(di Anthony Brown) – Allorquando l’uomo riesce a trasformare le esperienze sensoriali in pensiero simbolico, il suo orizzonte esistenziale s’allarga e, con esso, supera i vincoli della contingenza e del tempo potendo in ogni momento richiamarli e condividerli con i suoi simili. Gli esseri umani riescono a creare un mondo simbolico appunto, in parte indipendente dal flusso dell’esperienza quotidiana e del quale il linguaggio è l’espressione comunicativa. Questa dimensione dell’uomo pone il freno all’emergere torrenziale di demoni e fantasmi dall’inconscio dove l’ansia e l’emozione ghermiscono l’anima distogliendola dal sublime. Equilibrio fra sublime e terreno è reso possibile attraverso i motivi mitici e simbolici; sarà poi con un’invenzione linguistica artistica che i singoli membri del genere umano condivideranno i risultati di questa ricerca in un’esperienza culturale.
Gli anni a cavallo della fine del 1800 e di inizio 900 fu caratterizzato da un periodo di euforia e frivolezza, denominato “Bélle époque“, “bei tempi”; un periodo di grandi intuizioni e anche di rottura con il passato. Fu quello il periodo in cui la tecnologia liberò tutte le sue potenzialità, esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e psicologica. La vita materiale nelle società occidentali fu modificata come mai prima era successo dai risultati dell’innovazione tecnica, dai progressi della scienza e dall’incremento della produzione industriale.
Il linguaggio che meglio veicolava queste concezioni dell’equilibrio fra sublime e materiale era l’Art Nouveau che è stata considerata precorritrice dei movimenti più innovativi del ventesimo secolo, come l’espressionismo, il cubismo e il surrealismo. Tuttavia, la ragione e la logica avevano lasciato alla gente gli orrori della guerra, e l’unica via di salvezza era il rifiuto della logica per abbracciare l’anarchia e l’irrazionale quale rifiuto dei valori e dell’ordine.
La distruzione sistematica dei valori, non era quindi irrazionale, in quanto messa in atto quale spietata e acuta negazione del passato, il rifiuto di tutte le tradizioni, l’appello a una svolta radicale.
Questa epoca storica è stata profondamente influenzata dal pensiero del filosofo Nietzsche. Egli ha dato, infatti, molto rilievo al rifiuto del conformismo borghese e dei principi egualitari, all’esaltazione dello spirito “dionisiaco”, al vitalismo pieno e libero dai limiti imposti dalla morale tradizionale, al rifiuto dell’etica della pietà, dell’altruismo, all’esaltazione dello spirito della lotta e dell’affermazione di sé.
Nietzsche ha così messo in dubbio tutta la storia della filosofia occidentale, e ha cercato, dopo venticinque secoli d’interpretazione metafisica dell’essere, un nuovo principio: i grandi valori della cultura occidentale, quali la verità, la scienza, il progresso, la religione, andavano distrutti e smascherati.
L’artista poeta e scultore Jean Arp arrivò al punto di dire “cercavamo un’arte elementare che curasse gli uomini dalla follia dell’epoca, un ordine nuovo che ribaltasse l’equilibrio tra il cielo e l’inferno”. Per fare questo si doveva distruggere l’arte. Distruzione assolutamente necessaria per poter ripartire con una nuova arte, non più sul piedistallo dei valori borghesi, ma coincidente con la vita stessa e non separata da essa.
L’antagonismo e il radicalismo artistico, che ne sono scaturiti in tutta Europa a partire dalla Francia e coinvolgendo successivamente la Russia, hanno portato a mettere in dubbio le conformazioni della rappresentazione (la mimesi classica), forzandola ai limiti fino al punto di rottura. Di qui le difficoltà nelle scelte formali e linguistiche dei testi che richiedevano un’inedita immedesimazione nell’autore; un vero e proprio lavoro di lettura.
La mostra organizzata nel complesso museale del Lungotevere in Augusta, a Roma (sotto l’Ara Pacis) propone opere raffiguranti paesaggi stilizzati e quadri di epoca successiva che tendono all’essenzialità veri capolavori di astrattismo di Vasilij Kandinskij che sperimenta un linguaggio capace di estrapolare la dimensione spirituale dal reale. Non sono mancate in una specifica area dedicata alle esperienze cubiste e futuriste di Mikhail Larionov e Natalia Goncharova per passare attraverso l’astrattismo geometrico di Kazimir Malevič che dal cubofuturismo approderà al suprematismo che lo stesso ha definito come “supremazia della sensibilità pura”. Di pregio anche le atmosfere magiche di Marc Chagall che sembra aver scelto il colore e la luce come elementi fondanti della sua espressività. In chiusura della mostra un modello del “Monumento della Terza Internazionale” di Vladimir Tatlin: un’opera, mai realizzata, espressione del costruttivismo, progettata con materiali moderni combinati per una visione cosmica d’insieme a sottolineare la complessa costruzione della società.
Tutte le opere sono la migliore espressione del sentimento avanguardistico russo sia sul piano teorico, che stilistico; la loro narrazione risuona come un avvertimento della crisi che avrebbe sconvolto la società del cosiddetto secolo buio almeno fino alla conclusione del primo conflitto mondiale quando, si sa, seguì una fase di ripensamento con il cosiddetto “Ritorno all’Ordine”.
Sono opere sublimi in grado di affascinare e turbare allo stesso tempo. A ispirare questi artisti sono i sentimenti di stampo romantico e disperato determinati dalla tirannia della razionalità sulla comprensione simbolica, ma nonostante ciò, non possiamo accostarli al romanticismo perché le loro emozioni vengono espresse in una pluralità di forme nuove e innovative che hanno caratterizzato l’avventura espressiva delle avanguardie della cultura del novecento.
La grande proposta del movimento avanguardista consiste nell’invito a riappropriarsi di modelli simbolici che diano spazio alla comprensione etica della realtà. I simboli, infatti, non solo veicolano contenuti cognitivi, ma suscitano anche risposte emotive essi sono importanti in quanto definiscono non solo l’identità di gruppo, ma anche l’identità personale degli individui.
Non a caso la mostra si colloca in un contesto altamente simbolico quale quello dell’Ara Pacis: un altare che richiama i legami evidenti tra Augusto e la Pax, espressa come un rifiorire della terra sotto il dominio universale romano.
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