(di Roberto Falaschi) – E’ recentemente esploso il caso dell’ex primo ministro del Granducato del Lussemburgo ed attuale presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker. Egli è apertamente accusato di aver favorito l’installazione di imprese e privati nel Granducato con facilitazioni fiscali e ciò a scapito degli introiti erariali di altri Paesi dell’Unione Europea.
In primo luogo non esiste una normativa fiscale unica nell’ambito dell’Unione. Fortunatamente.
In secondo luogo non si vede perché la concorrenza fra gli Stati non possa esprimersi anche nel settore fiscale. D’altra parte in qualità di Primo Ministro del Lussemburgo, dal 1995 al 2013 ossia per ben diciotto anni, Juncker aveva il dovere ed il diritto di favorire lo sviluppo del Granducato e non di assecondare le burocrazie fiscali straniere, quindi con il suo comportamento ha agito nell’interesse dei cittadini lussemburghesi, che non possono non essergli grati per l’accresciuto benessere. Sotto la guida di Juncker, il Lussemburgo è diventato il più grande paradiso fiscale europeo e quindi il principale percettore di capitali e di imprese di cittadini stranieri che vi hanno posto la residenza.
A questo punto è però importante domandarsi perché esistono i paradisi fiscali e che comporti per la popolazione di questi paradisi questo stato di cose. Il granducato non è un’isoletta spersa nel Mar dei Caraibi o uno staterello lungo le coste di qualche continente, ma uno dei Paesi più economicamente sviluppati d’Europa e per giunta uno dei fondatori dell’odierna Unione Europea con un livello di vita degli abitanti di tutto rispetto, anzi tra i più alti d’Europa e con servizi di prim’ordine.
Per essere un paradiso fiscale deve necessariamente avere un basso tasso impositivo e quindi lo Stato non dovrebbe incassare grandi somme da cittadini ed imprese, ma in realtà succede proprio il contrario, perché con tale politica disincentiva quell’investimento ad altissimo rendimento che è l’evasione attraendo contemporaneamente capitali. Come se ciò non bastasse ha anche un grande risparmio nel non dover correre dietro ogni contribuente angariandolo con leggi capestro, inversioni delle prove ed accertamenti a non finire, il tutto al limite, se non oltre, le libertà costituzionali come avviene altrove.
Addirittura in molti Paesi la polizia fiscale ha poteri, negati alle Forze dell’Ordine nel corso delle loro indagini. D’altra parte non si può sostenere che il cittadino lussemburghese non goda dei necessari servizi statali e di un welfare adeguato. Poche tasse, pochissimi sprechi ed una minima burocrazia efficiente. Il Lussemburgo che ha ben capito la curva di Laffer ha basse tasse ed il livello di evasione fiscale del 3%, il più basso tra i Paesi dell’U.E..
In Italia si considera intorno al 21%, leggermente inferiore alla media U.E..
Se il Granducato può garantire ai propri cittadini un alto tenore di vita con una bassa tassazione, perché gli altri Stati non possono fare altrettanto? Questo è il punto cruciale della questione. Dato per scontato che lo Stato per definizione è meno efficiente di un privato nello spendere, perché negli altri Paesi la tassazione ha raggiunto livelli tali che spingono chi può ad evadere i pagamenti, totalmente o almeno in parte?
La risposta non potrebbe essere più semplice: “Perché la mala gestione non consente una tassazione equa”.
Se lo Stato spende male i soldi ed i privati li utilizzano meglio, non sarebbe più opportuno lasciarli a questi ultimi? Naturalmente non scordiamoci mai che ovunque i politici per motivi elettorali tendono a far beneficenza con i soldi altrui, ossia fanno beneficenza con i soldi dei beneficiati !!!
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maggio 23, 2015