(di Clara Salpietro – Amman, Giordania) – “I cristiani del Medio Oriente non devono avere paura, non sono in pericolo nonostante sono una minoranza”, queste le parole che monsignor Maroun Lahham , vicario del patriarca latino di Gerusalemme per la Giordania, vuole far arrivare a tutti i cristiani che vivono nell’area mediorientale. Monsignor Lahham è un arcivescovo cattolico giordano, è nato infatti a Irbid, in Giordania, sotto l’altipiano del Golan, a pochi chilometri dai confini con Israele e con la Siria.
E’ laureato in Teologia Pastorale ed è stato ordinato sacerdote il 24 giugno 1972. Ha svolto il ministero come Vicario parrocchiale nella parrocchia di Cristo Re ad Amman, capitale della Giordania, nelle missioni della diocesi patriarcale nel Golfo, a Fuheis e quindi come parroco a Madaba. Dal 1993 fino alla nomina a Vescovo è stato Rettore del Seminario di Beit Jala.
L’8 settembre 2005 è stato eletto vescovo di Tunisi e, il successivo 2 ottobre, ha ricevuto, nella chiesa dello seminario di Beit Jala, la consacrazione episcopale dalle mani del patriarca di Gerusalemme dei Latini Michel Sabbah. Il 19 gennaio 2012 è stato trasferito alla sede titolare vescovile di Medaba, mantenendo il titolo di arcivescovo, e nominato all’ufficio di vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini con l’incarico di vicario patriarcale per la Giordania. Parla l’arabo, il francese, l’inglese e l’italiano.
La comunità latina giordana è una delle più vivaci del Medio Oriente, con parrocchie, scuole, tra cui l’università cattolica di Madaba, e opere assistenziali di ottimo livello. Durante il nostro incontro ad Amman ci parla della condizione dei cristiani in Giordania ed afferma: “Stiamo bene se ci lasciano da soli e questo per due motivi: perché i cristiani giordani sono arabi come gli altri e poi perché l’Islam giordano è moderato, c’è qualche fondamentalista qua e là ma questo non incide molto”.
“I cristiani – aggiunge – sono il 3%-4% della popolazione, numericamente parlando, però dal punto di vista economico sono al 30%, pensi che tra le 50 persone più ricche della Giordania 10 sono cristiani, questo per dire che la presenza cristiana moralmente, culturalmente ed economicamente è importante in questo Paese. C’è libertà, abbiamo delle chiese, ci sono parrocchie, oratori, ci sono due università cattoliche, ospedali”.
“Un punto da trattare con l’Islam – evidenzia monsignor Lahham – è la libertà religiosa che qui è intesa come libertà di culto, cioè libertà di scegliere la propria religione, la propria fede o di non sceglierla. Qui non esiste la libertà religiosa e la reciprocità nei matrimoni, ad esempio un giovane musulmano può sposare una ragazza cristiana, ma un giovane cristiano non può sposare una ragazza musulmana tranne che lui non si converta. Sono i due punti su cui discutiamo sempre. Terzo punto è la possibilità di insegnare il catechismo agli studenti cristiani che sono nelle scuole pubbliche, questo ancora non c’è. Ecco i punti interni su cui deve esserci dialogo”.
Com’è il rapporto tra i cristiani e le altre confessioni religiose?
Con ortodossi e protestanti è buono, come dite voi siamo quattro gatti.
Ad Amman, a maggio, è stato inaugurato il Centro cattolico di studio e formazione per i media (Catholic Centre for Studies and Media). Quali sono gli obiettivi fondamentali del Centro?
E’ un Centro molto importante, che vuole favorire lo sviluppo della comunicazione per essere al servizio del dialogo tra cristiani con le altre religioni e della buona convivenza. Ultimamente il Centro ha avuto la medaglia d’argento da tutto il mondo arabo. Siamo Al Jazeera cristiana e siamo visti da più di 10 milioni di persone, l’obiettivo è di diffondere tutte le notizie sia della chiesa locale che della chiesa universale e tanti articoli, documenti, reportage. Il Centro è collegato con la televisione cattolica del Libano, Noursat, che ha aperto qui una sezione. Il Centro copre tutto quello che è religioso, non solo cattolico ma tutte le confessioni.
La Giordania risente di quello sta accadendo in Siria?
Politicamente parlando sì. La Giordania è un paese piccolo e quello che sta accadendo in Siria ci preoccupa tanto, così come preoccupa il Libano, ma è ancora a livello politico e non a livello religioso. Non bisogna pensare che tutte le crisi siano dovute alla religione, non è così. C’è un problema politico grande, se cade il regime di Assad, la severità politica della Giordania dipenderà da quello che viene dopo Assad. Attualmente siamo nell’incertezza e c’è un po’ di paura politica.
In Siria con il governo di Assad i cristiani sono stati sempre trattati bene, protetti. La paura è che dopo Assad non ci sia più questa protezione. E’ così?
E’ un’ipotesi, non è detto che se va via Assad saremo perseguitati, questa è la pseudo-psicologia della minoranza, quando una minoranza si sente protetta preferisce lo status quo, perché non sa quello che può venire dopo. Io sono stato in Tunisia dopo la rivoluzione e non è cambiato niente per i cristiani, in Libia neanche, stessa cosa dovrebbe accadere in Siria, dove non penso che se cade Assad arriveranno al potere i Fratelli Musulmani più fanatici. Anche se dovessero arrivare i Fratelli Musulmani, come sono saliti al potere in Tunisia o Egitto, oggi l’Islam politico o è moderato oppure non esiste. La Giordania è un paese musulmano sunnita come la Siria. Non credo alla linea di fondo che se cade il nostro protettore noi cristiani siamo perseguitati, non è vero. E’ più una paura morale e psicologica, che significa “preferisco te che conosco che non l’altro che non conosco”.
Lei è stato in Tunisia, che Paese ha lasciato?
Un bel paese, che deve servire da laboratorio per tutti gli altri Paesi arabi. E’ stato il primo a fare la rivoluzione, ha fatto già la Costituente, le elezioni, sarà discussa una bozza della Costituzione e a livello della Chiesa non c’è stato nessun cambiamento. La cosa bella è la gioventù araba che ha rotto la barriera della paura, adesso i giovani arabi possono manifestare, protestare contro il regime, fare sciopero e per me questa è una rivoluzione bella. Prima in tutti i Paesi arabi il popolo aveva paura dei suoi dirigenti, adesso è l’opposto e questo è positivo.
In ogni rivoluzione il problema sono i profughi che arrivano nei paesi confinanti. In Giordania adesso c’è il problema dei profughi al confine con la Siria. Come si riesce a gestire questa emergenza?
E’ una emergenza, proprio così. Ad esempio durante la rivoluzione in Libia ci sono stati 200 mila libici che sono andati via e appena la situazione politica si è calmata sono tornati. Dalla Siria la gente sta andando in Giordania, in Libano, in Turchia ed è un’emergenza dovuta al fatto che il paese non è stabile. Io penso che i profughi, da qualsiasi Paese provengono, sono sempre aiutati e protetti, ovunque c’è un senso comune di umanità. Ad esempio in Giordania la nostra Caritas ha aperto le scuole parrocchiali il pomeriggio per gli studenti siriani, tutti aiutano i profughi.
Si dice che l’Emiro del Qatar vuole diventare il leader del più grande movimento islamico del Medio Oriente. Secondo Lei il rischio esiste e quale potrebbe essere il futuro dei cristiani?
Non preoccupatevi dei cristiani, pensate alle evangelizzazioni nelle vostre nazioni, come Italia e Francia che stanno diventando pagane. Noi stiamo bene, non fateci pensare che siamo sempre in pericolo e che la nostra salvezza viene da voi. Noi non siamo in pericolo e desidero che questo sia messo in evidenza. Il Qatar è un piccolo paese con delle ambizioni enormi, la sua politica è molto ambigua. Certamente in Qatar c’è la base americana più grande del mondo, è un paese che prova a seguire la politica americana nonostante si presenti come un paese islamico. Il Qatar ha tanti soldi ma non per questo può diventare il leader del mondo arabo islamico, non si pagano le nazioni con i soldi.
Qual è il messaggio che Lei in questo momento vuole inviare ai cristiani del Medio Oriente?
Non abbiate paura, siete una minoranza, lo siete sempre stati, siete il sale e il sale deve essere sempre poco, troppo sale guasta. Non abbiate paura, Dio è con voi, Dio vi ha voluto cristiani in questi Paesi per vivere la vostra fede in questi paesi, non vi ha chiamato per andare in Australia o in Svezia, in Italia o Francia, lì ci sono cristiani che pensano per quei territori. Dio vi ha chiamati, vi ha creati cristiani in Giordania, in Palestina, in Siria, rimanete lì anche se dovete soffrire e non potete pretendere di essere trattati meglio del vostro Gesù Cristo, che di pace ne ha avuta poca.