(di Roberto Falaschi) – Come ben noto le amministrazioni comunali essendo le più prossime ai cittadini sono quelle che meglio e più rapidamente rispondono alle loro istanze. Si tratterebbe in effetti quasi di una democrazia diretta, almeno nei limiti consentiti dalle dimensioni delle città.
Il sindaco di Roma, Ignazio Marino, è notoriamente estremamente attento a quanto desiderano i cittadini suoi amministrati e pertanto ha deciso di sostituire l’attuale logo della città, che dal 1884 li rappresenta, con uno nuovo. La funzione del nuovo stemma cittadino sarà quella di abbandonare la ieracità del vecchio con corona, scritta in latino e soprattutto con una croce per sostituirlo con uno vicino ai cittadini, ossia “relazionale”.
In effetti la corona rappresentando la monarchia, cioè quel potere non più di moda. Togliere.
La scritta in latino S.P.Q.R. è anzitutto incomprensibile visto che si tratta di lingua straniera morta. Che poi sia stata la lingua ufficiale dell’Europa per ben oltre un millennio dopo la scomparsa dell’Impero Romano poco cale. Togliere.
La croce è il simbolo di una particolare religione e quindi offende le anime pure degli atei e degli islamici, conseguentemente questi ultimi presi da indignato furore potrebbero commettere degli attentati. Magari proprio attaccando il sindaco! Togliere.
Bene, una vota depurato il simbolo della Città Eterna da quanto sconveniente, il problema è: cosa si pone nello scudo? Naturalmente deve rappresentare le aspirazioni cittadine e quindi oltre ad essere “relazionale” è necessario che contenga ciò in cui si riflette il popolo romano (il populus tolto dalla scritta in latino).
Dato che i romani sono notoriamente poliglotti e desiderano che la cosa sia nota “urbi et orbi” l’S.P.Q.R. sarà sostituito con un “ROME & YOU”, che si rivolge direttamente al lettore in segno di vicinanza e comprensione.
Forse per meglio rappresentare questo concetto sarebbe bene sostituire il “you” con l’arcaico “thou”, ossia quel “tu” ormai in disuso nella lingua inglese, ma abbondantemente usato dai romani, anche tra sconosciuti.
La croce essendo insostituibile viene semplicemente tolta senza rimpiazzi facendo così scomparire una delle caratteristiche di Roma, quella di avere nel suo seno un altro stato (S.C.V.) per di più simbolo di una delle più diffuse religioni. Che con la croce scompaia uno dei motivi per cui Roma è universalmente nota non importa.
Bene, a questo punto si pone il serio problema di cosa porre in luogo della corona. Pensa che ti ripensa il Sindaco Marino ha un’idea in grande ponendo al di sopra dello scudo cinque palle, probabilmente ignaro dei commenti salaci che la scelta implica. Ma però in passato una famiglia di banchieri fiorentini aveva per l’appunto proprio cinque palle come stemma ed erano pertanto noti come i “palleschi”, soprattutto in opposizione ai “piagnoni” di savonaroliana memoria. Quindi per evitare ogni inopportuna confusione con la cattiva genia dei banchieri, ecco che le palle assumono due colori diversi così da apparire psichedeliche. Proprio da drogati.
Allora, riassumendo il nuovo logo di Roma dovrà, secondo gli strateghi della comunicazione del Comune, rappresentare “una città multiforme e schietta, da vivere in tutte le sue espressioni, a cui dare del tu”.
Demenza acquistata ad alto costo! A proposito di questo aspetto, sembra giusto ai cittadini che il Sindaco abbia ad interessarsi dello scudo anziché delle strade cittadine groviera, della criminalità crescente, del degrado delle strutture urbane, dei Vigili Urbani in costante rivolta per le angherie subite, dei tombini ostruiti che allagano e tanti altri problemi irrisolti per la crisi finanziaria e per l’altissimo debito comunale. Debito per debito uguale spesa aggiuntiva per la sostituzione del logo.
La speranza del buon senso è riposta nell’opposizione in seno alla giunta capitolina. Speriamo bene dato che questo è l’ultimum agmen.
Immigrazione e Nazione
novembre 15, 2024