(di Clara Salpietro) – “Un commando addestrato diviso in tre squadre, armato fino ai denti e determinato a colpire gli obiettivi che si era prefisso con una tecnica militare”: è l’identikit del gruppo di fuoco che ha seminato il terrore a Parigi venerdì 13 novembre. Gli attacchi terroristici sono stati diversi e in sei zone differenti della città, soprattutto nei quartieri nella zona est del centro. Il presidente della Repubblica francese François Hollande ha detto che negli attentati sono morte almeno 129 persone. In totale sette attentatori si sono fatti esplodere con delle cinture esplosive: prima di fare ciò, alcuni di loro avevano sparato alle persone che avevano intorno con delle armi automatiche. I feriti sono 352, di cui 99 in modo grave.
Su quanto accaduto a Parigi abbiamo intervistato il prof. Vittorfranco Pisano, Capo Dipartimento Scienze Informative per la Sicurezza, Università Popolare UNINTESS, nonché colonnello (Ris.) della U.S. Army Military Police e specialista in materia di sicurezza internazionale e conflittualità non convenzionale. E’ stato consulente della Sottocommissione per la Sicurezza e il Terrorismo del Senato degli Stati Uniti e revisore dei corsi offerti dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti nell’ambito del Programma di Assistenza Anti-Terrorismo.
Prof. Pisano cosa è accaduto a Parigi?
Nel contesto generale del fenomeno terroristico, si tratta di azioni e modalità ripetitive e non innovative, come dimostrato dalla scelta di obiettivi simbolici e facilmente accessibili in quanto privi di particolari forme di protezione (ristorante, sala dei concerti e stadio); dagli attentati multipli e coordinati fra loro in un breve lasso di tempo; dall’impiego di esplosivi ed armi da fuoco leggere; dalla presa di ostaggi e dalle metodiche, almeno in parte, progettualmente suicide.
In particolare invece?
Nel caso specifico – con particolare riguardo a Parigi quale sito degli attentati – si è assistito all’ampliamento del numero degli attentati, apparentemente sette, in un’area municipale prescelta con il risultato, sicuramente voluto e raggiunto, di causare un maggior numero di vittime nella capitale francese rispetto al passato. Non dimentichiamo che Parigi è stata ripetutamente vittima di attentati di stampo radicale islamico anti-francesi o anti-occidentali sin dagli anni Novanta.
In questo caso la preparazione e la progettazione terroristiche si sono dimostrate, inoltre, particolarmente accurate.
Era prevedibile questo attacco nella Capitale francese?
In considerazione del clima vigente a cui contribuiscono al-Qaida, ISIS e gruppuscoli presenti in Europa a loro associati o, comunque, da loro o dal vasto movimento “jihadista” ispirati, quanto accaduto a Parigi era prevedibile. Ovviamente non con riferimento al luogo, alla data ed a specifici dettagli delle dinamiche, ma nel quadro delle intenzioni e del modus operandi di queste aggregazioni ed elementi minori.
L’Isis, che ha rivendicato gli attentati di Parigi, ha detto che adesso toccherà a Roma, Londra e Washington. E’ possibile?
Malauguratamente, sono possibili ulteriori attentati anche altrove.
Cosa si può fare per eliminare il terrorismo?
In una società libera il terrorismo non è debellabile nella sua totalità. E’ solo riducibile. Bisogna essere pronti non solo a prevenirlo e reprimerlo, ma a contenerne i danni.
I terroristi con questi attacchi stanno raggiungendo il loro fine ultimo?
Volendo esprimere una nota ottimistica, il terrorismo non ha la capacità di produrre, da solo, i fini politici, politico-religiosi o politico-sociali che i suoi utilizzatori si propongono. E’ necessario – e, ringraziando il Cielo, non garantito – il raggiungimento di stadi più avanzati della conflittualità non convenzionale. Per ora nessuna aggregazione terroristica di qualsivoglia impostazione ideologica ci è riuscita nel mondo ad alto sviluppo politico.
Parigi, Francia: venerdì 13 novembre 2015
novembre 22, 2015