Un nuovo studio presentato dalla Commissione europea afferma che la creazione di zone marittime, comprese le zone economiche esclusive (ZEE), nel Mediterraneo favorirebbe la crescita blu dell’Unione e consentirebbe di ampliare l’agenda in materia di sostenibilità.
Lo studio esamina i costi e i benefici connessi alla creazione di zone marittime nel Mediterraneo e fornisce un’analisi degli impatti derivanti dalla creazione di ZEE su varie attività legate al mare. La creazione di ZEE potrebbe consentire una politica di assetto territoriale più efficace, che a sua volta potrebbe contribuire ad attrarre investimenti e altre attività economiche.
Maria Damanaki, Commissaria europea responsabile per gli affari marittimi e la pesca, ha dichiarato: “Nel Mediterraneo esistono enormi opportunità inutilizzate che potrebbero essere sfruttate grazie alla creazione di zone economiche esclusive (ZEE). La designazione e la creazione di zone marittime restano un diritto sovrano di ciascuno Stato costiero. È responsabilità comune dell’UE garantire che sussistano le condizioni adeguate per permettere all’economia blu di prosperare. Gli Stati costieri del Mediterraneo potrebbero accordarsi sulle loro zone marittime sulla base della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS)”.
Lo studio si concentra sulle opportunità offerte dalle ZEE e da altre zone analoghe in termini di costi e benefici economici, sostenibilità e governance dello spazio marino e andrebbe considerato nel quadro dell’agenda della Commissione europea sulla crescita blu.
La strategia di crescita blu dell’UE è volta a generare crescita economica sostenibile e occupazione nei settori marino e marittimo per contribuire alla ripresa economica europea. Questi settori economici forniscono posti di lavoro a 5,4 milioni di persone e contribuiscono per un valore aggiunto complessivo di circa 500 miliardi di euro; queste cifre dovrebbero salire rispettivamente a 7 milioni e quasi 600 miliardi di euro entro il 2020. La strategia individua i cinque settori che presentano le maggiori potenzialità di crescita: l’energia blu, l’acquacoltura, il turismo marittimo, costiero e di crociera, le risorse minerali marine e la biotecnologia blu.
Contesto
Nel Mediterraneo, come in altri bacini marittimi, gli Stati costieri hanno la responsabilità di regolamentare le attività umane e sviluppare in modo sostenibile la loro economia blu.
Gran parte della superficie marina del Mediterraneo è attualmente al di fuori della giurisdizione o della sovranità degli Stati costieri e resta quindi in larga misura non protetta per quanto riguarda le risorse acquatiche vive e l’ambiente marino. L’incertezza del quadro normativo rende inoltre difficile realizzare un vero e proprio sviluppo economico.
Nel 2002, in occasione del vertice mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, la comunità internazionale si è impegnata a preservare la produttività e la biodiversità di zone marine e costiere importanti e vulnerabili, sia all’interno che al di fuori delle giurisdizioni nazionali. Non esiste tuttavia un regime giuridico specifico per attuare le disposizioni pertinenti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), soprattutto per quanto riguarda la protezione dell’ambiente marino in zone non soggette a giurisdizione nazionale. La questione è stata discussa in sede ONU a partire dal 2006.
L’inclusione di una parte più estesa del Mediterraneo nella giurisdizione degli Stati membri dell’UE garantirebbe l’applicazione in tali zone dei regolamenti dell’UE in materia di pesca, ambiente e trasporti, da cui conseguirebbe un livello di protezione più elevato.
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La relazione finale e la sintesi dello studio