(di Clara Salpietro – Amman, Giordania) – L’Ospedale Italiano di Amman, struttura moderna e realtà importante nell’ambito della sanità del Paese, si trova al centro della capitale giordana, in uno dei quartieri più poveri della città. (foto: l’ingresso dell’Ospedale Italiano di Amman)
E’ il primo ospedale nato in quella che era la Transgiordania e sorge su un terreno di circa 11.000 mq nel cuore della città vecchia, Al Muhajereen Street, nei pressi della Italian Street, l’area coperta dagli immobili è di circa 1800 mq.
La sua attività prese il via nel 1927 grazie al suo fondatore il dottor Fausto Tesio, un medico italiano emigrato ad Amman nel 1921 pochi giorni dopo la fondazione dell’Emirato della Transgiordania.
In quel periodo in termini di medicina non c’era nulla ad Amman e quando il medico italiano arrivò in città diede vita ad una struttura efficiente, punto di riferimento per gli abitanti del luogo, ma anche per pazienti che arrivavano da più lontano, come l’Arabia Saudita.
(Nella foto sotto il dottor Fausto Tesio presso l’ospedale italiano di Amman mentre visita uno sceicco con la pleurite, che ha viaggiato 25 giorni a dorso di un cammello per raggiungere l’ospedale italiano. La foto è stata scattata a maggio del 1948 dal fotografo John Phillips – http://images.google.com/hosted/life/76e8f582fcdfadcc.html)
Avendo iniziato la sua attività nel ‘27, si tratta del più antico ospedale del Regno Hashemita e ha svolto un servizio sino ad oggi riconosciuto e stimato da tutte le autorità giordane a cominciare dalla Famiglia Reale che, soprattutto nei primi anni di vita dell’ospedale, lo ha utilizzato spesso.
Nel tempo, per il suo carattere ‘no profit’, a cui si aggiunge l’elevata preparazione dei suoi medici, l’ospedale è diventato il punto di riferimento per poveri e rifugiati.
Sono infatti centinaia di migliaia le persone di origine palestinese o irachena che hanno abbandonato il proprio paese per divenire rifugiati in Giordania. La maggioranza vive in condizioni di povertà e nel momento in cui si ammalano non posso permettersi costose cure presso ospedali e cliniche del paese e pertanto si rivolgono all’Ospedale italiano, dove ricevono un trattamento di livello elevato a costi molto bassi.
L’ospedale italiano di Amman, così come quello di El Kerak, che si trova a sud di Amman ed ha iniziato la sua attività nel 1935, è di proprietà dell’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani (ANSMI), presieduta dall’ingegnere Maurizio Saglietto, ed è gestito dalle Suore di Carità Domenicane della Presentazione della Beata Vergine.
L’Ansmi è nata 126 anni fa per volere di Ernesto Schiaparelli, l’egittologo che scoprì la tomba di Nefertiti. Schiaparelli, nemmeno trentenne, nel 1884 andò a Luxor, in Egitto, per ragioni scientifiche. Fu lì che, ospitato dai missionari francescani, si rese conto della miseria estrema nella quale i religiosi operavano e del grande bisogno di assistenza che quelle regioni avevano. Rientrato in Italia nel 1886, il futuro direttore del Museo egizio di Torino costituì un’associazione con lo scopo di sostenere e incrementare l’opera dei missionari italiani.
A spiegarci l’attività della struttura italiana di Amman è il direttore sanitario, dottor Khalid Salim Shammas, che ci riceve nel suo studio e accetta di rispondere alle nostre domande. “Le persone si rivolgono all’Ospedale italiano per farsi curare – ci dice in inglese e con un tono di voce pacato – è gente povera, giordani poveri, rifugiati iracheni, anche rifugiati dalla Somalia, dal Sudan, da diversi paesi africani e ultimamente rifugiati siriani”.
“In passato la Famiglia Reale – evidenzia – veniva in questo ospedale perchè era l’unico ospedale in Giordania. Re Hussein e la famiglia reale hashemita hanno usufruito più volte delle cure della nostra struttura”.
In merito alle principali malattie che vengono curate nella struttura, il direttore sanitario afferma: “le malattie sono varie, perchè tantissima è la gente che si rivolge a noi in quanto i costi sono bassi. Comunque, abbiamo molti pazienti che si rivolgono al reparto di pediatria ed anche al reparto di medicina generale. Il reparto che lavora di più è senza dubbio quello della maternità”.
L’ospedale dispone di numerosi ambulatori, tra cui maternità e chirurgia. A partire dal 1990 sono stati ristrutturati il reparto lungodegenti, la maternità, la ginecologia e il nido e sono stati completamente rinnovati il laboratorio di analisi e la fisioterapia. Tutti i laboratori sono stati dotati di nuove apparecchiature.
Il team dell’ospedale è composto da 125 persone, di cui quattro suore provenienti dall’Iraq e dall’India. “La maggior parte del personale è giordano – precisa il direttore sanitario – ma c’è qualcuno che proviene da altri Paesi, come egiziani, russi, filippini”.
Le medicine si trovano facilmente nelle farmacie giordane e non mancano i progetti di collaborazione con l’Italia.
“C’è una collaborazione con il Ministero della Salute italiano, – spiega il dottor Khalid Salim Shammas – ci sono stati diversi incontri a Roma anche con gli ospedali italiani presenti in altri Paesi. Come ospedale italiano abbiamo lavorato al progetto per la telemedicina, che adesso possiamo utilizzare tramite internet in collegamento con Roma, con il ministero della salute e con ospedali specializzati e tramite questo possiamo capire che tipo di trattamento applicare per determinate malattie”.
Con la fondazione Gaslini di Genova, il “Med Child”, l’IME e l’Ospedale Italiano di Kerak, l’ospedale di Amman partecipa al progetto di unità mobile di screening sulla Talassemia, progetto definito in accordo con il ministero della Salute giordano, e sull’accrescimento ponderale dei bambini. Inoltre agevola, gratuitamente, ulteriori cure di giordani in Italia. L’ospedale italiano ha rapporti di collaborazione con la Santa Sede – AISAC e fa parte dell’Alleanza degli Ospedali Italiani nel Mondo.
Foto di Clara Salpietro