(di Roberto Falaschi) – Da alcuni anni si fa un gran parlare di clima, risorse energetiche e nucleare, ma purtroppo la discussione è affrontata più sul piano ideologico che scientifico per cui vengono spontanee alcune considerazioni.
Circa il riscaldamento globale, non c’è nulla da allarmarsi e soprattutto non inorgoglirci troppo pensando che le nostre azioni possano cambiare addirittura il clima. Questo per definizione è cangiante e nel tempo lo ha regolarmente fatto, così come dimostrano i carotaggi polari, i quali ci rendono anche edotti della circostanza che in varie epoche antiche la quantità di CO2 nell’atmosfera è stata anche assai più elevata. Peraltro senza andare troppo indietro nel tempo basti osservare come ci sia stato un riscaldamento globale a partire da circa il X fino al tardo XIV secolo.
Una semplice prova tra le altre, la Groenlandia fu abitata con piantagioni ed allevamenti durante questo periodo: non a caso il suo nome vuol dire terra verde. Ora è un deserto di ghiaccio. I cicli climatici riscontrabili storicamente durano intorno ai cinquecento anni con variazioni al loro interno. A partire dalla fine del XIV secolo le temperature diminuirono e tali si mantennero fino a verso la seconda metà del XIX secolo, quando ripresero a crescere. Se per esempio si osservano i quadri del ‘500/’600 non si vedrà un cielo limpido.
Ora siamo in una fase “calda” che come tutte le altre fasi durerà circa cinquecento anni. Naturalmente all’interno di queste fasi di cinque secoli vi sono costanti variazioni di maggiori o minori medie di temperatura della superficie terrestre. Attualmente, pur trovandoci in una fase di clima “caldo”, stiamo attraversando una breve fase “fredda” come attestano questi ultimi inverni decisamente più freddi della media.
La precedente fase “fredda” si era avuta dalla metà degli anni trenta fino alla fine/inizio degli anni 60/70. Sembrano peraltro poco credibili quegli scienziati che predicono quale sarà la temperatura terrestre da qui a cento anni, quando non sono in grado di prevedere quale sarà nei quindici giorni successivi. E’ inoltre arduo e azzardato prevedere come si comporterà il sole con le sue “macchie”.
Circa l’esauribilità delle risorse, si entra in un ambito che va affrontato tenendo nella massima considerazione sia il costante il progresso scientifico e tecnologico, così come la nozione di “risorsa”. E’ tale per definizione una materia dalla quale otteniamo una utilità. Se non ne traiamo nessun utile o non è “comprabile” non è una risorsa.
L’aria, per esempio, non è una risorsa a meno che non si sia con le bombole in immersione. Tante materie non sono materie prime fino a quando non le utilizziamo. L’olio di roccia era solamente un liquido oleoso e maleodorante fino al momento del suo utilizzo dalla metà del secolo XIX, quando oltre a svariati impiego nel campo energetico e chimico ha avuto il nome cambiato in petrolio.
Ora è una risorsa e non sappiamo quanto ne potremo estrarre, perché al variare del suo prezzo cambiano le quantità disponibili. Ergo non sappiamo quando e se finirà o se la scienza fornirà altri sistemi per ottenerlo, quali ad esempio il fracking. La sabbia fino ad alcuni anni addietro era solo del silicio, ora è una materia prima essenziale per l’industria elettronica. Ergo ora è una risorsa, mentre prima era solamente una materia.
Il progresso umano è dato in misura grandissima dalla quantità di energia disponibile per il “lavoro”. Prima vi erano l’energia animale e l’energia “schiavitù”, che sono state sostituite dall’energia meccanica, ossia dai motori. I primi, sia pure di scarsissimo rendimento, erano il vento ed i dislivelli idrici. Poi venne il vapore a partire dalla fine del XVIII secolo con i motori a combustione esterna. Quindi vennero i motori elettrici ed infine quelli a combustione interna, che si sono imposti, soprattutto nel trasporto, per la facilità dell’immagazzinamento della “riserva”. Un serbatoio di liquido può far funzionare un motore endotermico per molte ore ed il rifornimento è molto rapido. Esempio, il pieno dell’automobile alla stazione di servizio.
Un’energia che è estremamente utile soprattutto per gli impieghi statici è quella elettrica, la cui produzione è semplice, ma l’immagazzinamento è costoso ed estremamente lento, per cui va prodotta ed impiegata contemporaneamente. Vi sono numerosissimi sistemi per far girare le turbine che la generano, il più recente è dato dal vapore prodotto dalla fissione nucleare, che tanto viene osteggiata, sia dai produttori di petrolio, che da chi ne vede solamente gli aspetti negativi, ossia principalmente le radiazioni. Ma… noi viviamo in un mondo di radiazioni! Esiste una radiazione naturale che varia a secondo delle località e nella quale le persone vivono senza alcun problema.
Le sorgenti termali traggono i loro effetti benefici dalla radioattività e le persone pagano per poterne sfruttare le proprietà curative. Esistono le radiazioni delle trasmissioni radio, quelle delle trasmissioni televisive e via discorrendo fina a giungere alla luce che è essa stessa una radiazione. La radiazione ammessa in una centrale nucleare è zero, pertanto vi sono meno radiazioni in una centrale che nel mondo esterno. E’ vero che le centrali nucleari possono avere degli incidenti, però se si eccettua Chernobyl nessun incidente ha causato vittime e le fuoriuscite di radiazioni sono state pressoché irrilevanti sia in termini numerici, che per vittime. Attualmente l’area di Chernobyl è regolarmente abitata e la flora come la fauna sono ritornate rigogliose. Il problema di Fukushima fu causato da accadimenti esterni e le sole vittime furono il personale che vi entrò consapevolmente e volontariamente per domare l’incendio. E’ stato detto molto di questo fatto, ma praticamente nulla della diga che a causa del terremoto che causò il maremoto la diga a monte di Fukushima collassò causando 1800 morti.
E’ altresì da considerare che qualsiasi incidente si verifichi in una centrale nucleare va segnalato, anche se nulla ha a che vedere con la radioattività. Però quando si osservano le statistiche si guarda al numero degli incidenti senza menzionare di che tipo. E’ vero che una centrale nucleare va rifornita di combustibile, ma ciò con scadenze molto distanziate, mentre le centrali a combustibili fossili devono essere approvvigionate con regolarità di combustibili fossili. Mai vengono segnalati gli incidenti che si verificano nelle centrali diverse da quelle nucleari, ma se ci si limita alla sola catena del petrolio si può osservare varie migliaia di vittime all’anno, per non parlare delle guerre che il petrolio ha causato e continuerà a causare.
L’uranio si trova inoltre prevalentemente in aree socialmente tranquille contrariamente al petrolio che si estrae in prevalenza da aeree a “rischio”. Per quanto attiene al problema delle scorie ancora radioattive si possono, come si sta facendo, studiare sistemi per sfruttare la radioattività residua, quindi potranno in un prossimo futuro diventare una “risorsa”.
Se l’energia è alla base dello sviluppo sarebbe opportuno “inondare” i paesi più poveri di energia elettrica che date le circostanze locali ambientali con l’attuale sviluppo tecnologico può avvenire quasi esclusivamente a mezzo di centrali nucleari, senza che peraltro ciò possa rappresentare un rischio di proliferazione nucleare. Infatti gli stati che hanno deciso di prodursi l’armamento nucleare lo hanno già fatto o stanno procedendo su quella strada. Ma l’arma nucleare è come una lama a doppio taglio, dal momento che il suo possesso sì rappresenta una minaccia, ma solamente una minaccia in potenza, come ampiamente dimostrato dalla guerra fredda, che è rimasta tale solamente perché scatenare un conflitto nucleare avrebbe creato solo perdenti.
Quindi tale tipo di arma è un deterrente e consente di mantenere la purtroppo inevitabile conflittualità tra stati a livello “freddo” senza arrivare ad olocausti o stragi tipo le due guerre mondiali, che causarono ognuna decine di milioni di morti. Peraltro alcuni stati che si sono dotati di ordigni nucleari non dispongono di un “delivery system” credibile che consenta di utilizzarli su distanze considerevoli e con la necessaria precisione.
Vi è infine la possibilità di produrre energia elettrica dalle così dette risorse rinnovabili. Se la materia prima rinnovabile è prodotta con l’agricoltura viene tolto spazio alla produzione alimentare con conseguente aumento dei costi che incidono sui paesi meno ricchi, come si è purtroppo già verificato.
Se l’energia è prodotta dal sole, la notte o in caso di nubi le cellule fotovoltaiche non funzionano. Lo stesso vale per l’eolico in assenza di vento. Comunque le energie alternative attualmente e per ancora svariati anni, non sono economicamente redditizie, prova ne sia la necessità di incentivarle a spese del contribuente, che paga per avere un prodotto fuori mercato. Ne consegue che le energie che non devono essere incentivate dal contribuente sono più vantaggiose, tutte. Le invenzioni importanti si sono imposte di per se senza incentivi, vedi la stampa, la polvere da sparo, l’automobile, l’aereo, le radiotrasmissioni, etc.
A margine sembra utile segnalare che le cellule fotovoltaiche vengono in prevalenza prodotte in Cina con sistemi che sono altamente inquinanti. Per le automobili elettriche, delle quali si fa un gran parlare, si vuole che vadano ad energia solare o eolica? Decine di milioni di veicoli, aerei, treni, navi, etc?
Se in Italia vi fossero quattro milioni di veicoli elettrici le cui batteria la sera andrebbero caricate sarebbe giocoforza rifornirle a mezzo centrali nucleari. Certamente detti impianti nucleari non sono in assoluto il meglio del sistema produttivo, ma nulla è il meglio dal momento che il progresso della scienza rende tutto obsoleto e tra ics anni tutti i sistemi al momento disponibili saranno considerati barbari, così come oggi consideriamo la schiavitù, che per millenni è stata alla base della produzione energetica, ancora prima che arrivasse la domesticazione degli animali intorno al tredicimila a.C..
Trump, Macron ed il clima
luglio 21, 2017