(di Clara Salpietro) – La proiezione di “Ocho pasos adelante” (Otto passi avanti), il docufilm che la regista Selene Colombo ha prodotto con la sorella Sabina e dedicato alla diagnosi precoce dei disturbi dello spettro autistico, avvenuta a Roma il 2 aprile all’Auditorium del Massimo all’Eur, ha contribuito alla raccolta fondi per il primo progetto europeo sulla diagnosi precoce che coinvolge asili nido pubblici e privati.
Sui disturbi dello spettro autistico abbiamo intervistato la dottoressa Manuela Orrù, pediatra, consigliere Direttivo nazionale ACP (Associazione Culturale Pediatri) e socia ACP Lazio, la quale racconta come da decenni, “in molte Regioni italiane, ci sia un lavoro di diagnosi precoce, con segnalazioni al neuropsichiatra entro i 18 mesi da parte dei pediatri” e della nascita, quattro anni fa, di un “sito specifico dedicato ai Disturbi dello Spettro Autistico che periodicamente viene aggiornato”.
“I disturbi dello spettro autistico – ci dice la dottoressa Orrù – sono disturbi del neurosviluppo ad eziologia multifattoriale, per i quali sono ad oggi disponibili interventi che possono essere iniziati precocemente e che, sebbene non in maniera risolutiva, hanno dimostrato efficacia. L’orientamento attuale considera l’intervento precoce uno strumento per modificare positivamente il quadro sintomatologico del bambino, diminuendo la sua tendenza naturale all’isolamento e le difficoltà che incontra nel conseguire un adeguato apprendimento sociale. L’intervento precoce può di fatto limitare gli effetti secondari determinati dalla progressiva deprivazione sociale che ha un riconosciuto effetto sul normale corso dello sviluppo neuropsicologico. I pediatri, in particolare i pediatri di libera scelta, rappresentano un presidio strategico per il precoce riconoscimento di una atipicità nello sviluppo del bambino e per dare un adeguato sostegno alla famiglia nel percorso che eventualmente essa dovrà intraprendere”.
“I pediatri – aggiunge – debbono essere messi in condizione di poter esercitare questo importante ruolo, attraverso una formazione specifica sugli strumenti per la sorveglianza, per il follow up del bambino e per il counselling della famiglia. Debbono poter avere a disposizione in ogni ambulatorio la scheda valutativa del test M-CHAT, costituito da un insieme di item che valutano la relazione del bambino di 18 mesi con gli altri e con l’ambiente che lo circonda. Debbono poter essere sollecitati anche attraverso delle scelte di Politica Sanitaria, che deve rivedere i suoi investimenti economici rivalutando le scelte fino ad ora portate avanti e considerando le buone pratiche e le appropriatezze terapeutiche, primo elemento decisionale sulle spese della Salute Pubblica”.
Sul docufilm afferma: “L’importanza e la forza del progetto “Otto passi avanti” sposa appieno queste esigenze, perché propone una formazione non solo ai Pediatri, che già hanno opportunità di aggiornamento attraverso corsi e convegni periodici organizzati dalle Società Scientifiche, ma anche agli operatori di Asili Nido e alle figure adulte che si occupano dei bambini”. “Questo però non vuol dire – evidenzia – che in Italia non ci sia da decenni, in molte Regioni, un lavoro di diagnosi precoce, con segnalazioni al neuropsichiatra entro i 18 mesi da parte dei pediatri, e che non ci siano già esperienze positive di formazione scientifica come quella proposta dall’ISS in collaborazione con vari professionisti anche dell’ACP (Associazione Culturale Pediatri) e che non si limita all’organizzazione di corsi ma anche alla nascita, circa 4 anni fa, di un sito specifico dedicato ai Disturbi dello Spettro Autistico che periodicamente viene aggiornato, a cui poter accedere con facilità e che testimonia un lavoro importante sia scientifico che divulgativo tra le varie realtà che ruotano intorno ai bambini affetti (http://www.iss.it/auti/index.php?lang=1&a=link)”.
“Grazie all’entusiasmo contagioso di questo progetto – prosegue la pediatra – speriamo di riuscire a diffondere, ancora di più in Italia, la sensibilità ad una segnalazione precoce per i bambini affetti da disturbi dello spettro autistico tra i vari operatori che si occupano dell’infanzia. Questo è solo un inizio, il problema che ci si pone ora è la presa in carico di questi pazienti, che spesso rimangono senza aiuto per le poche risorse che sono dedicate alla riabilitazione e terapia, e le grandi differenze di offerta nelle varie regioni italiane. Non dimentichiamo che possiamo e dobbiamo intervenire precocemente per migliorare la qualità di vita di questi bambini, perché presto diventeranno adulti e che come persone adulte con disturbo dello spettro autistico possono presentare, livelli di gravità diversa, problemi di tipo sociale, emozionale e nella capacità di comunicare. Spesso presentano comportamenti ripetitivi e una difficoltà nel cambiare le loro attività quotidiane. Le persone con questo disturbo presentano, inoltre, modi differenti di apprendere, di concentrarsi e di reagire agli stimoli”.
“Le persone adulte con disturbi dello spettro autistico – conclude la dottoressa Manuela Orrù – rimarranno con noi molto più dei bambini e per questo dobbiamo lavorare noi come pediatri, attraverso una segnalazione precoce, i neuropsichiatri attraverso una disponibilità alla diagnosi precoce e alla terapia adeguata, gli operatori, i terapisti, gli assistenti sociali attraverso un pronto intervento, ma in special modo devono lavorare i nostri legislatori, i nostri politici che si occupano di Salute Pubblica attraverso scelte mirate per poter aumentare le disponibilità di servizi e di strutture che lavorino in ambito di Salute Mentale e riabilitazione così da avere degli adulti con disturbo dello spettro autistico più autonomi”.
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