(di Clara Salpietro) – La cooperazione militare tra Italia e Giordania, la figura in ambito diplomatico dell’Addetto militare e la crisi siriana sono i temi affrontati in una intervista con il colonnello Lucio Gatti, che dal 13 settembre 2010 è l’Addetto per la Difesa, l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica presso l’Ambasciata d’Italia ad Amman, nel Regno Hashemita di Giordania. (nella foto a sinistra il Colonnello Gatti e il Re di Giordania Abdullah II)
Nato a Treviso e laureato in Scienze Strategiche, un Master di 2° Livello in Scienze Strategiche, il colonnello Gatti è appassionato di Storia Militare con particolare riguardo alla 1^ Guerra Mondiale, ama l’escursionismo in montagna e visitare i campi di battaglia della Grande Guerra. È sposato con la signora Michela ed è padre di Alice, Camilla, Alvise e Leonardo.
Nel 1983, dopo aver prestato servizio di leva come Ufficiale di Complemento nell’Esercito, viene ammesso ai corsi regolari dell’Accademia Militare di Modena da cui esce come Sottotenente di Fanteria nel 1985.
Al termine del corso presso la Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, nel 1987 viene promosso Tenente degli Alpini e assegnato come Comandante di Plotone al Battaglione Alpini “Tolmezzo” a Venzone (UD) e subito dopo diviene Comandante della 6^ Compagnia “La Bella” che comanderà anche nel grado di Capitano fino al 1995 quando viene inviato alla frequenza del Corso di Stato Maggiore presso la Scuola di Guerra di Civitavecchia.
Come Comandante di Compagnia, partecipa nell’estate del 1993 ai “Vespri Siciliani”, tra le prime unità ad essere impiegate e vi ritornerà poi nell’estate del 1995.
Nell’inverno 1993-1994 viene impiegato con la propria Compagnia in Mozambico per l’Operazione ONU di Peacekeeping ONUMOZ dove assume la responsabilità dell’area di Beira.
Dopo la Scuola di Guerra, nel 1996, viene assegnato al Comando Brigata Alpina “Julia” a Udine come Ufficiale Addetto alle Operazioni e dove lavora alla costituzione della Multinational Land Force tra Italia, Ungheria e Slovenia, all’epoca non ancora membri della NATO.
Nell’inverno 1997-1998, viene impiegato nella SFOR NATO a Sarajevo (Bosnia), come Capo Sezione Piani presso il Comando della Brigata Alpina “Taurinense” dove, nel frattempo, viene promosso Maggiore.
Dal 1999 al 2000, il Maggiore Gatti frequenta il 2° Corso ISSMI a Roma, dopo il quale, promosso Tenente Colonnello, viene assegnato al NATO CJTF Striking Fleet Atlantic in Norfolk (Virginia – USA) fino al 2003 come Chief Land Operations.
Rientrato in Italia, comanda il Battaglione Alpini “Tolmezzo” con il quale viene impiegato nell’operazione NATO di Peacekeeping in Kossovo.
Nel 2004 viene assegnato al Comando Truppe Alpine di Bolzano, dove, nel 2005 assume l’incarico di Capo Ufficio Personale. Nel 2007 il Tenente Colonnello Gatti viene impiegato presso la Military Strategic Cell per l’Operazione UNIFIL al Quartier Generale delle Nazioni Unite a New York (USA).
Nel frattempo viene promosso Colonnello e, al rientro in Italia, nell’ottobre viene assegnato come Comandante al 3° Reggimento Alpini a Pinerolo, fino all’ottobre 2009. Tra il 2008 e il 2009 viene impiegato per 7 mesi in Afghanistan con il suo Reggimento, come Comandante di ITALFOR XIX e come National Contingent Commander in Kabul.
Il colonnello Gatti è insignito di: Croce di Bronzo al Merito dell’Esercito; Croce di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; Medaglia di Bronzo per Lungo Comando (10 anni); Croce d’Oro per Anzianità di Servizio nell’Esercito (25 anni); Medaglia Commemorativa per le Operazioni in Afghanistan; Croce per le Operazioni di Pace (più di 4 missioni); Medaglia Commemorativa per le Operazioni di Ordine Pubblico; Medaglia NATO per ISAF; Medaglia NATO per il Kossovo; Medaglia NATO per i Balcani; Medaglia ONU per ONUMOZ; Medaglia ONU per il servizio prestato presso il DPKO; Medaglia Statunitense per “Meritorious Service”; Medaglia Francese “Mèdaille de la Défense Nationale”; Medaglia Bulgara per le Operazioni di Pace.
Colonnello Gatti, quali sono i punti centrali della cooperazione militare tra Italia e Giordania?
I rapporti in ambito militare tra Italia e Giordania si basano su un accordo di cooperazione firmato tra i due Paesi nel giugno 2002 e ratificato dai due Parlamenti nel 2004. L’aspetto significativo di tale relazione è la stesura del Piano di Cooperazione Bilaterale Annuale che avviene con un riunione tra rappresentanti dei due Stati Maggiori della Difesa che si tiene alternativamente nelle rispettive Capitali l’anno precedente.
Tale riunione, giunta quest’anno alla sua 10^ edizione e che si è tenuta ad Amman a fine ottobre scorso, si prefigge lo scopo di valutare lo stato delle attività svolte nel corso dell’anno e di pianificare quelle per il successivo. Tali attività si concretizzano in scambi di esperienze nei vari settori, riunioni di esperti, brevi periodi di addestramento congiunto, visite ad Enti, Reparti e Scuole Militari, nonché partecipazione ad esercitazioni sia come osservatori che come attori. Per il 2012 erano state pianificate ben 38 attività bilaterali di cui 22 di previsto svolgimento in Italia e 16 in Giordania con un incremento di quasi il 15% rispetto all’anno precedente. Oltre l’80% delle attività pianificate è stato completato con successo.
Per il 2013 sono state concordate 23 attività in Italia e 12 in Giordania ed è inoltre stata comunicata la proposta formativa con l’offerta di corsi presso gli Istituti di Formazione e Centri di Addestramento Italiani e posti presso le nostre Accademie Militari per personale delle Forze Armate Giordane per l’Anno Accademico 2013 – 2014.
Attualmente sono 19 i “cadetti” Giordani che frequentano l’Accademia Militare di Modena e la Scuola di Applicazione dell’Esercito di Torino, l’Accademia Navale di Livorno e l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, distinguendosi, tra l’altro, per gli ottimi risultati scolastici e per l’alto profilo disciplinare.
Può spiegare l’importanza del ruolo svolto dall’addetto militare nel panorama diplomatico-militare italiano in Giordania?
L’addetto Militare è in pratica il link privilegiato tra i due Stati Maggiori in quanto la quasi totalità delle comunicazioni passa attraverso il mio Ufficio. Tra l’altro la Giordania ha solo da quest’anno un addetto Militare presso la propria Ambasciata a Roma e pertanto molte delle comunicazioni che riguardano attività in Italia ancora transitano attraverso questo Ufficio. Sebbene la regola sia che le comunicazioni tra i due Paesi avvengano attraverso gli Addetti Militari, normalmente si accettano anche gli scambi diretti tra gli Enti e i Reparti dei due Paesi, una volta che il contatto iniziale viene stabilito tramite l’Addetto. Nonostante ciò i Giordani preferiscono sempre riferirsi all’Addetto Militare, pertanto il nostro impegno nei rapporti militari tra Italia e Giordania è sicuramente significativo. C’è da considerare poi che (e questo è certo soprattutto per i Giordani) è sempre preferibile il confronto personale diretto alla lettera o e-mail, anche se talvolta ovviamente la particolarità e la natura essenzialmente tecnica degli argomenti richiederebbe l’intervento degli esperti di settore. Il contatto diretto è infatti insostituibile per costruire un rapporto di fiducia e confidenza reciproca che sta alla base delle relazioni internazionali ed è l’unico strumento a volte per risolvere malintesi o fraintendimenti.
In ambito diplomatico la figura dell’Addetto è più che mai necessaria quando un Paese decide di estendere le relazioni all’ambito militare tramite la propria Ambasciata. I militari infatti, al di là della loro formazione culturale o provenienza, utilizzano un linguaggio pressoché comune come pure comune è la base di valori su cui si fonda il loro stile e comportamento e questo facilita i rapporti sia con le Forze Armate del Paese ospitante sia con i colleghi in servizio presso le altre Ambasciate.
Gli scambi, i colloqui e le attività con gli altri Addetti, non solo tra quelli delle Nazioni alleate, comunque essi avvengano (riunioni, ricevimenti, visite, esercitazioni, ecc.) sono, infatti, la fonte primaria delle informazioni necessarie a delineare un quadro di situazione non solo militare, ma anche politico, economico, sociale e culturale del Paese di accreditamento.
Quali sono le ripercussioni in Giordania degli eventi in Siria?
La Giordania è il Paese che allo stato attuale è riuscito mantenere una certa stabilità interna tra i Paesi coinvolti nella cosiddetta “Primavera Araba”, nonostante che il vento delle riforme e del cambiamento si sia anche qui fatto sentire e questo è sicuramente stato influenzato dall’atteggiamento aperto della Monarchia Hashemita che rimane al momento ancora un punto di riferimento per tutti i giordani.
Ciò nonostante, anche la Giordania risente della crisi economica mondiale e questa deteriora le condizioni di vita di una grossa fetta della popolazione. La crisi Siriana è giunta in un momento in cui la Giordania era già in difficoltà e l’afflusso di un ingente numero di profughi in un Paese privo di risorse con una popolazione di circa 6 milioni e mezzo di abitanti sta costituendo un peso difficile da sopportare.
Si parla infatti di circa 400.000 profughi registrati presso l’UNHCR, ma bisogna considerare che fino a quest’estate la Giordania ha perseguito una politica di frontiere completamente aperte e un consistente numero di siriani è entrato nel Paese contando sull’ospitabilità di parenti ed amici (la frontiera con la Siria è sempre stata teorica e nell’area della stessa tra i due Paesi le famiglie e le tribù si distribuiscono senza nessuna considerazione per i confini). Il carico sociale comincia perciò a farsi sentire, incidendo significativamente sull’uso delle scarse risorse idriche, sull’economia locale e sul mercato del lavoro. E i promessi aiuti internazionali sono arrivati solo in minima parte finora. Nonostante ciò la popolazione Giordana continua comunque a fornire aiuto e assistenza ai siriani con uno slancio e una generosità che sono una caratteristica della gente di questo Paese. C’è inoltre il timore che la “guerra” siriana possa prima o poi esportare la violenza anche in Giordania, anche e se l’attuale regime dovesse cadere, ma d’altra parte c’è una diffusa fiducia negli apparati di sicurezza locali e nelle Forze Armate che rimangono un’istituzione considerata e amata dalla popolazione.