La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e la cablatura del territorio nazionale sono considerati dei nodi cruciali per lo sviluppo del nostro Paese. A che punto siamo? A che punto ci troviamo rispetto alla “Agenda digitale europea”? Quali sono le prospettive che si aprono per le imprese? Quali sono le occasioni di lavoro che si prospettano all’orizzonte? La nostra Pubblica Amministrazione è veramente pronta per la digitalizzazione?
Queste sono state le domanda del workshop “Il futuro digitale dell’Italia e il ruolo dell’Agenzia Digitale Italiana”, tenutosi a Firenze il 23 gennaio presso il Polo delle Scienze Sociali (Campus di Novoli) dell’Università di Firenze.
Presente un’attentissima platea di decine di rappresentanti della Cultura, delle Pubblica Amministrazione Locale, degli Affari.
Domande riprese ed arricchite in apertura da Salvatore Carrubba, Amministratore Delegato del “Sole 24 Ore”, ed a cui ha risposto Alessandra Poggiani, Direttore Agenzia Digitale Italiana.
Il punto sulla situazione tecnologica attuale, in termini di tasso di sviluppo nel contesto europeo è piuttosto preoccupante. L’Italia ha svolto un ruolo di eccellenza nella prima storia dell’informatica: basti pensare che il primo Personal Computer, in termini di macchina programmabile per uso personale è l’Olivetti P101, inventato dall’ing. Pier Giorgio Perotto fra il 1962 ed il 1964, venduto a partire dal 1965.
Fino ad una quindicina di anni fa la situazione era sostanzialmente buona: in termini di rapporto con gli obiettivi europei di digitalizzazione (strategia di Lisbona) eravamo, nel 2000, sostanzialmente in linea con i principali paesi: indietro rispetto ai paesi del Nord Europa ed all’Inghilterra, ma in linea con le grandi economie continentali.
Oggi l’Italia, rispetto all’Agenda Digitale Europea, è tra terzultima e quartultima in Europa, con una posizione buona solo sulle infrastrutture per la connessione mobile.
Ad oggi abbiamo la velocità di connessione più bassa in Europa (a parte la Romania): 4-5 Mega.
L’infrastruttura di rete è privata, per una scelta fatta in sede di privatizzazione delle telecomunicazioni. Nei piani di investimento dei grandi operatori privati non c’è, al momento attuale, la diffusione della connessione a 100 Mega: l’Agenda Digitale Europea prevede per il 2020 il raggiungimento di tale velocità per almeno il 50% delle famiglie.
Se si passa dagli aspetti tecnologici a quelli applicativi si notano situazioni paradossali: abbiamo il più alto numero di servizi on-line offerti dalla Pubblica Amministrazione, ma la minore fruizione: 300.000 utilizzatori, da confrontare con 30 milioni di profili Facebook.
Non esiste al momento attuale una anagrafe nazionale: anagrafe, stato civile, morte e liste elettorali sono quattro archivi separati ciascuno a livello comunale. L’anagrafe sanitaria è centralizzata.
Come cambiare? Fermo restando il valore abilitante delle tecnologie, senza nulla togliere all’importanza delle soluzioni applicative, il problema è nelle teste, nei processi, nell’organizzazione.
Automatizzare senza riorganizzare è perdente, e per evitare questi errori non c’è bisogno di inventare niente.
Il prof. Giorgio Natalicchi ha raccontato la sua esperienza nell’innovazione della gestione della città di New York nel 1976, che ha seguito quei criteri che poi sono oggi canonizzati, in forma aggiornata, dalle metodologie di Business Analysis.
Il prof. Massimo Balducci ha raccontato come esempio il caso delle licenze edilizie del comune di Prato, in cui si è drasticamente semplificato il processo, precisando anche che è stato fatto a legislazione invariata, mostrando come non è detto che l’affermazione “serve una legge per cambiare” abbia sempre fondamento: mentre sempre viene utilizzata per ostacolare il cambiamento.
Non c’è nulla da inventare, ma c’è tanto da fare: come è stato sottolineato nell’ampio, concreto e convergente dibattito che ha seguito la prima parte dell’intervento del Direttore Alessandra Poggiani. Ed anche i problemi sono chiari, con la centralità dei temi di Organizzazione, Processi, Business Analysis: e con la centralità del metodo della selezione e dello sfruttamento delle buone pratiche.
Qual è quindi il programma dell’Agenzia Digitale Italiana? Questo è stato l’oggetto della seconda parte dell’intervento del Direttore Poggiani.
Il primo punto è quello di muovere tutto il paese: contrastando il fenomeno, che si è accentuato al momento, crescita del gap digitale fra Centro Nord e Sud, così come fra diverse fasce di popolazione. Questo perché ad un certo punto dovremo introdurre delle discontinuità. Ad un certo punto certi servizi saranno solo on-line. Su certe cose, come per esempio la Carta d’identità potremo anche pensare a dei salti tecnologici, evitando di rincorrere tecnologie che avremmo dovuto cavalcare qualche lustro fa.
Altro punto importante, cogliere le opportunità di cambiamento. Il disegno di legge-delega sulla Pubblica Amministrazione contiene una serie di punti sulla riorganizzazione che sono anche spunti per l’innovazione tecnologica.
In ultimo, ma non ultimo, giocare al meglio il proprio ruolo: l’agenzia è un Project Manager. E’ una struttura piccola, che può curare il coordinamento delle iniziative. Al momento interviene “a seguito di”, sulla base anche di una storia non facile. Dimostrando capacità, potrà vedersi riconoscere in pratica un ruolo più attivo, fino ad un ruolo proattivo al momento prematuro. Ma non è prematuro comunque cogliere ogni occasione per dare il proprio contributo al cambiamento in questo Paese.
Il futuro digitale dell’Italia e il ruolo dell’Agenzia digitale italiana: workshop a Firenze il 23 gennaio
gennaio 22, 2015