(di Clara Salpietro – Amman, Giordania) – L’attività di cooperazione dell’Italia in Giordania negli anni è cresciuta sia sotto il profilo degli importi impegnati che della qualità delle iniziative.
La cooperazione allo sviluppo tra Italia e Giordania ha una lunga tradizione che risale al 1965, anno del primo Accordo Quadro tra i due Paesi. A partire dagli anni ’80 l’assistenza italiana alla Giordania acquisisce organicità, evolvendo da una collaborazione tecnica ad una cooperazione economico-finanziaria, culturale e sociale.
Ad illustrare – con orgoglio – l’intensa attività dell’Ufficio della Cooperazione italiana allo Sviluppo in territorio giordano è il suo responsabile, Amjad Yaaqba , che incontriamo nella capitale giordana, a Riyad Al Mefleh Str, Jabal Amman.
Giordano palestinese, nato in mezzo al deserto, ma italiano per cittadinanza e per formazione culturale essendo arrivato in Italia all’età di 16 anni ed avendo conseguito la laurea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Venezia. Ha ricoperto diversi incarichi di elevato profilo prima di approdare alla cooperazione italiana in Giordania, incarico che lo pone in una situazione di vantaggio dal momento che “conosce bene la mentalità italiana e quella araba”.
“Nel novembre del 1983 – ci racconta Yaaqba – è stato firmato ad Amman il Protocollo d’Intenti che prevedeva un pacchetto di aiuti per il triennio 1984–1986 per un ammontare complessivo di 10 milioni di dollari a dono e 50 milioni di dollari a credito d’aiuto agevolato. Mentre i finanziamenti a dono vennero utilizzati immediatamente, la linea di credito è stata impiegata fino alla fine degli anni ’80 in maniera più mirata su progetti di rilevante impatto e sostenibilità in campo minerario, termoelettrico e sanitario, sviluppati in collaborazione tra aziende italiane e controparti locali. A partire dagli anni ’90 il settore degli interventi è stato ampliato e i fondi, che sulla base di un nuovo accordo bilaterale firmato a Roma il 13 giugno 1991 diventarono circa 25 milioni di euro a dono a 39 milioni a credito d’aiuto, sono stati utilizzati nel campo della formazione professionale e dell’istruzione, nonché nei settori sanitario, idrico ed alimentare. Piuttosto importanti sono stati gli interventi in campo medico-sanitario nel Governatorato di Karak (ristrutturazione dei servizi sanitari, costruzione del nuovo ospedale di Karak e formazione di istruttori clinici – per un valore di 7 milioni di euro) e nel settore idrico per la municipalità di Amman, (progettazione e parziale realizzazione/riabilitazione della rete idrica per un ammontare di 17,6 milioni di euro) seguita da una seconda fase di riqualificazione per 7,4 milioni di euro. Il nuovo programma di cooperazione bilaterale per il triennio 2000 – 2002, formalizzato con il Memorandum d’Intesa del 25 gennaio 2000, ha definito l’intervento italiano sulla base delle priorità indicate dal Governo giordano nei settori idrico, ambientale, sanitario, nella lotta alla povertà e nelle riforme economiche”.
L’interesse costante con cui l’Italia ha sempre guardato alla Giordania e la stretta collaborazione tra i due Paesi portano la Cooperazione Italiana ad istituire nel 2007 un proprio ufficio ad Amman presso l’Ambasciata italiana, consolidando ulteriormente i rapporti italo-giordani. “L’apertura di una sede ad Amman – afferma Amjad Yaaqba – consente di avviare un’analisi più approfondita e mirata dei settori d’intervento e del contesto sociale giordano, garantendo così una migliore qualità dei programmi. Nel 2010, l’Ufficio di Cooperazione e l’Ambasciata d’Italia ad Amman hanno negoziato con le Autorità locali – in particolare con il Ministero delle Finanze – la definizione di un secondo Accordo di Conversione del Debito tra i due Paesi, siglato il 22 maggio 2011. L’Accordo prevede la conversione di un ammontare del debito giordano equivalente a 16 milioni di euro in valore attualizzato. L’Accordo, entrato in vigore il 7 febbraio 2012, ha portato alla costituzione di un Comitato Direttivo Bilaterale, con il compito di individuare e concordare i progetti, esaminarne lo stato di avanzamento e verificare le spese effettuate”.
Dal 2009 la Cooperazione italiana in Giordania è attiva anche nel sostegno ai rifugiati. Negli anni, infatti, il governo italiano ha sostenuto gli sforzi del governo giordano per offrire condizioni di vita migliori ai profughi palestinesi che vivono nei campi profughi e ai rifugiati iracheni che ancora vivono nel Paese.
L’iniziativa di “Emergenza a sostegno dei profughi palestinesi in Giordania” (IEPPG Fase I, realizzata dal 2009 al 2010 con un importo a dono di 750mila euro; IEPPG Fase II, realizzata dal 2010 al 2011 con un importo a dono di 880mila euro; e IEPPG Fase III, dal secondo semestre 2011 fino al primo trimestre del 2013, per un importo impegnato di 1,1 milioni di euro) ha consentito la riabilitazione di una parte consistente delle unità abitative nei campi profughi di Sukhneh, Talbieh e Jerash, oltre all’offerta di formazione professionale e di sostegno psicosociale a favore dei gruppi più vulnerabili della comunità (in particolare donne, bambini, giovani disoccupati, disabili). Nell’ambito della lotta alla povertà, la Cooperazione italiana ha contribuito nel 2009-2010 anche con un programma di aiuti a favore dei rifugiati iracheni in Giordania (IRIG – Iniziativa a favore dei Rifugiati Iracheni in Giordania) con un importo a dono di 850mila euro.
“Proprio per Sukhneh, Talbieh e Jerash – osserva il responsabile della Cooperazione – abbiamo lavorato al progetto per la realizzazione di impianti di depurazione, reti fognarie e per il trattamento delle acque reflue. Il progetto consiste nella costruzione del collettore fognario, dell’impianto di depurazione e del sistema di riuso degli effluenti per le municipalità di Giza e tutti i villaggi delle aree adiacenti. L’impianto di Talbieh è stato messo in funzione dopo l’allacciamento della rete fognaria al campo di Talbieh e si è concluso positivamente anche il periodo di start up dell’impianto”.
Ma l’impegno dell’Italia non finisce qui e i programmi di cooperazione allo sviluppo portati avanti e conclusi sono tanti.
Uno dei tanti progetti che possono essere considerati fiore all’occhiello per l’Italia è la realizzazione di un Centro servizi e di formazione nel settore tessile ed abbigliamento. Il 1° luglio 2009 è stato firmato il Memorandum of Understanding tra le parti coinvolte ed è stata avviata la parte di analisi ed individuazione dei bisogni delle imprese giordane aderenti all’iniziativa.
“Attualmente – afferma Amjad Yaaqba – sono 20 le imprese locali del settore tessile-abbigliamento che usufruiscono dell’assistenza tecnica prevista dal Progetto JMODA ed è auspicabile un ampliamento della formazione tecnica fornita fino ad ora ad ulteriori PMI locali del settore. Lo scopo del progetto è di sviluppare le qualità e capacità produttive delle imprese giordane così che possano ampliare la portata di mercato da quello nazionale a quello internazionale”. Il 16 settembre prossimo il centro tessile GSC (Garment Service Centre) e l’Istituto Burgo presenteranno una sfilata di abiti, realizzati anche dalle stiliste che si sono formate presso il centro tessile italiano, nel contesto magico della Cittadella, uno dei siti archeologici più interessanti di Amman.
“Un’altra eccellenza italiana – prosegue – è l’Istituto di Restauro Musivo di Madaba. Gli obiettivi del progetto, in co-finanziamento con l’Agenzia di Cooperazione Internazionale Statunitense USAID, erano: la qualificazione della Scuola per l’Arte dei Mosaici di Madaba ad Istituto Universitario per il Restauro Musivo; la formazione del personale didattico presso Istituti Italiani; la realizzazione di curricula universitari riconosciuti da parte di due Università giordane (Al Balqa for Applied Sciences e Yarmouk). La trasformazione da Scuola d’Arte ad Istituto è avvenuta con successo. Il numero degli studenti iscritti presso l’Istituto sono aumentati ed inoltre il Comitato Direttivo ha deciso di offrire una borsa di studio per 10 studenti provenienti da zone particolarmente disagiate del Paese, per frequentare un corso breve di formazione di base”.
Un altro progetto importante è il Centro di formazione professionale di Salt, che ha l’obiettivo di sviluppare il settore dell’artigianato in Giordania ed allo stesso tempo favorire l’occupazione.
“Il progetto si è sviluppato in tre fasi – spiega Yaaqba -, nella prima fase il contributo italiano ha garantito attrezzature, macchinari ed ha contribuito all’allestimento della sede, la copertura dei costi di funzionamento oltre alle attività di assistenza tecnica. Il primo intervento era mirato al consolidamento del centro di formazione professionale, ampliandone i settori artigianali tradizionali. Nella seconda fase gli obiettivi perseguiti sono stati lo sviluppo dei vari settori di formazione; l’avvio di programmi di formazione e di Capacity Building; la fornitura di attrezzature e strumenti, sviluppo della produttività; l’istituzione di due nuovi reparti specializzati nei settori della lavorazione artigianale-artistica del legno ed il ferro. In questa fase, l’intervento della cooperazione italiana era finalizzato a far diventare il Centro di Salt un punto di riferimento per la formazione nel settore artigianale tradizionale in Giordania, dotandolo di una capacità di auto formazione continua del personale interno e sviluppando le capacità di marketing dei prodotti artigianali del Centro e le capacità di design dei dipartimenti di formazione e produzione. Ad ottobre del 2009 la Regina Rania ha visitato il Centro di Salt, alla presenza dell’Ambasciatore Fransoni, e ha indicato gli obiettivi da perseguire: innalzamento degli standard qualitativi della formazione professionale; il rafforzamento del partenariato con il settore privato; utilizzo di esperti internazionali”.
Tra i progetti significativi c’è la linea di credito a favore delle piccole e medie imprese giordane, il cui importo complessivo ammonta a poco meno di 10 milioni di euro. A beneficiare del programma sono state circa 25 imprese giordane.
Il progetto, come ci illustra il responsabile della cooperazione italiana, segue due linee: l’assistenza tecnica al Jordan Investment Board (con un finanziamento a dono di oltre 1 milione di euro) per attrarre investimenti esteri ed agevolare l’accesso delle PMI ai mercati internazionali; la facilitazione all’accesso al credito per le PMI locali attraverso una linea di credito (9,4 milioni di euro), destinata all’importazione dall’Italia di macchinari e forniture.
“I settori di interesse – ci dice Yaaqba – dove si sono concentrati i progetti d’investimento sono stati: olivicoltura, pietre e marmi, prodotti cosmetici del Mar Morto, alimentari, farmaceutico. Grande attenzione è rivolta alle biotecnologie, con particolare riferimento al farmaceutico e agricolo, all’ambiente con particolare riferimento al riciclaggio dei rifiuti, allo smaltimento di quelli pericolosi, e alla generazione di energia. La linea di credito continuerà a finanziare eventuali richieste fino all’esaurimento dei fondi disponibili per circa 1,3 milioni di euro”.
“Come cooperazione italiana ma anche io personalmente – osserva – abbiamo una grande esperienza nel settore dei fondi rotativi. In Egitto abbiamo messo in piedi il programma “Lotta alla povertà e creazione di posti di lavoro”, un progetto basato sui micro prestiti con fondo rotativo ed a mio avviso è il programma più riuscito di tutte le cooperazioni internazionali in Egitto, come meccanismo e struttura supera quello di Muhammad Yunus di Grameen Bank (la Grameen Bank è una banca che si occupa di microfinanza in Bangladesh e in India negli stati del West Bengal e del Sikkim. Fondata da Muhammad Yunus nel 1976, è stata la prima banca dei poveri – ndr). La grande differenza tra noi e la Grameen Bank è che loro hanno a disposizione centinaia di milioni di dollari, noi invece abbiamo portato avanti questo programma con solo 6 milioni di dollari. Io ho avuto l’onore di gestire il progetto in Egitto per un paio d’anni prima di consegnarlo agli egiziani, il processo di consegna è iniziato nel 2004 e si è concluso ad aprile del 2005. Sono passati sette anni dalla consegna ed è ancora il migliore programma in Egitto, ancora oggi sta funzionando ed è autosostenibile al 100%”.
“Questo tipo di progetti – prosegue il responsabile dell’Ufficio della Cooperazione italiana allo Sviluppo in territorio giordano – sono importanti, in quanto trasformiamo famiglie dipendenti dalla carità o da aiuti, in produttori di reddito e generatori di lavoro. Come italiani dobbiamo essere fieri della nostra attività di cooperazione e dobbiamo portare avanti, esportandolo come esempio, il progetto del micro credito a favore delle piccole e medie imprese. Ancora più importante ed efficace è il momento in cui noi trasferiamo agli altri la nostra conoscenza, il nostro know how, la nostra esperienza. Ai Paesi in via di sviluppo, e si suppone che noi siamo gli sviluppati, dobbiamo dare un contributo che non sia solo in denaro, dobbiamo trasferire qualcosa. Il contributo di 700 mila euro che abbiamo dato all’Istituto di Madaba non è niente rispetto al contributo in esperienza che stiamo dando per lo sviluppo dell’Istituto stesso. Il mio intento è che la collaborazione tra imprese o enti italiani e giordani prosegua anche se non c’è più l’erogazione di fondi, il mio ruolo finisce nel metterli insieme su un binario corretto ed ecco qui un ottimo esempio di lavoro di squadra, che è fondamentale per la buona riuscita di un’attività”.
Un altro importante contributo italiano viene dato per la stabilità del sito archeologico di Petra, designato come Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1985.
Il 20 marzo scorso si è infatti svolta la cerimonia di firma dell’Accordo operativo tra l’Ufficio UNESCO di Amman ed il Ministero del Turismo e dell’Antichità per la realizzazione del progetto denominato “Stabilità del Siq di Petra”, finanziato dal governo italiano con un contributo volontario all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura di un milione di dollari. Il progetto ha un grande valore culturale in un’area d’interesse prioritario della Cooperazione italiana, che si affianca agli altri importanti programmi nel settore della tutela del patrimonio culturale mondiale sostenuta dall’Italia.
Petra affronta una grande varietà di rischi, in particolare rischi naturali e geologici quali terremoti, inondazioni e frane. La stretta gola del Siq che funge da unico ingresso turistico al sito, è estremamente fragile e deve essere continuamente monitorata e messa in sicurezza al fine di ridurre al minimo il rischio di frana e caduta massi.
“Nel 2009 il Dipartimento delle Antichità (DoA) della Giordania – evidenzia Amjad Yaaqba – ha presentato una richiesta di assistenza internazionale al Comitato del Patrimonio Mondiale, per effettuare una rapida valutazione della stabilità del Siq. L’Ufficio UNESCO di Amman ha presentato la proposta progettuale all’Ufficio di Cooperazione di Amman ed il governo italiano ha risposto positivamente alla richiesta di finanziamento con un contributo a favore dell’UNESCO. Si è riusciti ad arrivare alla firma dell’Accordo Operativo grazie al contributo e alla mediazione della Cooperazione italiana tra Ufficio Unesco e Ministero del Turismo giordano. Anche in questo caso c’è stato un lavoro di squadra ed anche un lavoro italiano, dal momento che la responsabile dell’Ufficio Unesco di Amman è un’italiana: Anna Paolini”.
“I lavori presso il Siq di Petra – conclude – sono già iniziati. Il progetto prevede l’istituzione di un sistema di monitoraggio in grado di rilevare i movimenti dei massi rocciosi, allo scopo di sviluppare linee guida per la messa in atto di strategie di mitigazione sostenibile dei rischi naturali e geologici. Sarà sviluppata anche una piattaforma GIS per l’archiviazione, l’analisi e la gestione dei dati, oltre ad un modello computerizzato 3D delle strutture del Siq e di altre aree instabili selezionate nel corso di attuazione del progetto, e un tour virtuale interattivo basato sulle fotografie panoramiche del sito che sarà messo a disposizione dei visitatori”.
A questi progetti si aggiunge, infine, la recente Iniziativa d’Emergenza nel Settore Sanitario a favore delle vittime della crisi siriana in Giordania, nel cui ambito, la cooperazione italiana ha fatto dono al governo giordano di un ospedale da campo che, arrivato ai primi di luglio scorso e messo in funzione a metà luglio, è già stato trasferito all’interno del campo profughi siriani di Zaatari.
In soli nove giorni lavorativi, l’ospedale italiano – interamente gestito da personale giordano – ha già visitato ben 1300 pazienti e, nonostante, si tratti un dono, la Direzione Generale per la Cooperazione Italiana allo Sviluppo non si è tirata indietro di fronte ad una crisi umanitaria come questa, ed ha continuato a sostenere l’ospedale da campo dotandolo con ulteriori attrezzature: quattro moduli prefabbricati, dotati di ogni confort, stati allestiti servizi igienici e dormitori per il personale medico e paramedico in servizio presso la struttura ospedaliera ed un ufficio adibito a direzione amministrativa dell’ospedale.