(di Domenico Giglio) – La recente scomparsa, l’11 luglio scorso, dello storico inglese Denis Mack Smith ha dato logicamente occasione ad articoli che ne ricordassero le sue opere.
Grande parte delle stesse opere dedicate alla storia dell’Italia e che ebbero anche una notevole diffusione, nel trentennio dal 1960 al 1990, riempiendo un vuoto sulla storia della nostra Unità, che dopo Benedetto Croce e Gioacchino Volpe, la cui “Italia Moderna” si fermava al 1914, non aveva avuto per decenni alcuna opera di valore, vuoto che solo in occasione del centocinquantesimo della proclamazione del Regno, ha trovato in Domenico Fisichella l’autore che in una trilogia, da “Il miracolo del Risorgimento”, “Dal Risorgimento al fascismo” e infine “Dittatura e Monarchia”, ha realizzato finalmente una storia completa e leggibile dell’Italia Unita.
Da questo interesse dello Smith per la nostra storia, farlo passare ad amore per l’Italia o ad amico della stessa, c’è una notevole differenza, perché specie nell’opera principale, “Storia d’Italia – 1861-1958”, le sue simpatie, senza dubbio giustificate, furono solo per Garibaldi.
Su Cavour il giudizio non fu benevolo, tanto che Rosario Romeo, il più accreditato tra gli studiosi dell’opera del Cavour dovette replicargli, ottenendo, successivamente, una qualche ritrattazione.
Egualmente acre fu pure il suo giudizio sui Re di Casa Savoia, ”I Savoia re d’Italia” , arricchendo anche qui i suoi studi di aneddoti che stimolano la curiosità del lettore, ma non rappresentano il vero quadro storico nel quale si erano svolti i fatti.
Senza dubbio, in questa sua visuale era determinante la sua formazione ideologica, democratica radicale, così che anche per quanto riguarda il fascismo lo Smith trova possibili origini addirittura nel Risorgimento e nel patriottismo liberale e successivamente in un Crispi, ma non ricorda che senza il troppo spesso dimenticato “biennio rosso”, dal 1919 al 1921, e la altrettanto famosa “rivoluzione d’ottobre” in Russia, di cui, fra l’altro, ricorre quest’anno il centenario, con le sue successive rivolte in Prussia, Baviera ed Ungheria, il fascismo non avrebbe trovato il terreno fertile per la sua azione e successiva affermazione.
E come per Cavour, Smith aveva trovato le repliche di Romeo, così per il fascismo le trovò in De Felice, che partendo da una giovanile militanza comunista, era arrivato ad una visione globale, veramente storica, del fenomeno Mussolini, visione che a tutt’oggi rimane insuperata, provocando travasi di bile negli antifascisti di “professione”, che non possono perdonargli di avere sottolineato gli anni del consenso al regime, di cui pure tanti e qualificati compatrioti del Mack Smith erano stati pure ammiratori.