di tutto il Dicastero della Difesa.
Le successive Audizioni dei vertici dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, dell’Arma dei Carabinieri e del Segretariato Generale della Difesa/Direzione Nazionale degli Armamenti consentiranno anche di entrare nel dettaglio delle singole organizzazioni, con ulteriori elementi utili per un più completo quadro della nostra realtà militare.
Esattamente un anno fa, il 23 maggio 2012, in qualità di Capo di Stato Maggiore della Marina venivo audito nell’ambito dell’iter di approvazione del disegno di Legge Delega sulla revisione dello strumento militare nazionale, poi approvato con Legge n. 244/2012.
Già allora sostenevo l’urgenza di tale provvedimento per avviare, senza risorse aggiuntive, una graduale riqualificazione della spesa militare, attraverso la riduzione delle dotazioni organiche complessive del personale militare e civile ed una ridefinizione, in senso riduttivo, dell’assetto organizzativo delle Forze Armate.
A maggior ragione oggi, in qualità di Capo di Stato Maggiore della Difesa, avendo competenza generale e sovra ordinata sull’organizzazione, la programmazione e l’impiego operativo delle Forze Armate, confermo l’esigenza di dare attuazione alla riforma con la massima possibile urgenza, attraverso i Decreti Legislativi delegati per sanare una situazione non più a lungo sostenibile.
Ciò anche in totale condivisione delle priorità programmatiche e di indirizzo già indicate dal Ministro della Difesa Senatore Mario MAURO nella recente audizione del 15 maggio u.s. e nelle quali mi riconosco pienamente ed in piena coerenza con la sua linea di continuità rispetto alla precedente amministrazione.
Non può che essere così perché la continuità nel cambiamento, cioè il costante e graduale adeguamento dello strumento militare alle esigenze ed al quadro di riferimento politico e strategico, è una peculiare prerogativa, una imprescindibile esigenza delle Forze Armate, un sistema complesso e articolato che non deve avere soluzione di continuità al suo operare, pena il rapido decadimento di preziose e complesse capacità il cui recupero sarebbe molto dispendioso e problematico.
Per sgombrare il campo da possibili sospetti verso una mera “adesione di comodo”, consentitemi di riprendere alcuni passaggi del mio intervento all’atto dell’avvicendamento con il Generale Abrate, lo scorso 31 gennaio, che ritengo in piena assonanza con gli indirizzi programmatici del Signor Ministro.
Cito testualmente:
Un percorso certamente impervio e non sempre gradevole quello di rendere sostenibile il sistema di sicurezza e difesa, assicurandone capacità coerenti con gli interessi e il ruolo della Nazione, anche nel contesto delle Alleanze e delle organizzazioni internazionali cui aderisce.
Ma un percorso oggi indifferibile, se davvero vogliamo il bene delle nostre Istituzioni, che deve tuttavia tutelare le giuste aspirazioni del personale: guardare con grande attenzione alla sua coesione, alla sua tenuta morale, etica e professionale, su cui poggia ogni nostra capacità e possibilità di rinnovamento e di crescita.
Il futuro che riusciamo ad intravedere presenta caratteristiche di incertezza e imprevedibilità, in un contesto di estrema e crescente complessità nel quale dovremo confrontarci.
All’imprevedibilità e alla complessità occorre poter rispondere con la formazione dei quadri, culturale prima ancora che professionale, con la tempestività e la flessibilità degli strumenti operativi, con una forte interdisciplinarità delle decisioni e delle azioni conseguenti.
In questo quadro tre sono gli indirizzi che ritengo irrinunciabili per assicurare alla Nazione una Difesa credibile ed efficace.
L’operatività innanzitutto, ampiamente provata in tutte le missioni assegnate alle nostre Forze Armate con una formidabile crescita dell’integrazione interforze e dell’interoperabilità con i nostri alleati.
Un capitale di capacità e di esperienza che non possiamo disperdere e che si alimenta con l’addestramento e il mantenimento in efficienza dei mezzi: due elementi che garantiscono tempestività e flessibilità, ma anche sicurezza a chi deve operare in ogni condizione, talvolta anche la più estrema.
Ciò richiede, a favore di tutte le componenti dello strumento militare, un costante e coerente flusso di risorse, non soltanto e non esclusivamente correlato alla preparazione per le missioni fuori area approvate dal Parlamento.
La recente crisi libica ci ha dato una chiara evidenza di questa necessità.
Un secondo indirizzo è la ricerca della massima integrazione interdisciplinare con tutte le realtà e con i Dicasteri che concorrono al sistema di sicurezza e difesa nazionale e non solo.
Credo che la cultura militare, le sue capacità progettuali, gestionali e di analisi operativa, debbano essere rese disponibili all’intero Sistema-Paese, per una più efficace e razionale risposta alle opportunità che si presentano, come alle sfide che ci attendono.
Le Forze Armate sono pronte ad operare come sistema aperto e inclusivo, disponibili a fornire il loro contributo, senza incertezze, gelosie o sterili difese corporative, con mente aperta, spirito innovativo, visione proiettata al futuro.
Terzo indirizzo, importante quanto i primi due, l’attenzione all’identità e ai ruoli di ogni singola Forza Armata, in un quadro di sinergico impiego delle componenti operative, logistiche e di supporto: capacità e professionalità, motivazioni e coesione, che devono essere sostenute nelle loro diverse peculiarità, perché contengono i riferimenti valoriali del passato, ma anche l’entusiasmo dell’agire presente, la propulsività e le risorse morali rese disponibili alla Nazione per affrontare qualsiasi futuro impegno.
Linee programmatiche e priorità che dopo circa 4 mesi alla guida delle Forze Armate sento di confermare ed anzi avvalorare, forte del sostegno e della guida autorevole del Ministro che, in merito allo scenario di riferimento ed ai ruoli fondanti della Difesa, ha affermato come “la libertà ha un costo e la Difesa è il presidio della Libertà”. Libertà e sovranità vogliono dire “tutela degli interessi dello Stato e degli Italiani, libertà di scambi economici, fondamentali nel mondo globalizzato, per un’economia sempre in trasformazione, come quella dell’Italia”. Pertanto, “non dobbiamo concentrarci solo sulla gestione delle crisi già in atto … perché la prevenzione, che vuol dire presenza, capacità di sorveglianza, cooperazione internazionale è altrettanto e forse più importante ancora”.
Se la difesa dello Stato, nella più ampia accezione di difesa degli interessi nazionali è la missione di riferimento delle Forze Armate, i molteplici elementi di imprevedibilità e indeterminatezza dell’attuale quadro geostrategico non fanno escludere che, nel prossimo futuro, si ripresenti la necessità di una disponibilità immediata di assetti idonei anche in scenari ad elevata conflittualità.
Al riguardo, basti pensare alla rapidità con cui si sono manifestate ed evolute le crisi del cosiddetto “Risveglio Arabo” in un’area, quella Mediterranea, che pure ritenevamo sufficientemente stabile, in Tunisia, in Egitto ed in Libia, tutti paesi legati alla sponda nord del Mediterraneo da intense relazioni economiche e attività di cooperazione civile e militare.
Voglio anche citare le situazioni di crescente instabilità che rischiano di degenerare in nuove crisi internazionali dalle conseguenze imprevedibili, soprattutto in Siria, in Libia, nell’area subsahariana, ma anche in altre aree mondiali cui sono legati precipui interessi nazionali ed europei.
Situazioni che potrebbero richiedere operazioni di intervento a favore di concittadini in pericolo, di protezione delle linee di comunicazione strategiche, di garanzia della libertà di accesso alle risorse energetiche, a tutela degli interessi della comunità internazionale.
Alcuni indicatori NATO fanno ritenere che entro 15 anni la dipendenza dell’Europa dall’importazione di risorse energetiche passerà dall’attuale 60 all’80% e quella dei Paesi asiatici dal 40 al 65%. E’ evidente dunque che aumenterà la competizione per l’approvvigionamento di tali risorse, con i conseguenti rischi politico-militari ed economici in particolare in un’area come quella dell’Oceano Indiano e del Golfo Persico, fortemente legata al nostro import/export e già oggi teatro di notevoli tensioni, non solo e non principalmente legate al fenomeno della pirateria (peraltro in via di riduzione).
Tutti questi imponderabili sviluppi richiedono allo strumento militare di mantenersi flessibile, tempestivo nell’intervento, pronto e credibile, con piena conoscenza della situazione e con la possibilità di aderire a coalizioni con i nostri Partner NATO e dell’Unione Europea (cioè con la piena interoperabilità delle capacità rese disponibili, dei reparti e dei comandi operativi e logistici).
A ciò si affiancano compiti “duali” di concorso alla comunità nazionale, istituzionalmente assegnati alla Difesa e che sono insiti e residuali (“constabulary” nell’accezione anglosassone) nelle più articolate e complesse capacità gestionali e di intervento operativo delle Forze Armate, come le attività a supporto delle Forze dell’Ordine (con funzioni di pubblica sicurezza), della Protezione Civile (nei casi di calamità naturali) e dell’Autorità giudiziaria (bonifica residuati bellici, demolizione di opere abusive, consulenze negli incidenti più gravi) non tralasciando il ruolo davvero duale e prezioso dell’Arma dei Carabinieri in innumerevoli settori della vita civile e sociale, così come nelle delicate e fasi di sostegno per il ritorno alla normalità post conflittuale in paesi terzi.
Da qui la necessità di un coerente sostegno all’operatività, focalizzando e riqualificando le risorse finanziarie su addestramento e mantenimento in efficienza dello strumento in servizio.
A questi ruoli di fondo va associato l’impegno continuativo che da oltre vent’anni ha caratterizzato le missioni e le operazioni all’estero delle Forze Armate, con punte di oltre 12.000 militari contemporaneamente impiegati. Si tratta di missioni internazionali sotto egida ONU, NATO, dell’Unione Europea o di coalizioni “ad hoc”, sempre avallate da chiare risoluzioni delle Nazioni Unite, nelle quali le Forze Armate hanno raggiunto altissimi livelli di interoperabilità con gli alleati, inusitati in passato, e acquisito preziosissime esperienze operative, assolutamente comparabili a quelle dei nostri maggiori e ben più ricchi alleati.
Oggi sono circa 5.300 i militari in operazioni fuori dai confini nazionali. Cito le più rilevanti:
circa 3.100 militari sono in Afghanistan, sotto comando NATO, con l’operazione ISAF, che sta affrontando una situazione delicata ed impegnativa in concomitanza con la transizione delle responsabilità sul terreno alle Forze di Sicurezza Afghane e che prevede una graduale riduzione dell’impegno nel 2014, come già reso noto dal Ministro MAURO nel corso della sua audizione; circa 1.100 militari sono in Libano, sotto comando ONU, con una previsione di impiego sufficientemente consolidata sugli attuali numeri, per mantenere sotto controllo un’area perennemente “calda”, oggi resa ancora più delicata dalla vicina crisi siriana; il restante personale è schierato in quasi tutte le aree di crisi mondiali, in missioni sotto il comando dell’ONU, della NATO o dell’Unione Europea, dai Balcani all’Oceano Indiano, al Corno d’Africa fino al Sahel, al Mali, alla Libia e al Sinai.
Sottolineo al riguardo come l’affidabilità e la professionalità dei nostri reparti, la qualità delle nostre capacità operative, la competenza e l’approccio interdisciplinare dei nostri Comandanti, hanno guadagnato al nostro Paese dividendi preziosi di stima e apprezzamento a livello internazionale e permesso di acquisire a più riprese il comando di alcune delle principali missioni internazionali, a cominciare da UNIFIL in Libano, alle operazioni marittime NATO in Libia (Unified Protector) e NATO/EU Ocean Shield – Atalanta in Corno d’Africa, sottolineando anche la prossima assunzione del Comando nei Balcani nell’ambito dell’Operazione KFOR in Kossovo, anche qui in un momento di transizione particolarmente delicato.
Atteso che, come affermato dal Ministro della Difesa, “nel mondo di oggi, né l’Italia, né alcun altro Paese è in grado di far fronte, in autonomia, all’intero spettro di rischi e minacce”, è sempre più cogente la necessità di sviluppare forme di integrazione e di cooperazione in ambito internazionale.
Da qui l’esigenza di assicurare senza soluzione di continuità la più spinta interoperabilità con le Forze Armate dei nostri alleati, con una coerente e condivisa progettualità delle future capacità militari.
Si tratta in pratica di condividere e rendere sinergiche capacità ed assetti, soprattutto quelli più pregiati e sofisticati, la cui accessibilità è molto ridotta e riservata a pochi.
In questa direzione vanno le iniziative di Smart Defense (in ambito NATO) e di Pooling and Sharing (in ambito Unione Europea), alle quali già contribuiamo in concreto.
Ciò implica che occorre mettere in comune le nostre esigenze e le nostre capacità operative con quelle dei Paesi atlantici ed europei, nonché di stimolare e sviluppare sempre più ampie forme di cooperazione anche al di fuori da queste alleanze, con Nazioni amiche che condividono con noi interessi e valori, e in particolare con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, con le realtà emergenti nel continente sud americano nonché nel vicino e medio oriente.
Il forte richiamo del Ministro della Difesa ad una maggiore, più convinta e spedita integrazione europea va esattamente in questo senso e comporta due riflessioni fondamentali: la prima sulla necessità di accompagnare l’integrazione militare con una altrettanto coerente integrazione delle politiche estere e di sicurezza, senza la quale parlare di Difesa europea sarebbe utopico, e la seconda sui possibili risparmi complessivi non tanto in termini di capacità e qualità dello strumento militare europeo quanto in termini di sinergia ed integrazione delle sovrastrutture tecnico – logistiche e burocratico – amministrative.
L’integrazione delle politiche europee presuppone lo sviluppo di più chiare strategie di presenza, cooperazione e prevenzione in aree di interesse comunitario, piuttosto che di mera e tardiva gestione delle crisi in atto, nonché processi decisionali ben più rapidi, coesi, condivisi ed efficaci nel settore della Politica Estera di Sicurezza e Difesa (PESD).
Tutti aspetti questi che saranno oggetto di specifiche e incisive proposte nazionali, oggi in fase di concertazione con il Ministero degli Affari Esteri, anche in relazione al prossimo Consiglio dell’Unione Europea di fine anno ed al turno di Presidenza italiana nel 2° semestre del 2014.
Parallelamente, come ha sottolineato il Ministro MAURO, “non dobbiamo trascurare l’importanza di saper sviluppare sinergie attraverso una integrazione delle risorse militari con quelle di altri Dicasteri, soprattutto per alcune missioni – quali la sorveglianza degli spazi aerei e marittimi – per loro natura interministeriali”.
Senza intaccare le attribuzioni e le competenze delle diverse Amministrazioni, occorre quindi ricercare un impiego sempre più sinergico e coordinato di tutte le risorse che concorrono alle funzioni interdisciplinari di tutti i Dicasteri potenzialmente coinvolti: Esteri, Economia e Finanze, Giustizia, Infrastrutture e Trasporti, Interno, Istruzione Università e Ricerca, Sviluppo Economico.
Significativo è anche il contributo che la Difesa è in grado di assicurare in altri settori strategici quali lo spazio, la cyber defense, la sorveglianza e osservazione satellitare, le comunicazioni etc.) in un quadro di cooperazione interministeriale, volto ad ottimizzare le capacità ed a sinergizzare le risorse ed i mezzi.
La Difesa è pronta a mettere a disposizione le numerose e qualificate capacità tecnico-industriali esistenti, il proprio personale, le esperienze maturate e cercare forme sempre nuove di cooperazione per condividere le conoscenze, le esperienze e le tecnologie più sofisticate, pur nel rispetto dei vincoli e delle regole industriali e commerciali. In tal modo, si potrà, come espressamente indicato dal Ministro della Difesa, contribuire attivamente al “rilancio dell’economia nazionale, stimolando la domanda interna, generando un indotto occupazionale, sviluppando il know how per le nostre industrie e la loro competitività, anche tecnologica, sul mercato internazionale, in particolare valorizzando tecnologie e produzioni dual use”.
Vengo ora alla risorsa più pregiata e delicata delle Forze Armate, il personale militare e civile.
Al personale intendo dedicare la massima attenzione anche nel riconoscimento della profonda dedizione e dello spirito di servizio con cui opera in modo pressoché generalizzato.
Il personale merita di essere adeguatamente formato ed addestrato, ma soprattutto fortemente motivato per svolgere al meglio i propri compiti in contesti sempre più complessi ed impegnativi.
È fondamentale investire sulla componente umana, soprattutto capitalizzando sulla formazione e sulla motivazione dei giovani.
In primis dei cosiddetti junior leader, chiamati ad operare, spesso in regime di grande autonomia, in contesti diversificati e complessi, in cui la cultura interdisciplinare, le capacità relazionali, di leadership e di comunicazione rappresentano un valore aggiunto imprescindibile.
Il passaggio dal modello professionale a 190.000 a quello a 150.000 entro il 2024 e la riduzione di circa 9.500 unità di personale civile sancite dalla Legge Delega non devono essere visti come un mero ancorché necessario (ed oggi direi emergenziale) provvedimento finanziario inteso a riqualificare ed a rendere più coerente secondo parametri europei il bilancio della Difesa, ma piuttosto come un’imperdibile opportunità per rivedere criticamente le realtà organizzative, infrastrutturali e logistiche, assicurando una migliore qualità della vita e dell’ambiente di lavoro al nostro personale e un complessivo efficientamento del sistema.
In questo delicato settore la priorità è rivolta innanzitutto a salvaguardare la specificità della condizione militare, che tenga conto degli obblighi, dei vincoli e delle limitazioni di libertà imposti dalla appartenenza alle Forze Armate secondo i dettami della Legge n. 183 del 2010. In particolare, è necessario garantire adeguate condizioni di retribuzione, un regolare avanzamento di carriera, un corretto impiego e giusti limiti di età per poter assolvere al meglio i compiti istituzionali.
In secondo luogo occorre favorire un corretto ricambio generazionale dei militari ed il turn over dei civili, per scongiurare il progressivo “invecchiamento” dello strumento e la dispersione di preziose professionalità. In questo senso, in particolare, occorre valorizzare la potenzialità del personale civile attraverso una sua mirata riqualificazione in una prospettiva di sempre più spinta integrazione in tutte le attività istituzionali del Dicastero.
Altrettanto essenziale il ruolo dell’addestramento, che deve essere sviluppato in maniera continuativa, reiterata e caparbia, pena il decadimento delle capacità operative o, peggio, degli stessi standards di sicurezza. Occorre quindi capitalizzare le preziose esperienze maturate in decenni di operazioni internazionali reinvestendo risorse nell’addestramento, contestualmente alla riduzione degli impegni fuori area.
L’impiego dei nostri militari avviene e avverrà in dispositivi complessi, multinazionali ed interforze, in scenari rischiosi, dove la sicurezza del personale dipende fortemente dal grado di preparazione e dal livello di interoperabilità con gli Alleati.
Negli ultimi anni si è fatto un sempre più ampio utilizzo della simulazione, ma l’addestramento virtuale non può sostituire del tutto quello reale, condotto sul campo, con realismo e competitività, che non è surrogabile.
Occorrono quindi specifiche risorse finanziarie e disponibilità di aree addestrative.
Una risorsa umana ben formata ed addestrata, dotata di mezzi, sistemi e materiali efficienti e tecnologicamente validi è per sua natura fortemente motivata e coesa, così come è oggi lo strumento militare nazionale impiegato in operazioni.
Le nostre Forze Armate, grazie ad un’accorta gestione e ad una attenta politica di investimenti, dispongono di materiali, sistemi d’arma e mezzi adeguati all’impegno attuale ed il cui standard possiamo considerare, dal punto di vista qualitativo, paritetico a quello di molti nostri Alleati.
Sussiste tuttavia l’esigenza di mantenerli in efficienza, di ammodernare e rinnovare costantemente le dotazioni delle nostre unità, sia per l’impiego continuato in operazioni lontane dal supporto logistico in patria, che ne ha fortemente accresciuto l’usura sia per la rapida evoluzione della tecnologia e delle esigenze di interoperabilità a livello interforze e multinazionale.,Ciò presuppone anche un più corretto bilanciamento tra i fondi dedicati all’esercizio (operatività), obiettivo primo della legge delega, e quelli per l’investimento (ammodernamento dei mezzi per mantenere l’interoperabilità nel tempo).
Ma le Forze Armate non hanno atteso inerti la zattera di salvataggio avviando da tempo e a più riprese una riduzione dei mezzi in inventario e delle infrastrutture, secondo criteri di costo/efficacia, volta a focalizzare le scarse risorse di funzionamento sui mezzi, sui reparti e sulle realtà infrastrutturali più moderni e di pregio.
In particolare nel prossimo futuro:
l’Esercito prevede la riduzione da 3 ad 1 dei Comandi di Divisione proiettabili e da 11 a 9 delle Brigate di manovra. Contestualmente, saranno attuate significative riduzioni delle linee dei mezzi pesanti (i carri armati scenderanno da 337 a circa 200, mentre le blindo Centauro da 300 a 136), le unità di supporto al combattimento (principalmente quelle di artiglieria ruotata) passeranno da 110 a 56 e gli elicotteri complessivamente subiranno una contrazione da 250 a circa 168 velivoli; la Marina prevede invece di ridurre le unità d’altura di prima linea, con una contrazione delle unità cacciatorpediniere da 4 a 2, e delle fregate che passeranno da 12 a 10, mentre le unità destinate al pattugliamento e alla cacciamine, sostituite da una futura classe di unità multiruolo (Offshore Patrol Vessel, OPV), si ridurranno a 18, a fronte delle attuali 30, i sommergibili da 6 a 4. Anche la componente elicotteri subirà una significativa riduzione, attestandosi a 70 macchine (20 EH-101, 50 SH90) a fronte dei precedenti 105 (SH-D e AB 212); per l’Aeronautica, 236 velivoli Tornado e AMX raggiungeranno i limiti di vita operativa e saranno sostituiti da 75 velivoli F-35. Parallelamente, è prevista la riduzione dei velivoli Eurofighter (72 a fronte delle attuali 90).
Continuerà inoltre con la riduzione del numero complessivo degli aeroporti militari, che negli ultimi 20 anni si sono ridotti del 50% da 42 a 21; analoghi criteri valgono per la componente operativa dell’Arma dei Carabinieri; le infrastrutture non più utili ai fini istituzionali sono un patrimonio per l’intera comunità nazionale e pertanto tra gli obiettivi programmatici rientra un ulteriore impulso al piano di dismissione degli immobili non più necessari attivando meccanismi che favoriscano la riassegnazione in bilancio delle relative risorse, al fine di migliorare gli standard delle basi in uso e di sostenere il riassetto organizzativo con la rilocazione delle unità militari.
Signori Presidenti, Onorevoli Deputati e Senatori, mi avvio alle conclusioni richiamando le priorità irrinunciabili per la Difesa, ovvero la motivazione e la coesione del personale, l’operatività, il giusto rateo di rinnovamento dello strumento militare.
Come efficacemente evidenziato dal Signor Ministro, le risorse sul bilancio ordinario del Dicastero (funzione Difesa) hanno subito un trend decrescente a partire dal 2005, peraltro in concomitanza con il processo di professionalizzazione delle Forze Armate (e correlati maggiori costi per il personale) e con l’accresciuto impiego operativo. Nel 2012, in termini percentuali sul PIL, la media europea si è attestata sul 1,29%, mentre l’Italia si è fermata allo 0,87% (0,98% se si aggiungono i fondi destinati dal Ministero dello Sviluppo Economico a specifici programmi di comune interesse).
Tale “divario” risulta ancor più marcato qualora confrontato con la media degli stanziamenti devoluti nel 2012 dai Paesi BRICS (acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, accomunati tra loro da caratteristiche simili quali: economie in via di sviluppo, popolazione numerosa, vasto territorio, abbondanza di risorse naturali e strategiche, forte crescita del PIL).
Infatti la media di questi Paesi si attesta al 1,92% cioè circa l’1% del PIL in più di quanto è destinato dal nostro Paese.
Inoltre, la ripartizione qualitativa della spesa ha cominciato a “sbilanciarsi” verso la componente personale (67% nel 2013), a detrimento dell’esercizio (9% nel 2013) e dell’investimento (24% nel 2013) con un impatto diretto sull’operatività.
L’Italia è sotto la media europea sia quantitativamente (parametro “per soldier spending”) sia qualitativamente (parametro “per soldier investing”).
La “scure” si è abbattuta sempre più pesantemente sui cosiddetti “consumi intermedi” locuzione orribile e anche inquietante che invece per le Forze Armate è una boccata di ossigeno perché racchiude voci di spesa indispensabili all’operatività (formazione, addestramento, carburanti, manutenzione dei mezzi e dei materiali, etc.) oggi attestate su livelli gravemente insufficienti.
Nonostante ciò, e lo dico con orgoglio, le Forze Armate hanno costantemente migliorato in questi ultimi anni le loro capacità operative. Oggi le Forze Armate sono un’eccellenza del nostro Paese internazionalmente riconosciuta, uno strumento privilegiato di politica estera, di tutela dei nostri interessi, di sviluppo e cooperazione, di sostegno diretto ed indiretto all’economia ed alla stabilità.
Uno strumento che si confronta senza timori reverenziali con quelli di Nazioni che dedicano alla Difesa ben più ampie risorse.
Questo risultato è stato certamente ottenuto grazie alle scelte lungimiranti ed accorte dei miei predecessori, al costante confronto sul piano multinazionale imposto dalle partecipazioni alle operazioni di pace, ma soprattutto grazie alla disciplinata dedizione, alla grande professionalità, alla determinazione ed ai sacrifici dei nostri uomini e donne, in divisa e in abito civile, che ogni giorno hanno compiuto e compiono con passione e sensibilità il loro dovere, in Patria come nei più difficili e tormentati scenari operativi all’estero.
Vorrei inoltre sottolineare come la Difesa sia stata particolarmente virtuosa, in particolare nella capacità d’impegno dei fondi assegnati, riuscendo nel triennio 2008-2011 ad impegnare oltre il 99% delle assegnazioni, a fronte di una media di tutti i Dicasteri di circa il 94%. Ciò ha consentito di tenere il passo con gli altri Paesi amici ed alleati, che potevano contare su risorse finanziarie decisamente più consistenti, razionalizzando la spesa, ma nel contempo dando fondo alle scorte di materiali in inventario (combustibili, munizioni, pezzi di rispetto, ecc..).
Oggi è necessario ed urgente invertire questa tendenza per cui sottolineo in conclusione l’esigenza di portare a termine in tempi brevi la riforma sottesa dalla Legge n. 244 del 2012, finalizzando in tempi contenuti la riorganizzazione della Difesa e delle Forze Armate, attraverso i discendenti Decreti legislativi attuativi.
Signori Presidenti, Onorevoli Deputati e Senatori, al rientro da una settimana di lavori a Bruxelles nell’ambito del Comitato Militare della NATO e dell’Unione Europea, vorrei rendervi partecipi della grande soddisfazione e del grande orgoglio provato in quella circostanza per gli attestati di rispetto e riconoscenza riservata all’Italia dai vertici politici e militari di quelle alleanze e dai miei stessi colleghi, in riconoscimento della qualità e della capacità del nostro peculiare contributo alla stabilità internazionale. La miglior conferma che le nostre Forze Armate sono una preziosa risorsa a sostegno del ruolo internazionale e della credibilità della nostra Nazione.
Anche per questo sento di dover chiedere la massima attenzione e rispetto da parte delle forze politiche verso quegli uomini e quelle donne che ho citato prima.
Attenzione e rispetto che per la verità non sono mai mancati da parte del Parlamento, ma che ora richiedono un impegno più concreto e fattuale.
Concludo qui il mio intervento e sono disponibile a fornire ogni ulteriore delucidazione sia oggi che in futuro, nei tempi e nei modi che i Presidenti delle Commissioni riterranno opportuni.
Ringrazio per l’attenzione”.