(di Anthony Brown) – Il barbaro massacro a colpi di machete di un soldato a Woolwich ad opera di un nigeriano recentemente convertito all’Islam, riporta alla mente l’uccisione mediatizzata del dittatore libico Muhammar Gheddafi. Come per le innumerevoli scene che si sono ripetute durante la Rivoluzione francese, le decapitazioni attuate da questi terroristi e guerriglieri nascondono un duplice messaggio: rendere di dominio pubblico la sofferenza e l’umiliazione della vittima; attribuire alla decollazione una funzione esemplare e dissuasiva, poiché essa si rivolge a un pubblico che si vuole terrorizzare.
Alcuni combattenti mostrano le loro armi alle telecamere e usano un vocabolario bellicoso in televisione nell’intento di intimidire l’avversario, ma le scene più cruente sono quelle raccolte con un telefono cellulare e pubblicate sui social networks diventando, così, un’arma alternativa a quella tradizionale offerta dalla copertura mediatica.
In questo modo la spettacolarizzazione della violenza non è necessariamente rappresentativa della opposizione al governo siriano ma è sicuramente un aspetto deleterio della guerra civile.
Raccapricciante, e non certo positivo per la dissidenza, il video che riprendeva un ribelle siriano leader della brigata Farouk
In Iraq, ci sono stato numerosi “Abu Sakkars” in entrambe le sette e la guerra civile fra il 2006 e il 2007 ha prodotto un gran numero di scene altrettanto scioccanti. L’allora leader di al-Qaeda Abu Musab al-Zarqawi ha ucciso le persone con le proprie mani e queste scene venivano pubblicate con l’intento di riaffermare la propria leadership nella propria organizzazione.
A un certo punto della storia abbiamo sperato che le decollazioni fossero diventate degli arcaismi, ma esse sono ritornate prepotentemente alla ribalta anche nel nuovo secolo.
Le modalità sono ancor più criminali (dal taglio netto con la spada o la scure, si è passati oggi all’utilizzo di coltelli, che aumentano la sofferenza della vittima). Ma il significato è rimasto lo stesso: attraverso la decapitazione si distrugge la natura umana della vittima e ciò che rappresenta, evidenziando pubblicamente la radice dell’odio.