(di Roberto Falaschi) – Finalmente con l’arrivo dell’anno nuovo cessò il martellamento sulle polveri sottili, in particolare sulle PM10. Non era dato sapere ancora per quanto tempo, ma certamente presto sarebbe riemersa la così detta emergenza.
Così detta emergenza per il semplice fatto che nessun provvedimento efficace è mai adottato per prevenire l’inquinamento cittadino, limitandosi l’azione a blocchi della circolazione veicolare privata che ovviamente in nulla incidono sulla produzione di particolati e sulla loro permanenza nell’aria ed al suolo. Altro “provvedimento” sono bandi manzoniani sulla necessità di ridurre il riscaldamento domestico.
Qualsiasi combustione genera oltre al calore dei sottoprodotti più o meno nocivi per la salute, che in Italia possono essere così suddivisi a seconda dei “produttori” e in ordine decrescente.
Per il 41% da riscaldamento abitativo e produzione di calore, il 18% dall’industria, il 17% dal trasporto su strada, il 13% da agricoltura e foreste, il 9% da altri trasporti. Pertanto osservando questi dati si evince chiaramente che provvedimenti estemporanei e limitati sul traffico cittadino poco possono ottenere, ciò anche considerando che arresti parziali spostano l’orario dei movimenti e di poco la quantità in quanto i cittadini li anticipano o posticipano.
Resta solo il fastidio alla cittadinanza in generale ed il danno a commercianti e altri produttori di reddito. Sono quindi iniziative dannose per il fisco in quanto danneggiando la produzione di ricchezza diminuiscono il gettito erariale.
Appurato che il maggior generatore di inquinamento sono gli impianti di riscaldamento è su questi che sarebbe opportuno intervenire con provvedimenti effettivi e controllabili e non limitando le ore di accensione o la temperatura interna. In primis prevedere l’adozione di filtri allo scarico dei gas combusti che trattengano i vari particolati, a similitudine dei veicoli a combustione interna. Sarebbe un provvedimento relativamente poco costoso e di facile controllo periodico, oltre ad avere un impatto in tempi rapidi.
Varie città europee hanno degli inceneritori nella zona abitata senza che ciò provochi alcun problema di salute o inquinamento proprio per la presenza di filtri. Non è ipotizzabile che gli ecologisti italiani si civilizzino al punto di accettare quegli inceneritori in città che potrebbero produrre calore da inviare negli edifici circostanti con ciò non solo facilitando i controlli delle emissioni, ma al contempo procurando dei benefici di scala sui costi del riscaldamento e conseguente diminuzione dell’uso di combustibili fossili importati e contribuendo al contempo a risolvere il problema dei rifiuti urbani.
Altro beneficio sarebbe l’eliminazione delle spese di esportazione di quanto localmente combusto. Vari stati generano grossi redditi importando rifiuti che poi trasformano in calore da usare per vari servizi. Ma nessuno è più ceco di chi non vuol vedere e si priva ottusamente di una risorsa il cui uso peraltro sarebbe molto ecologico.
Ritornando alle automobili, sempre e comunque grandi colpevoli, sarebbe opportuno incentivare l’ uso di altri mezzi di spostamento, ma non tramite provvedimenti dittatoriali proibizionistici, bensì con l’offerta da parte dei comuni di soluzioni alternative convenienti. Naturalmente la più evidente è l’offerta di un trasporto pubblico celere e capillare attualmente assente nelle città italiane.
La mobilità pubblica dovrebbe avvenire prevalentemente nel sottosuolo con una fitta rete metropolitana che arrivi anche nelle estreme periferie e da supportare con parcheggi di scambio.
Il traffico privato cittadino può essere fluidificato con la costruzione di numerosi parcheggi pubblici sotterranei a tariffe orarie differenziate che consentano la riduzione delle soste a bordo strada con conseguente allargamento di queste ultime e l’eliminazione degli “intralcianti ricercatori di parcheggio”.
Una solida rete di metropolitana permetterebbe anche la diminuzione degli autobus urbani a combustione interna con la sostituzione dei rimanenti con quelli a trazione elettrica. Le soluzioni stanno in nell’offerte alternative e non nella dittatoriale proibizione che, oltretutto, genera povertà.
Una più funzionale rete pubblica di trasporto, sia di superficie che sotterranea, avrebbe anche il pregio di ridurre oltremodo quegli ingorghi che sono fonte sia di inquinamento, che di costi in termini di ore lavorative perse e di spreco di carburanti.
Fonte di inquinamento al massimo sono buona parte degli autobus del servizio pubblico urbano e suburbano la cui manutenzione essendo molto carente emettono una gran quantità di particolati. Il semplice fatto di sostituire gli iniettori con pochissima spesa consentirebbe un rilevante calo di emissioni oltre ad un notevole risparmio di combustibile. Perché non se ne fa nulla? Perché non si acquistano includendo nel prezzo la manutenzione per il numero di anni di prevedibile impiego?
Un lavaggio anche superficiale delle strade consentirebbe di inviare in fogna molto del particolato che il vento ed il passaggio dei veicoli solleva. Perché non si lavano le strade?
Alcuni comuni usano delle soffiatrici per rimuovere le foglie ed altro materiale causando così il sollevamento nell’aria respirata del particolato. Perché si prosegue nel loro uso sapendo benissimo che sono di fatto inquinanti? Come per la spazzatura l’inquinamento potrebbe essere utilizzato come fonte di reddito.
Per esempio esistono dei brevetti italiani, per lo più sconosciuti tanto in Italia quanto all’estero, di vernici in grado a mezzo fotosintesi di rendere possibile la trasformazione degli inquinanti pericolosi in Sali minerali idrosolubili. La tinteggiatura dei palazzi cittadini con tali vernici contribuirebbe allo smaltimento degli inquinanti e nel contempo contribuirebbe a far conoscere all’estero dei prodotti italiani da esportare.
La tanto vituperata moderna chimica offre tante soluzioni per combattere efficacemente ogni inquinamento, ma l’integralismo ambientale unito all’inerzia burocratica e legislativa rendono di fatto difficoltoso qualsiasi provvedimento attivo contro l’inquinamento a tutto scapito della salute in primo luogo, oltre che della diminuzione dello stress della vita delle metropoli soffocando al contempo qualsiasi iniziativa privata nel settore.
Non è certo incoraggiando la così detta decrescita felice che si potrà migliorare l’ambiente, anzi si andrebbe verso una infelice miseria.
Se gli amministratori nazionali e locali si dedicassero a proporre soluzioni attive attentamente valutate anziché dedicarsi a sterili polemiche e se ignorassero i soliti comitati del “no comunque” si potrebbe risolvere il problema dell’inquinamento con vantaggio per tutti sia come salute che come fonte di reddito e quindi di entrate per l’erario.
Purtroppo quello che avviene è l’imposizione da parte degli amministratori pubblici di inutili e dannosi blocchi di traffico, totali, parziali, targhe alterne e quant’altro al solo ed unico scopo di evitare accuse di immobilismo di fronte al problema e quindi essere citati in tribunale. In realtà è proprio per queste iniziative improvvide che dovrebbero essere incriminati.