(di Roberto Falaschi) – Ogni organizzazione necessita in primo luogo di una solida struttura di gestione interna per poter sopravvivere e quindi proiettare la propria immagine ed attività verso l’esterno. Parimenti uno Stato abbisogna primariamente di un governo stabile e solido per gestirsi e quindi potersi confrontare con le altre entità statuali tramite una valida politica estera, nonché delle Forze Armate dotate di valida struttura, equipaggiamenti, addestramento e credibilità che vengano impiegate, se del caso.
Per quanto attiene all’Italia sembra superfluo esaminare la solidità del governo ed il prestigio interno ed internazionale dei suoi membri. Tali debolezze portano ad essere “un peso piuma” in ambito internazionale con relativa esclusione dai convegni ove si tende ad adottare decisioni importanti concernenti anche l’Italia. Vedi i vertici sull’Ucraina, sulla crisi greca, sull’accordo relativo al nucleare con l’Iran e da ultimo il vertice di Bruxelles sulla questione dei migranti al quale hanno preso parte Germania, Austria ed i paesi balcanici, comprese la Serbia e la Macedonia extra U.E. Le decisioni di questo vertice porteranno un grosso afflusso di migranti alle frontiere orientali dell’Italia, ma il governo….dorme.
Appurate le debolezze e la scarsa considerazione in cui è tenuta l’Italia nel consesso delle nazioni, vediamo qual è lo stato delle Forze Armate italiane anche in prospettiva.
Il primo elemento da considerare è, ovviamente, la spesa destinata al sistema militare. Nel 2014 l’ammontare finanziario destinato al Ministero della Difesa è stato di quasi trentuno miliardi con un calo dell’8,8% sul bilancio precedente, ma, cosa assai seria, si è registrato un -27% considerando il passato decennio. Ossia ben oltre un quarto del totale!
Tra i principali paesi che hanno registrato una diminuzione del bilancio militare il più consistente lo ha effettuato nello stesso periodo la Gran Bretagna limitandosi però ad un -5%, comunque su stanziamenti ben più sostanziosi.
In Italia quando si discute di contrazione della spesa pubblica viene immediatamente proposta una riduzione del bilancio delle Forze Armate senza minimamente considerare gli effetti che essa può provocare direttamente ed indirettamente sia sui piani economico interno che sull’esportazione degli equipaggiamenti e dei sistemi d’arma.
L’Italia dispone di un sistema produttivo nel settore che però per poter esportare abbisogna di “pubblicità” e quella vera è data dall’acquisizione dalle proprie Forze Armate del materiale nazionale. Conseguentemente un mancato o ridotto o ritardato ammodernamento del materiale delle Forze Armate implica una maggiore difficoltà ad esportare con conseguenze rilevante sul P.I.L.
Sul piano dell’efficienza militare un bilancio inadeguato implica scarso addestramento, soprattutto per l’impiego del materiale più sofisticato e dispendioso, oltre un non adeguato mantenimento operativo dei mezzi con conseguenze facilmente intuibili.
Nel contesto mondiale attuale appare una vera incoscienza trascurare lo strumento militare quando soprattutto ai confini meridionali ed orientali dell’Italia delle minacce di guerra sempre più probabili si vanno accumulando. Ne è anche segno evidente l’aumento consistente dei bilanci militari di alcune nazioni importanti sulla scena mondiale quali Russia (+97%), Cina (+167%), Arabia Saudita (+112%), che cumulativamente comunque non raggiungono che il 60% dell’ammontare del bilancio militare U.S.A., e ciò malgrado i tagli degli ultimi anni.
Ma sicuramente il segnale maggiormente preoccupante del peggioramento globale dei rapporti internazionali è dato dal Giappone che ha modificato la sua costituzione in modo da poter impiegare all’estero contingenti militari in operazioni belliche.
Le cifre dei bilanci militari sono difficilmente confrontabili fra stati diversi e vanno intese a titolo indicativo della efficienza e capacità operativa militare. Infatti non tutti i bilanci contengono le stesse voci ed un esempio classico sono le spese per il personale escluse da molti bilanci militari, o delle pensioni, o delle spese sanitarie, mentre per esempio i costi per la ricerca sono spesso suddivise tra diversi dicasteri. Inoltre la differenza dei salari e stipendi incidono in maniera alquanto differente sul costo dell’apparato militare, per citare solo pochi esempi.
Per quanto riguarda l’Italia, resta il punto fermo di varie forze politiche per le quali le spese per la difesa sono superflue rappresentando uno spreco dato che si tratta di un Paese amante della pace, che, apparentemente , esclude per costituzione la guerra. Tanto è male interpretato il concetto che l’Italia ripudia la guerra che l’unica volta che la legge fondamentale della Repubblica utilizza la parola “sacro” è per precisare che “…è sacro dovere del cittadino la difesa della Patria”.
Pertanto è anche sacro dovere del Parlamento e del Governo nazionale fornire al cittadino, per quando si dovesse presentare la necessità, ogni utile adeguato strumento per assolvere quel dovere. Ciò al fine di non violare scientemente i dettati della Costituzione.
E’ però altresì dovere dei gestori della cosa pubblica far sì che il Paese progredisca socialmente ed economicamente. Devono quindi essi gestori rendersi conto che ogni cento milioni di fatturato dell’industria della difesa ne generano centocinquanta di P.I.L. assicurando al contempo varie migliaia di impieghi molto qualificati.
E’ comunque responsabilità dei governanti ove in caso di necessità il Paese si dovesse trovare non adeguatamente preparato per la propria difesa con conseguente inutile decesso di numerosi cittadini.
Ad aggravare una situazione della difesa assai preoccupante si aggiunge l’aspirazione di numerosi politici, ideologicamente condizionati, che aspirano a trasformare le Forze Armate Italiane in una sorta di servizio civile armato (possibilmente il meno possibile).
Ove questi “signori” riuscissero in qualche modo a realizzare le proprie aspirazioni si aprirebbero le scommesse presso tutti i bookmakers per stabilire quale parte dell’Italia andrebbe a chi. Naturalmente in questa sciagurata ipotesi detti “signori” sarebbero i primi a sparire dalla scena politica. Unico aspetto positivo di un tale sciagurato evento.
Così come se abolissero il codice penale e le Forze dell’Ordine scomparirebbe la pace pubblica, così la scomparsa delle Forze Armate causerebbero la scomparsa della Nazione. In definitiva l’apparato militare ha la funzione di una polizza assicurativa. E’ auspicabile che non serva, ma nella malaugurata ipotesi che si verificasse l’evento negativo è bene che ci sia.
Resta sempre attuale il detto romano “si vis pacem, para bellum”.
Il capo di stato maggiore della Difesa: sì a ridurre le spese, no al risparmio sull’addestramento
aprile 24, 2015