(di Anthony Brown) – Il tema della XXXIII edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli che si svolge a Rimini dal 19 al 25 agosto è “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”.
L’infinito è sicuramente l’argomento più ricorrente alla manifestazione riminese. Ricordiamo, infatti, l’edizione del 1988 il cui tema era appunto “Cercatori di infinito costruttori di storia” e in cui, in particolare, si parlava di “Costruttori distratti che non guardano l’infinito”; anche nel 2006 il tema, “La ragione è esigenza di infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si manifesti”, approfondiva proficuamente il particolare concetto a cui stiamo tutti sempre più interessando man mano che aumenta la triste constatazione che il desiderio profondamente umano di razionalità e di potenza ha impedito di vedere la verità. L’uomo moderno, in particolare, mentre comprende che le cose hanno una struttura oggettiva, rifiuta di comprendere che questa è simbolo di un Altro che materializza l’infinito proprio nell’uomo, che è Sua immagine, in una continua creazione.
Illuminante il messaggio del Santo Padre al Vescovo di Rimini S.E.Mons. Francesco Lambiasi che afferma che «L’uomo ha sete di infinito ma cerca in direzioni sbagliate» riprendendo un concetto espresso con la frase «l’uomo ha bisogno dell’infinito», pronunciata da Benedetto XVI nel suo viaggio apostolico in Messico e a Cuba.
Bisogna così avere apertamente il coraggio di affrontare la menzogna che sostiene che è possibile risolvere qualsiasi problema umano e costruire compiutamente la città degli uomini, senza mai affrontare il problema di Dio e agendo come se Dio non fosse.
Lo hanno fatto numerosi filosofi e artisti cosiddetti avanguardisti che hanno pensato di poter ignorare la presenza divina. Lo ha fatto Giacomo Leopardi nella disperata ricerca di infinito condotta nel solco del meccanicismo materialistico illuminista che, per quanto espressa in una pregevole opera artistica, lo ha condotto ad una concezione sensistica della natura il cui triste epilogo è stato il pessimismo cosmico.
Nietzsche addirittura è arrivato ad affermare la Sua morte, nella sua “Gaia scienza”. Un’epoca, quella di inizio secolo, in cui si è manifestato un horror vacui, uno sgomento di fronte al Niente che potrebbe aver colto le generazioni che si affacciavano al ‘900, poiché non c’è nulla di più spaventoso che sentirsi guidare in una società priva di nómos; lo stesso smarrimento che ha portato l’umanità, nel secolo buio, a sperimentare dittature nazifasciste e comuniste annichilenti.
Nei secoli che si sono succeduti dopo i due conflitti mondiali, alla negazione teorica dell’esistenza di Dio si è sostituito un meno aggressivo laicismo come principio pratico di una costruzione sociale che mette fra parentesi e considera irrilevante il rapporto con Dio; una società e una cultura neutre, ma tolleranti verso l’esercizio del culto religioso.
Ma l’infinità di Dio, della inestinguibile sorgente di essere da cui tutte le creature scaturiscono, e a cui tutte, come insegnava il neoplatonismo, desiderano tornare è l’elemento ponderale, la costante di Archimede, pi greco, per comprendere un infinito dinamico in continua evoluzione che in un tempo infinitamente breve sperimenta la finitezza umana; una unità dell’arché che si declina e si differenzia al suo interno in una pluralità di forme ed elementi che pur distinguendosi, appartengono qualitativamente alla medesima Essenza originaria e assoluta. Ma per tornare all’infinito non si deve conoscere l’altro ma essere l’altro amandolo in modo da trovare l’altro in se stesso e se stesso nell’altro.
Esercitando quell’amore gratuito, di colui che dona tutto se stesso all’altro, o agli altri, senza prevedere o pretendere nulla in cambio, ed è perciò incondizionato e assoluto e che potremmo definire Agape (per un approfondimento sul tema vedi l’enciclica Deus Caritas Est all’indirizzo http://www.vatican.va/holy_father/ benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas- est_it.html, consultato il 20.08.2012).
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