(di Gianni De Petris – 1° parte) – La moneta: le origini – Cosa è la moneta? È un mezzo universale di pagamento, ovvero è un bene accettato da tutti i membri di una società come corrispettivo per la cessione di merci, per la prestazione di servizi o per la remissione di debiti. Possiamo definire la moneta una convenzione istituzionale, cioè “tutto ciò che viene generalmente accettato in pagamento di beni o in adempimento di altre specie di obbligazioni pecuniarie”. Le sue funzioni sono principalmente tre:
– Unità di conto: è l’ unità di misura del valore dei beni da scambiare; in questo modo tutti i beni esistenti vengono misurati con la stessa unità.
– Strumento di pagamento: tramite il quale è possibile scambiare i beni in qualsiasi quantità e tempo; ogni bene viene misurato e riceve un prezzo in base alle unità di moneta necessarie per acquistarlo.
– Riserva di valore: la moneta mantiene il valore nel tempo, può essere conservata ed utilizzata nel futuro senza che si deteriori. Chi accetta la moneta in cambio di un bene o servizio è certo che, successivamente potrà utilizzare quella moneta ricevuta in cambio di altri beni o servizi.
Comunemente siamo abituati ad usare due termini “denaro” e “moneta” i quali sembrano sinonimi, ed in inglese non c’è modo di distinguerli. In realtà il denaro è l’unità di misura o di conto del valore, mentre la moneta è il documento fisico che garantisce tale unità di conto, siano esse monete metalliche, banconote, certificati ecc…ecc… Tutti noi usiamo i soldi quotidianamente e ne comprendiamo più o meno esattamente il valore, con la sensazione che essi abbiano assunto una grande importanza nella nostra società, tanto che alcuni affermano che le moderne società sono fondate sul denaro.
Oggi, pertanto, una società, una qualsiasi struttura di convivenza umana in cui la moneta non esista, è totalmente inconcepibile. Per noi è naturale pagare un bene e stimare il valore di un oggetto in euro – in dollari – in sterline o in qualsiasi altra moneta circolante sul nostro pianeta, e quindi la vediamo come una cosa che da sempre è presente nella storia dell’ uomo, come qualcosa di peculiare di ogni civiltà evoluta.
Questa affermazione è però vera solo in parte, dal momento che la moneta è sì elemento caratteristico di una civiltà avanzata, ma non tutti i grandi popoli del passato la utilizzarono. Un esempio significativo: i Cartaginesi, nonostante fossero i più attivi mercanti del mediterraneo iniziarono a coniare moneta solo nel IV secolo a.C. e, cosa ancora più incredibile, non per fini commerciali, ma al solo scopo di pagare truppe mercenarie. È lecito chiedersi: come gestivano gli antichi i loro traffici se non disponevano di mezzi di scambio? Chi ha inventato la moneta? Come mai in seguito si diffuse a tal punto che ancora oggi noi la usiamo? Approfondire questi temi richiederebbe molto tempo pertanto mi limiterò a fare una breve cronistoria per arrivare a comprendere il potere devastante della moneta.
Pur evocando il mito “dell’invenzione della moneta” passando attraverso figure storico-leggendarie quali Teseo, Fidone d’Argo o da Aliatte a Creso, possiamo affermare che la moneta non fu propriamente “inventata”, ma fu il punto d’arrivo di una evoluzione dei mezzi di scambio durata millenni che, a partire dal semplice baratto di merce contro merce, si evolve a – una merce che svolge le funzioni della moneta, chiamata “moneta naturale”, prosegue in quello che sarà una “moneta utensile” fino all’utilizzo, in particolare modo per i traffici (fra altri popoli), di veri e propri lingotti in oro o argento; questo è il preludio al passo successivo cioè: a vere e proprie monete coniate in metalli preziosi e non, fino a giungere ai giorni nostri con l’avvento delle carte di credito ed in particolare della “moneta virtuale”.
Nessun popolo antico ha saputo sottrarsi, nelle prime fasi della sua esistenza, alla legge naturale del baratto. Popoli di antichissima civiltà riuscirono ad instaurare legami economici, anche molto complessi, pur non conoscendo la moneta, ma basando le transazioni sul semplice scambio di merci.
I Fenici installavano sulle coste dei popoli barbari dei veri e propri mercati del baratto: i loro prodotti lavorati in cambio di materie prime che in quei luoghi si trovavano in abbondanza. Testimonianze dell’uso del baratto si hanno da figurazioni rinvenute in Egitto, così come i Cartaginesi basarono sul baratto la massima parte dei loro traffici. È evidente che questa forma di commercio presentava grossi inconvenienti, in particolare modo per le popolazioni che definiremo stanziali, le quali non erano solite intraprendere lunghi viaggi a fini commerciali.
Tali popoli si trovavano spesso a disporre di una derrata in sovrabbondanza senza avere il bisogno di uno specifico baratto. Da qui la necessità di definire una particolare merce che servisse al tempo stesso da mezzo di scambio, da scala comparativa del valore delle merci e che non fosse facilmente deperibile. Una merce che svolgesse le funzioni proprie della moneta, cioè la già sopracitata “moneta naturale”.
La scelta della derrata da usarsi come moneta naturale è variata secondo i luoghi ed i tempi ma si è sempre orientata su un prodotto ricercato ed abbondante.
Gli antichi abitatori del Mediterraneo si sono rivolti con preferenza al bestiame, il quale per la sua utilità e per la sua abbondanza ha riscosso ovunque ampio favore. Testimonianze in proposito ci vengono da antichi testi ma soprattutto dal linguaggio.
Pecunia – denaro deriva dal latino pecus (gregge) termine dal quale deriva la parola peculato/concussione (nel Diritto Romano il peculato – peculatus era in origine il delitto di chi s’impadroniva di pubblico bestiame, e solo successivamente del pubblico denaro).
Calcolare la ricchezza in capi di bestiame (capita) è derivato poi il termine capitale.
Il bestiame rappresentò dunque la prima moneta dell’uomo, ma presto ci si accorse che qualcosa non andava; tutto procedeva bene se un tale acquistava (per es.) tanto grano quanto poteva valere un bue. Ma se la quantità di grano era inferiore? C’erano, questo è vero, alcune corrispondenze fisse (10 pecore valevano un bue), ma sta di fatto che non era possibile dividere un animale senza che questo perdesse valore. Ci si accorse allora che i metalli presentavano, rispetto al bestiame, notevoli vantaggi come mezzi di scambio. Non solo erano più facili da trasportare, ma le loro qualità intrinseche ne determinarono il primato su qualsiasi altra merce-tipo. Erano inalterabili e non richiedevano manutenzione, non si deterioravano, erano facilmente riconoscibili dall’aspetto, dal suono e dal peso. Una volta scelto il materiale o i materiali si cercò la forma che ne rendesse più comodo l’utilizzo. Si passò così dalle varie forme di “monete utensili” a forme come “anelli” che ne consentivano un facile trasporto fino a giungere con le “polis” ad una moneta vera e propria simile a quella che ancora oggi noi conosciamo ed utilizziamo.
Ogni polis mantenne il proprio sistema di pesi ed anche se l’unità di base della moneta delle polis greche era la “Dracma” la stessa aveva un peso diverso a seconda della città che la emetteva. Curiosa l’origine del nome: Dracma da drax (manciata) fa riferimento con ogni probabilità alla moneta utensile “spiedo” ed a quanti spiedi può portare una mano; un sottomultiplo della dracma è “obelos” in greco appunto spiedo.
Ogni polis aveva una propria moneta caratterizzata da un peso e da una figurazione particolare. La moneta non era solo uno strumento economico, ma divenne un segnale dell’esistenza e dell’autonomia della polis stessa.
Ogni città, ogni popolo, ogni Regno o Impero battevano una propria moneta cercando di caratterizzarla e di renderla immediatamente riconoscibile a chi la teneva in mano. Venivano coniate, prevalentemente, in oro/argento/bronzo e rimarranno invariate nei secoli, sostanzialmente identiche a quelle dell’Impero Romano. Forse la più importante innovazione può essere considerata la “zigrinatura”; con questo termine si intendono quelle incisioni trasversali che ancora oggi si trovano lungo il bordo delle monete. Questo stratagemma volle porre rimedio nel XVI secolo, al dilagante fenomeno della “tosatura”.
Era infatti abitudine, per ottenere polvere di metallo prezioso, raschiare le monete d’oro lungo il bordo, causando di fatto una diminuzione di peso delle monete stesse. Con la zigrinatura questa operazione divenne impraticabile, ed ancora oggi rimane sulle nostre monete una traccia di quel periodo in cui il valore delle monete era dato dal materiale di cui era fatto.
Con questa affermazione siamo arrivati al “valore intrinseco” della moneta. Infatti originariamente il valore della moneta corrispondeva al valore del metallo prezioso utilizzato per coniarla, chiamato appunto “valore intrinseco”: una moneta composta dagli stessi grammi d’oro valeva di più di una moneta composta dagli stessi grammi d’ argento e molto di più di una di bronzo. Permettendoci una piccola parentesi affermiamo che tale valore, come si può ben capire, riguarda esclusivamente la moneta metallica (oro/argento), poiché quella che noi oggi maggiormente conosciamo, cioè la moneta cartacea ha un infimo valore intrinseco.
Tale corrispondenza di valore era una garanzia per i commercianti che accettavano con sicurezza il pagamento con monete di metallo prezioso, dato il loro riscontrabile valore. Possiamo quindi accostare il concetto di valore intrinseco (anche chiamato valore d’uso) al costo di produzione della moneta. Comprendere questo concetto è essenziale per capire che cos’è il signoraggio che tratteremo più avanti.
Altro aspetto fondamentale della moneta è il suo “valore estrinseco”. Durante il medioevo si inizia a vedere la differenziazione tra valore intrinseco e valore estrinseco, cioè il valore di scambio attribuito alla moneta, anche chiamato valore nominale.
Ciò accade quando gli Stati iniziarono a mescolare metalli non preziosi all’oro e all’argento nelle monete che venivano considerate di pari valore a quelle costituite da solo oro e/o argento. Le prime pur avendo un valore estrinseco pari alle seconde, hanno un costo di produzione (valore intrinseco) minore. Molti commercianti non accettavano tali monete poiché erano fortemente legati al valore intrinseco della moneta: un principio di economia reale oggi praticamente scomparso.
I principali sistemi monetari affermatisi nel corso della storia sono:
Il sistema monometallico – È, se vogliamo, il più perfetto dei sistemi monetari metallici. In esso circola un solo tipo di moneta, d’oro o d’argento, avente potere liberatorio illimitato, e prevede una completa libertà d’importazione, esportazione, coniazione e fusione delle monete. Il valore nominale (estrinseco) della moneta d’oro o d’argento è rappresentato dalla cifra impressa sulla moneta mentre il valore intrinseco è rappresentato dal valore di mercato del metallo prezioso utilizzato per il conio. Se il valore di mercato del metallo contenuto nella moneta è superiore al valore estrinseco (impresso sulla moneta), tutti saranno indotti a fondere le monete per ricavarne metallo prezioso; se invece il valore estrinseco è superiore al valore commerciale del metallo tutti saranno indotti a portarlo alla zecca per far coniare monete. L’ equilibrio del sistema monetario è garantito dalle note leggi della domanda e dell’offerta. Supponiamo, ad esempio, che ad un certo momento il valore commerciale dell’oro sia superiore al valore impresso sulle monete d’oro (valore estrinseco) si troverà conveniente fondere le proprie monete, ma così facendo l’oro in circolazione aumenterà e conseguentemente il suo valore commerciale comincerà a scendere sino a quando non raggiungerà il valore nominale delle monete e così nell’esempio opposto. È evidente come questo meccanismo garantisca una stabilità nel sistemo monetario.
Il bimetallismo e la legge di Gresham – Sistema monetario in cui due metalli esercitano contemporaneamente il ruolo di standard monetario. In esso l’unità di conto è definita in rapporto a due metalli preziosi, storicamente l’oro e l’ argento; tutte le monete coniate hanno un potere liberatorio illimitato (vedi sopra). Il bimetallismo fu adottato durante il XVIII secolo da molti paesi tra cui la Francia, gli Stati Uniti e l’ Italia, ma ben presto diversi fattori ne rivelarono le difficoltà di funzionamento. Esso, infatti, era altamente sensibile alle variazioni nella produzione di uno dei metalli che fungevano da standard; la scoperta di nuovi giacimenti di oro e di argento provocava un rapido deprezzamento del metallo il cui tasso non veniva subito adeguato. In questo contesto il metallo non deprezzato veniva tesaurizzato mentre l’altro era utilizzato come intermediario negli scambi, secondo la famosa legge di Gresham in base alla quale “la moneta cattiva scaccia la buona”. Ad evitare il verificarsi del pericoloso fenomeno, gli Stati interessati hanno talvolta sospeso la coniazione del metallo temporaneamente svilito, trasformando così il sistema bimetallico completo in un bimetallismo incompleto o zoppo. Queste misure provocavano manovre speculative che condussero, in definitiva, all’abbandono del bimetallismo come sistema monetario.
Il sistema cartaceo – Nel sistema cartaceo la moneta è costituita da biglietti di carta emessi dallo Stato attraverso la Banca Centrale. Vi sono state due forme di sistema cartaceo – quello a cartamoneta convertibile e quello a cartamoneta inconvertibile. Nel sistema a carta moneta convertibile la Banca Centrale si impegna (o meglio dire si impegnava), a convertire in metallo prezioso (oro o argento) i biglietti cartacei che le vengono presentati, sulla base di una parità fissa. Questo sistema, chiamato anche Gold standard, fu introdotto in Gran Bretagna nel 1818 e rimase in vigore fino al 1918 allorquando fu abbandonato da tutti i paesi. Nel periodo fra le due guerre fu adottato il Gold bullion standard basato sulla convertibilità delle banconote esclusivamente in lingotti d’ oro e quindi solo per somme elevate, disponendo comunque di limitata convertibilità, l’oro era escluso dalla circolazione interna, infatti serviva principalmente per la tesaurizzazione o per pagamenti internazionali.
Nel 1925 la Gran Bretagna ritornò però al sistema ante bellico, seguita nel 1927 dalla Francia e da altre Banche Centrali, dando vita al Gold Exchange Standard, dove alcune monete furono dichiarate direttamente convertibili in oro. Fino ad arrivare al famoso accordo di Bretton Woods.
Nell’estate del 1944, prima della fine della seconda guerra mondiale i futuri vincitori del conflitto, ormai alle battute conclusive, tennero una conferenza a Bretton Woods – cittadina americana nel New Hampshire.
Scopo della riunione (durata dal 1 al 22 luglio 1944) era la realizzazione di un ordine monetario internazionale che, superando il sistema di convertibilità di tutte le monete in oro a parità fissa, ormai inadeguato alla nuova situazione post-bellica, provvedesse a una diversa regolamentazione degli scambi commerciali interni ed internazionali.
Durante la conferenza si istituirono. Inoltre, due importanti organismi: il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale.
La funzione del Fondo Monetario Internazionale, la cui istituzione vera e propria risale al 1945, è quella di promuovere la cooperazione monetaria a livello internazionale, favorire una crescita equilibrata del commercio mondiale, sostenere la stabilità nelle operazioni di cambio, assistere i Paesi nella definizione dei sistemi multimediali di pagamento e fornire la propria assistenza tecnica e professionale agli Stati membri in difficoltà finanziaria.
In termini più generali il FMI, attraverso azioni di monitoraggio, è quindi incaricato di garantire, da una parte, la stabilità del sistema monetario e finanziario internazionale, dall’altra parte, la stabilità economica dei singoli Paesi, nei confronti dei quali fornisce il proprio sostegno al processo di pianificazione delle politiche economiche e finanziarie. Inoltre opera in collaborazione con diversi Organismi internazionali, prima fra tutte la Banca Mondiale.
La Banca Mondiale istituita a Bretton Woods, è nata con l’obiettivo di aiutare le nazioni in difficoltà che un tempo erano i Paesi europei del dopoguerra ed oggi sono le nazioni più povere del pianeta. Ad onore di cronaca ai due organismi non sono state risparmiate critiche per interventi risultati devastanti nell’ area del Terzo Mondo, in quanto più che aiutare questi Paesi, hanno finanziato le grandi multinazionali agroalimentari tipo Monsanto, Nestlé, Unilever, Cargill o dell’energia tipo – Shell, Exxon Mobil, Chevron o delle materie prime come la Glencore sede a Zugo, le quali hanno operato, ed operano, in regime di monopolio soffocando di fatto con azioni di rapina le economie di questi Paesi.
A tal proposito consiglio la lettura del libro “L’Impero della vergogna” di Jean Ziegler – sociologo svizzero, relatore speciale all’ONU per il diritto all’alimentazione.
Ziegler denuncia una rifeudalizzazione del Mondo, dove si permette alle multinazionali di sfruttare indiscriminatamente le risorse del Pianeta e questi signori dell’Impero della vergogna, per imporre questo inedito regime, utilizzano due straordinarie armi di distruzione di massa: la fame e il debito.
Fame che costringe i popoli alla perdita di libertà – Debito, che obbliga gli stati alla rinuncia dell’autonomia e della sovranità.
La parola “Debito” è bene non dimenticarla, poiché fa parte della nostra vita quotidiana, ne è parte integrante; noi ormai viviamo in simbiosi con il debito pubblico, con il debito privato, con le rate, con i leasing, con i mutui.
Noi viviamo in una Società basata sulla follia cioè: sull’economia del debito – attenzione non del risparmio – ribadisco del debito. Una Società fondata sul debito, ritengo che sia una società malata, una società schiava e sotto ricatto, uno Stato che ha rinunciato alla Sua sovranità, alla Sua indipendenza, alla Sua libertà e democrazia: questo non può essere il nuovo Ordine Mondiale, questo non può e non deve essere il destino dell’umanità.
Ora, ritornando al nostro accordo di Bretton Woods, esso stabilì che il dollaro americano fosse l’unica moneta convertibile in oro, secondo una parità stabilita di trentacinque dollari (35$) per oncia. Poiché non vi era alcun’altra nazione in grado di garantire la convertibilità della propria moneta in oro, il risultato dell’accordo era il riconoscimento della posizione dominante degli Stati Uniti in relazione all’economia mondiale.
La guerra era stata un potente agente di sviluppo per l’economia americana ed il Piano Marshall, destinato alla ricostruzione dei Paesi devastati dal conflitto, permise di veicolare il dollaro sui mercati internazionali favorendo l’instaurazione di un quadro di relazioni economiche e politiche il cui motore di guida era ovviamente costituito dagli Stati Uniti. In base agli accordi di Bretton Woods i Paesi aderenti erano obbligati a mantenere la parità delle rispettive monete con il dollaro; tale situazione comportava, di conseguenza, l’adeguamento delle politiche economiche nazionali agli interessi commerciali americani. Si consideri, infatti, che l’inondazione di dollari sui circuiti internazionali in eccesso, rispetto alle effettive esigenze, determinava l’acquisto obbligato della moneta americana da parte dei Paesi aderenti, i quali contribuivano così a sorreggere l’intero sistema. I Paesi tesaurizzavano i dollari americani a fronte di riserve auree.
In pratica si consentiva la stampa di cartamoneta nella quantità più idonea alle necessità degli Stati Uniti che potevano in tal modo ignorare il naturale obbligo di pagare le proprie importazioni con moneta coperta da riserve auree secondo il vincolo della convertibilità.
Si preparava così l’ avvento dell’economia del debito di proporzioni mai apparse sulla scena storica planetaria.
Nel 1969 e nel 1971 a seguito del forte sviluppo dell’economia tedesca la Deutsche Bundesbank è costretta, come maggiore detentrice di dollari a rivalutare il marco, mentre per contro gli USA con la fallimentare guerra in Vietnam, con un forte aumento della spesa pubblica, con una deficitaria situazione economico-finanziaria devono registrare un’indebolimento del dollaro sui mercati internazionali.
Il colpo decisivo arriva nel 1970 dall’OPEC, cioè il cartello dei produttori di petrolio, che non solo aumenta vertiginosamente il prezzo del greggio (in un anno si passa da 4 $ a 40 $ il barile), ma pretese che questo fosse pagato in oro e non in dollari. Altri Stati come la Germania e la Francia che avevano ingenti riserve in dollari americani chiedevano la convertibilità in oro agli Stati Uniti. Oro che si sarebbe dovuto trovare nei forzieri di Fort Knox in USA. Solo in “quel momento” si scoprì che l’oro non era sufficiente e non copriva il valore dei dollari circolanti in tutto il Mondo. Le riserve auree nel mondo (valutate al 1975) non superavano le 200’000 tonnellate, mentre per coprire tutti i dollari circolanti, ne sarebbero occorse (udite… udite) 75’000’000 di tonnellate; questo significava che ogni dollaro in circolazione aveva una copertura del suo valore pari allo 0,3% in oro. Così si spiega il perché della tempestiva e notturna decisione di Richard Nixon, allora Presidente degli Stati Uniti, il 15 agosto 1971 (da notare la data del 15 agosto) dichiara la fine della convertibilità del dollaro in oro rompendo arbitrariamente quanto stabilito nell’accordo di Bretton Woods. È da questa data, quasi dimenticata o ignorata dalla stragrande maggioranza, che prende l’avvio di una nuova fase dell’economia e del sistema monetario mondiale.
Le implicazioni di quella decisione, assunta in spregio ad accordi internazionali, appaiono ancora lungi dall’essere avvertite. La dichiarazione di inconvertibilità, infatti era una dichiarazione di insolvenza, ma a parte tale considerazione che può suonare ostica, indecente, oltre che truffaldina da accettare, va rilevato che é crollato il pur fittizio ancoraggio delle monete internazionali al dollaro-oro e la conseguenza dell’atto arbitrario di Nixon è, che dal 15 agosto 1975 non esiste più alcuna moneta a valore oggettivo garantito.
In altre parole, tutto il sistema monetario mondiale si fonda, da allora, su carta stampata non rappresentativa di alcunché perché poggiante sulla più colossale finzione economica storica.
È l’inizio dell’economia del debito, della “moneta virtuale”, del nuovo ruolo delle banche private e del signoraggio secondario, della privatizzazione delle Banche centrali e del signoraggio primario.