(di Roberto Falaschi) – Siamo a ventotto mesi dall’inizio della disgustosa vicenda dei Sottufficiali della San Marco Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sequestrati in India e l’Italia ancora discute e temporeggia sul da farsi, sul come farsi e quando farsi.
Oggi sappiamo oltre ogni ragionevole dubbio che i nostri due militari sono innocenti e ciò in base al fatto che prima lo Stato del Kerala e poi quello federale Indiano non sono stati capaci di formulare delle accuse circostanziate.
In primo luogo trattenere due persone in stato di fermo per oltre due anni è una palese violazione di qualsiasi diritto umano e questo mi fa seriamente sospettare che le autorità di quello Stato ignorino del tutto cosa esso sia. Come se non bastasse hanno per mesi minacciato di giudicarli su accuse (quali?) in base alle quali sarebbero stati condannati all’impiccagione al termine del processo, che però non hanno potuto neanche avviare.
Non si è mai visto un sistema giudiziario, neanche all’epoca delle ordalie, che spiattelli al pubblico una serie di ipotesi atte a terrorizzare gli imputati, che poi imputati non erano per mancanza di accusa formale. Dubito fortemente che l’imbecillità delle autorità indiane arrivi a livelli tali da comportarsi in questo modo senza un motivo e quindi vediamo quale potrebbe essere.
Senza andare a cercare argomentazioni complesse, arzigogolate e complottarde credo che la causa sia da trovarsi nel comportamento remissivo italiano sulla base del detto romanesco “si te fai pecora er lupo te se magna”.
Sorvoliamo per pietà sul rientro in porto della Lexie. Non era necessario ai fini di un‘indagine su un presunto atto di pirateria dato che una teleconferenza sarebbe stata chiarificatrice e anche sorvoliamo sui costi di un’inversione di rotta.
Una volta disarmati e trattenuti indebitamente i nostri militari in servizio di Stato, il comportamento di chi di dovere, italiano, è stato oltremodo sbagliato, inconcludente e remissivo. Sbagliato perché non si invia un Ministro di Stato per trattare una questione del genere, ma funzionari di grado medio alto in modo da avere riserve di più alta capacità decisionale.
Inconcludente perché si arriva a trattare con idee chiare sui diritti propri da far valere e sugli errori altrui negoziando naturalmente a porte chiuse per non far “perdere la faccia” a chi ha sbagliato, soprattutto se orientale. In quanto alla remissività nostra nei confronti dello straniero è necessario un paragrafo chiarificatrice ad hoc.
Dalla caduta dell’Impero Romano per millecinquecento anni la Penisola è stata un insieme di Stati, magari famosi per commerci, arti ed altre attività umane, ma inesistente politicamente diventando anche terreno di conquista per le potenze europee fino ad arrivare al disgustoso “de Franza o de Spagna purché se magna”.
Con il Risorgimento e l’avvio verso l’unità territoriale si stava cominciando a conquistare timidamente una identità nazionale che si andava rafforzando e sulla quale hanno insistito molto prima la monarchia e quindi il fascismo.
Dopo la catastrofe della disfatta, dal 1945 in poi essere nazionalisti è stato per una cultura prevalente equivalente a qualificarsi quali fascisti. Ciò ha portato, unitamente alla sconfitta e ad un trattato di pace vessatorio, ad un ritorno generalizzato, ad un atteggiamento timoroso nei confronti dello straniero.
Proprio con un atteggiamento simile ci siamo presentati agli indiani per far rispettare i nostri diritti, cosa che probabilmente la controparte non si aspettava e ne ha tratto prontamente profitto per fini suoi interni.
Come se non bastasse abbiamo destinato a gestire il problema un sottosegretario di Stato agli Esteri “gentiluomo di nessuna grinta” e noto in India quale amico dei pachistani.
Più che sarebbe, è ora di cominciare ad essere decisamente assertivi con l’India, cominciando col fargli capire che gli italiani ne hanno abbastanza di questo loro comportamento, se per tutto questo tempo non sono stati capaci di formulare un’accusa i militari sono evidentemente innocenti, pure mostrando loro i rilevamenti satellitari degli spostamenti di ogni natante dell’area abbondantemente sorvegliata da tutti i Paesi che hanno le capacità spaziali.
Non è credibile che non si abbia questa documentazione e se così fosse sarebbe una gravissima omissione di atti d’ufficio. Questa politica bilaterale accompagnata da un’azione a tutto campo, sia in ambito di organizzazioni internazionali, che bilateralmente con ogni Paese con il quale abbiamo relazioni diplomatiche, ossia di fatto tutti. Gioverebbe questa azione sia nei confronti dell’India che del resto dei Paesi.
Basta chinare la testa, siamo un Paese con infinite possibilità non utilizzate, è gran tempo di cambiare rotta e farci rispettare per le nostre effettive capacità dimostrando spirito nazionale in circostanze diverse dai mondiali di calcio!
Viva San Marco che con il comportamento dei suoi uomini ci dà onore e soprattutto viva l’Italia!
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giugno 25, 2015