(di Gianpaolo Ceprini) – La campagna politica è partita nella confusione più totale e nessuno ha cercato di arginare questo crollo della rappresentatività del mondo politico, lasciando che tutto passasse sotto i ponti a partire dalle immeritate pensioni ai 945 parlamentari che nonostante le belle parole, torneremo a votare con il porcellum riproponendo un abnorme Parlamento per altri cinque anni senza alcuna riduzione, senza sconti, anzi con ogni possibile aumento in busta paga.
Ma le porcellate, scusate il termine ma l’assonanza è d’obbligo, non finiscono qui perché il nostro Premier Monti mentre fa decurtare le pensioni del 10%, dall’altro regala i soldi dello Stato per arrivare alle trattative elettorali con la dote personale, i voti dei cattolici. E pensare che il nostro Capo di Governo ci teneva tanto a far vedere che non sopportava i candidati in odor di condanna e alla fine ci dovrà andare a braccetto per amore del potere.
E la questione morale dov’è finita? Anche questa volta nel cassetto e dovremo vedercela con le nostre incertezze per capire a chi dare il voto anche perché come dicono loro “hic manebimo optime”, stanno bene li, ci vorrebbero restare ancora altri cinque anni alla barba di tutti noi che li vorremmo mandare a casa.
Unica cosa certa: Il governo Monti finalmente si è dimesso. A dire il vero avevo visto sin dall’inizio con un certo scetticismo la scesa in campo del professore e questo non tanto per diffidenza nei confronti dei “Prof” ma per una riflessione che mi porto dietro da tempo su di lui. Da circa trent’anni quando non si sapeva chi nominare o si faceva la melina a favore del candidato giusto per non bruciarlo si tirava fuori la candidatura di Monti.
Ricordo che una volta al Presidente Andreotti chiesero “presidente è la volta buona per Monti?” ” più che monti credo che andremo tutti al mare”. Lo humor andreottiano era chiaro, poi con il tempo mi resi conto che non c’era nulla dietro questa figura, tranne che si trattava di uno scalatore di posizioni sociali. Gli anni successivi ne ebbi la riprova quando il suo nominativo lo trovai in lobby bancarie e finanziarie di potere, tanto mi bastò per capire di che pasta era fatto.
L’elenco degli insuccessi del suo governo è lungo, a partire dall’aver nominato un ministro del welfare che di welfare non ne sa assolutamente nulla, ma di lacrime sì, ne sanno qualcosa gli italiani che non sanno come arrivare a fine mese.
Ora la sua ambizione lo vorrebbe al Quirinale cosa che non sarebbe potuta accadere se non fosse stato imbastito un piano diabolico che vede compatti UDC, PD, transfughi, senza partito e SEL. A tale fine ha presentato un programma che nemmeno Berlusconi riuscirebbe a sostenere tanto è liberista ma che ha il solo scopo di recuperare tutto il mondo cattolico ora sparso e spesso non votante. Un piano che spera di realizzare, alla faccia dei grillini, grazie all’asse di centro sinistra che lo sosterrebbe a guida Bersani: il golpe è completo.
Ma che ti combina il nostro Presidente con il discorso di congedo? spara a zero su Berlusconi per nascondere dietro gli attacchi i suoi insuccessi attribuendosi addirittura meriti che non aveva sul calo dello spread.
Inoltre, nel discorso di fine corsa non solo si è paragonato ad Alcide de Gasperi ma ha ritenuto di confrontare l’Italia di fine 2011 con quella del 1944.
L’accostamento a De Gasperi merita un commento chiarificatore di entrambi i paragoni al fine di renderne chiara l’inopportunità. Inopportunità dovuta non tanto per il fatto che si vuole dare un chiaro segnale al mondo cattolico, in merito al tentativo di ricostruzione di un partito di centro che finirà a braccetto con PD e SEL, ma per l’accostamento a due periodi storici abissalmente diversi e distanti. Nel 1947 De Gasperi, atlantista per obbligo, diversamente l’Italia sarebbe stata fagocitata dall’area sovietica, fu ostacolato da comunisti e socialisti che erano contrari non solo al Patto atlantico ma alla libera iniziativa economica.
Se consideriamo, poi, che tra allora ed ora c’è stato il crollo del muro, la disfatta del comunismo, la fine ingloriosa della DC dopo la morte di Moro e le varie Tangentopoli, che hanno proiettato politici e partiti in un bipolarismo che non ha nulla a che vedere con l’Italia degasperiana, credo proprio che il nostro Premier si poteva risparmiare questi inutili confronti.
Non è quindi di moralismo fiscale che ci doveva parlare il nostro illustre Professore ma di moralismo tout cour. E già, ma anche lui qualche scheletro nell’armadio c’è l’ha quindi meglio tacere e tirem innanz.
Ma vediamo i successi di cui si vanterebbe.
La disoccupazione è cresciuta più del dovuto, i dati ufficiali sono all’11% e secondo alcuni osservatori internazionali dovremmo essere ben oltre il 13%, il debito pubblico è andato ben oltre il tetto dei 2 mila miliardi e ciò che è più grave che il trend continua a salire, la produzione industriale è in costante calo, la pressione fiscale ha raggiunto livelli di insopportabilità vista oltretutto la pessima qualità dei servizi resi, il trend dei consumi delle famiglie è in forte calo, la flessione dei depositi bancari ci dice sia che i capitali stanno fuggendo dal Paese, sia che le famiglie stanno erodendo i risparmi per il vivere quotidiano.
Ora con una recessione che avremmo potuto benissimo cavalcare a nostro vantaggio i nostri accademici non hanno fatto altro che arricchire le banche a detrimento di chi produce e questo non ha causato altro che licenziamenti e chiusure.
Ma gli errori non sono stati solo sul fronte della economia produttiva ma anche su quelli del mercato del lavoro. Se la Fornero pensava che con la riforma avrebbe favorito la competitività ed il lavoro riducendo le barriere all’occupazione, ebbene non ci è riuscita che molto parzialmente, con particolare riguardo poi alla questione dei licenziamenti, la complessità -e tortuosità- del testo finale finirà per alimentare null’altro che un fitto contenzioso. Addio in sostanza ai contratti a progetto ed i famosi co.co.co il cui costo contributivo, prima pari quasi a zero , ora arriverà al livello dei lavoratori subordinati.
Analizzando i vari punti della riforma si intuisce una scopiazzatura superficiale ai vari sistemi in uso negli altri Paesi industrializzati. Ma chi copia si sa ha le gambe corte. Il contratto a tempo indeterminato, secondo Fornero, deve essere la normalità ma il lavoratore non deve al contempo essere inamovibile. Ai lavoratori va assicurata l’occupabilità ma non il posto fisso. Peccato che per costruire questa mentalità occupativa all’americana ci vorranno due generazioni.
Con l’introduzione della possibilità di licenziare per motivi economici con contestuale erogazione di sussidio ai disoccupati (aspi) i senza lavoro vanno inseriti in un percorso di sostegno fino al ritrovamento del posto di lavoro.
Questo comporta che vanno create strutture che assicurino loro assistenza continua. Una scopiazzatura al sistema tedesco, ma noi tedeschi non siamo.
Non parliamo poi del prelievo forzoso varato sulle spalle dei professionisti. Una “grande idea” della ministra che va applicata alle 20 casse previdenziali private quasi fossero della pubblica amministrazione. Una violazione dell’autonomia garantita loro dalla legge che rischia di finire in Tribunale.
Aveva ragione Modigliani quando disse alla Fornero “vada a studiare, lei di welfare non ne sa nulla!!” E aveva ragione.
Nel discorso di campagna elettorale il nostro Presidente vuole pareggiare i conti pubblici non alzando le tasse ma tagliando la spesa e stimolando la crescita ed allentando la presa fiscale su imprese e lavoro. Un mix tra Stato e mercato, a dirla in breve, tanto che ne fa un programma liberale che non potrà attuare con i suoi compagni di viaggio anche perché PD e SEL dovrebbero digerire cose che non condividono ed allora? Forse tutti a casa e ricominciamo la conta.
Nel mentre il Paese deve fare i conti con un’economia depressa che aveva già al primo Governo di tecnici, detto anche di emergenza, lanciato un allarme a cui le esperienze accademiche non hanno saputo dare alcuna risposta anzi hanno visto varare misure ancor più improduttive condizionate e suggerite dai partiti della coalizione di sinistra che terranno in ostaggio anche il nuovo Governo senza far decollare il Paese versa alcuna ripresa.
Ora ci si domanda come si comporterà l’elettore, cosa farà per resistere all’impopolarità del mondo politico nonostante le roboanti presentazioni e manipolazioni a cui assisterà in questi giorni da parte della mediocrazia?
Dove saranno le coscienze degli italiani, guarderanno i loro figli disoccupati e voteranno UDC o PD o SEL, oppure ci sarà finalmente un chiaro segnale di riscossa dei cittadini?
Chi riempirà il vuoto politico per abbindolare gli incerti e tutti coloro che sperano di rivedere il Paese partire e non finire ancora più in basso di dove siamo?
Le incertezze sono tante, ma di una cosa siamo sicuri il voto lo diamo noi.
Ma il silenzio e l’inerzia della pubblica opinione non la esimono dalla sua parte di responsabilità. C’eravamo tutti.
Il collasso in corso dei “partiti” e il crollo della loro rappresentatività è un ulteriore dato del momento italiano che pesa sulla situazione e che condiziona il futuro del paese. È bene che si svolga rapidamente e che non venga mistificato.
Quello che manca è un “progetto” e una “visione” di futuro sul quale e con la quale polarizzare la gente disgustata dai vecchi discorsi, attori, personaggi e partiti.
Ancora più seria è la sensazione che non solo manchino progetto e visione, ma non ci siano leader e interpreti capaci di proporre questa visione e di realizzare il progetto.
Il vuoto di elaborazione è riempito da finti moderatori televisivi, manipolatori volgari e demagogici, che urlano formule vecchie e slogan logori. La palude della mediocrazia.
Il pericolo è che il vuoto politico venga riempito da avventurieri, ladroni (per citare una recente interiezione di un intenditore quale Cesare Romiti) capaci di abbindolare una pubblica opinione stanca, accampando competenze inesistenti, finte professionalità che nascondono storie molto meno esaltanti, assistiti da costose consulenze di relazioni pubbliche e dai disponibili professionisti della stampa altrettanto costosi.
O, più probabilmente, da un partito della legalità vantato da quelli che fino a ieri la identificavano con il concetto di “farla franca”, protetti da una presunzione di inesistente diversità garantita da un indebito privilegio di intoccabilità.
-
In primo piano
- Gli Stati Uniti non sono responsabili del terrorismo...
7 febbraio, 2017 - I fondali dell'Antartide sono un mondo che non ti aspetti:...
29 febbraio, 2016 - Discussing Europe with Ms Federica Mogherini
17 settembre, 2015
- Gli Stati Uniti non sono responsabili del terrorismo...