(di Clara Salpietro) – “Il profondo legame che unisce in un intimo ed indissolubile vincolo le Forze Armate, la Patria e il suo popolo è racchiuso nel Sacrario delle Bandiere delle Forze Armate”. Ad affermarlo è il direttore del Sacrario, colonnello Giovanni Greco, che domenica 24 maggio, anniversario dell’entrata dell’Italia nel primo grande conflitto mondiale, ha accolto i tantissimi visitatori, che per un giorno hanno voluto ripercorrere le gesta dei caduti italiani.
Il Sacrario delle Bandiere presso il Vittoriano, a Roma, custodisce, dal 1935, le Bandiere di Guerra dei reparti disciolti di Esercito, e sono rappresentate con le loro bandiere l’Aeronautica, l’Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza e Pubblica Sicurezza, le Bandiere di combattimento delle Unità in disarmo della Marina Militare ed inoltre all’interno si trova il Sacello del Milite Ignoto.
In questa struttura, che trasuda Storia, sono custoditi stendardi, labari, cimeli e pezzi artistici di fine manifattura tra cui i cofani portabandiera finemente cesellati. Lungo il percorso espositivo anche teche contenenti cimeli recuperati durante azioni di combattimento su diversi teatri di guerra.
Il Sacrario delle Bandiere è alle dipendenze del Raggruppamento Autonomo del ministero della difesa (RAMDIFE), al comando del brigadier generale Gerardo Restaino, e dipende dal Segretariato Generale della Difesa – Direzione Nazionale degli Armamenti.
Il Sacrario, come scrive il brigadier generale Restaino nella prima pagina della guida ‘Musei di Storia al Vittoriano’, “è un luogo particolare, sacro per i cittadini che credono nel proprio Paese; è il luogo che conserva il simbolo della Nazione: la Bandiera, non una ma tante bandiere…quelle dei vari reparti militari che hanno operato e combattuto dall’Unità d’Italia”. “È un luogo – conclude il comandante di RAMDIFE – che fa bene all’anima e alla mente. […] Dove soprattutto le nuove generazioni, possono toccare con mano valori immutabili quali l’onore che un Paese rende ai suoi caduti di sempre”.
Per capire bene che cosa è racchiuso in questo luogo ideato come tributo alla memoria, abbiamo intervistato il direttore del Sacrario, il quale, accompagnandoci nelle varie ali della struttura, attraverso racconti ed immagini ha ripercorso anni ed anni di storia che videro protagonista le “virtù patriottiche” degli italiani.
“Qui ci sforziamo di far ricordare e molto spesso conoscere il passato – esordisce il colonnello Giovanni Greco -. Scuole, università, associazioni e non ultimo visitatori e turisti vengono a visitare il Sacrario incuriositi da queste bandiere e dalla loro storia. Lavoriamo in stretta collaborazione con il Museo Centrale del Risorgimento, che conserva e tutela opere d’arte, cimeli e documenti del periodo risorgimentale, includendo anche un prezioso archivio. Insieme abbiamo realizzato la guida ‘Musei di Storia al Vittoriano‘ che ha avuto il suo battesimo proprio il 24 maggio”.
Qual è stata l’esigenza di avere un Sacrario delle Bandiere?
Il Sacrario delle Bandiere, ultimato nel 1935, nacque con lo scopo di custodire tutte le Bandiere di Guerra, a partire da quelle che erano state utilizzate durante le Battaglie risorgimentali per l’Unità e l’indipendenza dell’Italia. Sono state così raccolte le bandiere appartenute ai vari reggimenti disciolti al termine del primo conflitto mondiale e che erano confluite, nell’immediato dopoguerra, all’interno delle collezioni di Castel Sant’Angelo e che, in un secondo momento, vennero fatte pervenire al Sacrario. Una pratica che proseguì anche negli anni successivi con le bandiere degli altri Reggimenti disciolti al termine della Seconda guerra mondiale. Il sito prescelto per custodirle, accanto alla tomba del Milite Ignoto, voleva esaltare la funzione sacrale e simbolica della “Bandiera” che diventava il mezzo più semplice e diretto per commemorare il sacrificio e il coraggio dei tanti soldati italiani che avevano lottato sotto l’insegna del Tricolore per un comune senso della Patria alla ricerca della libertà.
Com’è suddiviso il Sacrario?
Il Sacrario, a cui si accede da via dei Fori Imperiali/via San Pietro in Carcere, è diviso in due parti. Partendo dal piano terra si può visitare il Museo Sacrario della Marina Militare Italiana. Qui sono custoditi alcuni dei cimeli più significativi dei due conflitti mondiali, tra cui parte del relitto del sommergibile Scirè, affondato nelle acque di Haifa nel 1942 e recuperato, insieme a 42 salme, nel 1984; il MAS 15 della medaglia d’oro Luigi Rizzo, utilizzato per l’affondamento della corazzata austriaca Szent Istvan il 10 giugno 1918; un Siluro a Lenta Corsa soprannominato Maiale, cioè un mezzo d’assalto subacqueo utilizzato per azioni di sabotaggio e incursioni in porti nemici. Insieme a questi cimeli la Marina custodisce anche le Bandiere da Combattimento delle navi da guerra poste in disarmo con i loro rispettivi cofani portabandiera, il particolare contenitore nel quale è custodita la bandiera ricevuta all’atto della sua entrata in servizio.
Al piano superiore sono custodite le Bandiere di Guerra dei reparti disciolti delle Unità di Esercito (Cavalleria, Genio, Artiglieria, Bersaglieri, Fanteria), oltre ad essere rappresentate anche la forza Armata Aeronautica, l’Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato. Inoltre all’interno del Sacrario è ubicato il Sacello del Milite Ignoto, la cui competenza tecnica ricade sotto l’organismo che sovraintende tutti i Sacrari d’Italia ed è il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra. Gli spazi intorno al Sacello sono stati valorizzati, mediante la realizzazione di un’area in cui i visitatori possono vedere il filmato che mostra il viaggio in treno da Aquileia a Roma della salma del Milite Ignoto. Grazie alle sinergica collaborazione con il Museo del Risorgimento, il Sacrario dispone di una copia di questo filmato, di grande impatto, in bianco e nero e senza il sonoro, che fa vedere il viaggio della salma, la sosta in ogni stazione, fino all’arrivo a Roma alla sua tumulazione nel centro dell’Altare della Patria alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.
Quante sono le parti di una bandiera e qual è la parte più importante?
Le tre parti di cui è composta la bandiera sono l’asta, il drappo e il puntale. A cui si aggiungono la cravatta e i cordoni. La parte più importante è il “puntuale freccia”, perché qui è incisa la storia della bandiera. Sulle faccette della base del puntale freccia, che è in bronzo dorato, oltre ai simboli dello Stato, sono incise le vicende a cui il reparto, custode della bandiera, ha preso parte; i posti dove l’Unità ha prestato servizio. Questo consente di fare uno studio geografico, quindi di conoscere il nome dell’Unità di appartenenza, dove era accasermata, le condizioni in cui quella Unità ha prestato servizio e molto altro. Tutto questo è storia. Pur stando in silenzio le nostre bandiere parlano. Inoltre nelle sale espositive sono presenti degli albi in cui è possibile leggere le menzioni delle medaglie di cui sono insignite le varie bandiere. Ad esempio la bandiera del 68º Reggimento fanteria Legnano ha ricevuto la medaglia d’argento al valor militare e nell’albo vi è copia del decreto di conferimento di tale onorificenza con la relativa motivazione. Questa bandiera è una tra le più storiche di quelle custodite nel Sacrario, e nella motivazione di conferimento della medaglia c’è scritto: “Unico reggimento di fanteria di linea cui venne riserbato l’arduo ed onorifico compito di rappresentare la fanteria Italiana tra le file degli eserciti Alleati, nell’intero ciclo della guerra per la liberazione d’Italia”.
Il 68º Reggimento fanteria Legnano è stato un reparto della disciolta Brigata meccanizzata “Legnano”, costituito per il Regio Esercito il 1º agosto 1862 con il nome Reggimento fanteria “Palermo”. Costituito come Reggimento fanteria “Palermo”, dopo aver partecipato alla terza guerra di indipendenza (1866), inviò i suoi reparti in Eritrea ed in Libia (colonie italiane), dal 1890 fino al 1945. Nella prima guerra mondiale il reggimento combatté nel Goriziano. Il 24 maggio 1939 il reggimento fanteria “Palermo” assunse la denominazione 68º Reggimento fanteria “Legnano”. Durante la seconda guerra mondiale operò sul fronte francese e sul fronte greco-albanese.
Di particolare interesse le bandiere lacerate dagli stessi militari catturati per nasconderle e non farle così cadere in mano al nemico, ogni singolo pezzo è stato custodito dai militari e a guerra finita la bandiera è stata ricomposta. Ogni bandiera può raccontare una storia. La bandiera rappresenta l’onore di una Unità ed è affidata e custodita dal Comandante di quella Unità.
Ogni oggetto custodito nel Sacrario non è fine a se stesso.
Dietro queste bandiere e questi cimeli ci sono centinaia di persone che hanno sacrificato la loro vita con atti di eroismo. Ci sono anche storie significative e commoventi, come ad esempio la storia del personale del ‘maiale’, chiamato così per il suo essere goffo, il quale era dotato di meccanica silenziosa, di strumenti di navigazione fosforescenti, mentre la sua testa era in realtà una capsula di tritolo di 300 kg, destinata ad essere sganciata tramite una braga di facile maneggio, quindi fissata con l’ausilio di un cavo sotto la chiglia del nemico. Quello che rimaneva di questo siluro doveva riportare l’equipaggio a terra. Alcune volte i piloti arrivavano allo stremo delle forze prima di raggiungere la carena del nemico. Quando ciò non succedeva, era probabile che terminassero ugualmente le forze fisiche dopo aver agganciato la carica: inermi e stremati venivano catturati a galla dai militari avversari a pochi metri dalla nave offesa. Juno Valerio Borghese racconta che: “L’equipaggio arrivava nei pressi del porto nemico in due modi diversi. Al contrario del personale ordinario, i piloti dei maiali non viaggiavano col sommergibile (che salpava da La Spezia), ma giungevano a destinazione con un volo aereo. Essi sarebbero stati sottoposti a prove fisiche e mentali immense. Si cercava perciò di risparmiargli la fatica del viaggio in mare. Una volta ricongiunti, grazie all’operato di una spia, si aspettavano le condizioni favorevoli all’offensiva. Tutto era calcolato in maniera maniacale”. Vedendo questo Siluro a Lenta Corsa penso ai piloti che prima di ogni attività sapevano già che il loro destino sarebbe stato quello o di morire o di essere presi prigionieri e quindi penso all’animo con cui si apprestavano a compiere la missione chiesta.
Nelle varie sale è presente anche un sistema multimediale interattivo che si integra con l’esposizione.
Sì, vi sono dei totem, touch screen, divisi in aree tematiche, con un’introduzione generale in cui viene spiegato al visitatore dove si trova, a seguire aree dedicate ai cimeli, alle reliquie, alle bandiere e anche la storia di alcuni reperti. Questo sistema permette di ricercare informazioni, navigare su contenuti per approfondimenti e visualizzare immagini, così da consentire agli utenti una maggiore fruibilità delle informazioni.
Siete soddisfatti dell’affluenza dei visitatori?
Tocchiamo punte molto alte. Certamente ci troviamo in un’area strategica, siamo al centro di Roma e l’Altare della Patria richiama molti visitatori. L’anno scorso abbiamo chiuso con circa 600mila visite, quest’anno siamo intorno ai 350mila. Domenica 24 maggio i visitatori sono stati 5.000.
Da parte della società si nota quindi un attaccamento alla storia delle Forze Armate?
Forse il primo richiamo ad avvicinarsi al Sacrario è di curiosità, in quanto in termini di conoscenza storica dei fatti d’arme ritengo si potrebbe aprire un momento di riflessione. Quello che constatiamo è tuttavia la volontà, il desiderio di ritrovare le proprie radici. Custodendo le bandiere dei reparti disciolti molti ex militari vengono a ricercare la bandiera del reggimento a cui appartenevano. Abbiamo visto nonni portare figli e nipoti e davanti una bandiera raccontare degli episodi del periodo in cui indossavano la divisa, creando così un collegamento di vita che spesso diviene storico e ciò mi sembra molto bello. Tutto questo dimostra la nostra italianità.
Foto©Clara Salpietro – cliccare sulle foto per ingrandirle