Un ponte telefonico tra la Sicilia, il Kosovo e l’Afghanistan è stato realizzato durante gli incontri che Clara Salpietro, giornalista free-lance e reporter di guerra, ha tenuto presso la scuola primaria e presso la scuola secondaria di Brolo, comune in provincia di Messina.
I temi delle due conferenze sono stati il dramma dei popoli che hanno attraversato un cruento periodo di guerra e che oggi cercano di lasciarsi alle spalle guerre e conflitti, la figura del reporter di guerra e l’attività dei contingenti militari italiani in missione di pace all’estero.
Due incontri programmati ed organizzati dal Comitato Genitori di Brolo, Ficarra e Sant’Angelo di Brolo e sostenuti dalla dirigente scolastica Maria Ricciardello, sensibili alle problematiche delle popolazioni che ogni giorno lottano per la sopravvivenza e sono meno fortunati rispetto a noi.
Grande è stata l’emozione di alunni, insegnanti e dei genitori presenti nel momento in cui la giornalista Salpietro si è collegata telefonicamente con il portavoce del contingente militare italiano in Kosovo, capitano Gianluca Greco, del 52° reggimento “Torino” di Vercelli.
Il capitano Greco ha illustrato l’attività dei militari italiani sul territorio kosovaro, i quali concorrono a garantire la sicurezza e la libera circolazione a tutte le componenti etniche e religiose, proteggono e difendono i siti religiosi patrimonio dell’Unesco quali il Patriarcato di Pec ed il monastero di Decane, effettuano opere umanitarie per l’assistenza alle popolazioni ancora sofferenti delle ferite lasciate dalla guerra del 1999. Tante le domande che gli alunni della IV e V elementare hanno rivolto all’Ufficiale italiano, dal rapporto tra i militari italiani e la popolazione locale, alla quotidianità all’interno della base italiana, fino alle possibilità di accesso alla carriera militare.
Prima della conclusione della telefonata un gruppo di bambini kosovari-serbi che in quel frangente si trovavano accanto al capitano Greco, hanno inviato un saluto in italiano, il classico “ciao”, ricambiato gioiosamente dagli alunni della scuola elementare di Brolo. Gli oltre 100 alunni della scuola elementare di Brolo hanno salutato il capitano Greco con un lungo applauso, testimoniando così la vicinanza e l’apprezzamento per la professionalità e il quotidiano impegno dimostrato dal contingente italiano nel delicato processo di supporto della pace in Kosovo.
Altrettanta emozione da parte degli alunni della scuola media, degli insegnanti e dei genitori nel momento in cui è stato realizzato il collegamento telefonico con il tenente colonnello Marco Mele della Brigata Sassari portavoce del contingente militare italiano in missione in Afghanistan. Il tenente colonnello Mele si è collegato dalla base militare italiana di Herat. La Brigata Sassari da qualche settimana ha assunto la guida del Regional Command West in Afghanistan, sostituendo la brigata “Aosta” che è rientrata in Italia dopo sei mesi di missione.
Il tenente colonnello Mele ha raccontato dell’importante missione che il contingente militare italiano porta avanti in Afghanistan, del buon rapporto con la popolazione locale, dell’attività di addestramento a favore delle forze armate afghane, della realizzazione o ricostruzione di molte infrastrutture tra cui pozzi per l’acqua potabile, ospedali, carceri, strade e ponti, dell’impegno dei nostri militari a favore dell’istruzione contribuendo alla costruzione o ricostruzione di scuole e alla donazione di banchi e sedie.
L’ultima scuola, in ordine di tempo, inaugurata dai militari italiani del Regional Command West, il comando ISAF a guida italiana su base Brigata “Sassari”, si è tenuta il 20 febbraio ad Abu Walid, un villaggio della periferia di Herat.
“La scuola – ha spiegato il tenente colonnello Mele -, sedici classi distribuite su due piani, è dotata di tutti i servizi essenziali e consentirà a centinaia di studenti di ogni genere ed età di essere finalmente ospitati in aule moderne ed accoglienti, laddove prima erano costretti a frequentare le lezioni in tende fatiscenti ed in strutture pericolanti. Questa struttura si va ad aggiungere alle altre settanta scuole costruite fino ad oggi nella provincia di Herat grazie al contributo del contingente italiano di ISAF”.
Gli alunni hanno salutato il tenente colonnello Mele con un applauso ed augurando buon lavoro e buon proseguimento di missione agli uomini e alle donne della Brigata Sassari impegnati in missione sul territorio afghano con un applauso.
L’Iraq, l’Afghanistan, il Libano, ma anche il Kosovo, l’Albania e la Bosnia, e il dramma dei profughi siriani presenti al confine tra Siria e Giordania, sono stati al centro della relazione di Clara Salpietro, che ha proiettato delle foto scattate dalla stessa durante i viaggi nei territori dove ancora oggi permane una situazione di crisi.
Salpietro ha parlato della professione di giornalista, del percorso che l’ha portata a intraprendere le missioni in zone a rischio, tra cui il primo corso “per giornalisti e operatori dell’informazione impegnati in aree di crisi” che ha frequentato a Roma nel 2004 e organizzato dallo Stato Maggiore della Difesa d’intesa con la Federazione nazionale della stampa italiana, ha poi spiegato le difficoltà che incontra un giornalista che si trova in zona di guerra, da come muoversi a come fare informazione.
“Voi avete il diritto di conoscere, di essere informarti su qualunque evento si verifichi sul territorio nazionale e in particolare all’estero – ha esordito Salpietro – io ho il dovere informarvi, di comunicare, di raccontare cosa ho visto durante i miei viaggi in territori che hanno conosciuto i conflitti, come vive la popolazione, come si svolge la loro quotidianità. Giornalisti si diventa, non si nasce. Ad un buon giornalista non deve mancare curiosità di conoscere e capacità di analisi critica, ma il pilastro centrale di questa professione è il patrimonio di cultura, di tecniche e di sensibilità che arrivano dallo studio e dalle letture, e si arricchisce con la pratica quotidiana e con le esperienze di lavoro. Il giornalista non deve sentirsi mai protagonista: è un osservatore, un testimone, è un cronista. Il giornalista deve attenersi ai fatti e saperli raccontare con chiarezza”.
“Spirito d’avventura – ha evidenziato la giornalista -, incoscienza, sfida del pericolo o della paura: non sono qualità che si possono attribuire ad un giornalista che decide di fare l’inviato di guerra. La spinta per partire è racchiusa nel Dna, bisogna sentirlo internamente, scatta un meccanismo che porta direttamente, senza accorgersi dei passaggi intermedi, nella zona “calda”. Quello che mi spinge a rischiare la vita è non solo la voglia di fare una corretta informazione, ma ho sempre considerato che dietro un’immagine, un articolo di giornale, un servizio in Tv c’è molto altro. Il mio intento è di dare voce a chi non ne ha, di parlare e capire cosa pensa un normale cittadino che vive in posti dove miseria e povertà sono l’unica cosa certa, di raccogliere tutte queste informazioni e poi di raccontare. La voglia che ho di fare questo poggia sul principio base dell’obiettività. Consideratemi come gli occhi di un potenziale lettore, occhi che sono andati in questi posti e dopo aver visto quella realtà sono tornati per raccontare”.
“Le guerre sono tutte uguali – ha proseguito – perché tutte portano distruzione e morti, ma ogni guerra ha la sua causa scatenante, ogni guerra poggia le sue radici sulla storia di quel territorio. Ogni guerra nasce dalla mancanza di dialogo tra fazioni opposte e dalla voglia di potere, ognuno vuole prevaricare sull’altro. Il reporter di guerra racconta quello che vede, racconta i fatti, con le fonti e i testimoni. Bisogna avere una particolare attenzione e sensibilità nei confronti della cultura e delle problematiche delle popolazioni e dei Paesi nei quali si va a cercare notizie. Gli articoli devono essere preceduti da una fase di studio e di analisi delle vicende che ci si appresta a raccontare. Il vero inviato non parte mai per un viaggio di lavoro senza prima studiare, prepararsi, documentarsi. Fare informazione, soprattutto nelle zone di guerra, significa uscire dall’albergo, incontrare la gente, creare legami con le persone, respirare l’aria di quei luoghi. È necessario andare là dove le cose accadono. Il giornalista è lo storico dell’istante”.
“Durante le mie missioni – ha sottolineato Clara Salpietro – sono stata una giornalista ‘embedded’, cioè ho seguito i militari italiani che sono impegnati in missione all’estero e con i miei articoli ho informato i cittadini, l’opinione pubblica sull’attività che i nostri militari all’estero portano avanti. Il mestiere del soldato è difficile da capire e da spiegare, per questo bisogna avvicinarsi a questo settore dall’interno, solo avvicinandoci al settore della Difesa dall’interno si può capire e raccontare il mondo delle Forze Armate. Nelle varie occasioni in cui sono stata fianco a fianco con i militari mi sono resa conto che tra giornalisti e militari vi sono delle similitudini, sono due mestieri che richiedono spirito di sacrificio e professionalità. Ho deciso di seguire i militari italiani in missione anche perché non possiamo ricordarci dei militari italiani solo quando accade una disgrazia o un lutto, non possiamo essere italiani per un giorno, dobbiamo esserlo sempre perché Italiani lo siamo dentro”.
Nel corso dell’incontro è stato evidenziato l’aspetto sanitario, la carenza di ospedali e presidi sanitari, che purtroppo rendono ancora più difficili le condizioni di vita delle popolazioni che hanno conosciuto la guerra, a cui si aggiunge il proliferare delle malattie, a causa delle inesistenti misure igieniche, e il dilagante fenomeno dell’analfabetismo, a cui si contrappone la grande voglia dei bambini di andare a scuola e imparare a leggere e scrivere.
Un altro momento particolare per gli alunni della scuola primaria e secondaria è stato l’ingresso del “Burqa”, il classico vestito di colore celeste indossato dalle donne in Afghanistan, visionato dagli alunni con grande curiosità e attenzione.
“Spero che questi racconti – ha concluso Clara Salpietro – possano farvi riflettere e soprattutto capire quanto siamo fortunati, di come non dobbiamo lamentarci di quello che abbiamo. La vita umana inoltre va rispettata, non bisogna uccidere. Bisogna rispettare l’altro, va bene il confronto di idee e posizioni, ma senza scadere nella violenza”.
Le iniziative con le scuole organizzate dal Comitato Genitori proseguiranno martedì 18 e mercoledì 19 marzo a Ficarra e Sant’Angelo di Brolo, comuni del messinese.