(di Roberto Falaschi) – Normalmente quando si parla di “italiani all’estero” si sottintendono gli emigranti: siano essi andati all’estero nullateneti, siano essi, più recentemete, espatriati in cerca di un’attività maggiormente redditizia. Vi è tuttavia una categoria di “italiani all’estero” ai quali molto raramente a torto si fa riferimento: i militari.
Dalla proclamazione del Regno d’Italia ad oggi sono decine di migliaia questi italiani che hanno servito la Patria in armi in tutti gli angoli del mondo. Dalla Siberia Orientale al Nord Africa, dalla Cina all’Inghilterra, dall’Afghanistan al Libano e sempre dando il meglio di se, seppur con mezzi assai limitati.
Vorrei qui ricordare quegli italiani in armi che seppero battersi con estremo eroismo, suscitando anche l’ammirazione del nemico, in occasione della “terza battaglia di El Alamein” che si svolse tra questa località sulla costa egiziana e l’inizio della depressione di El Quattara a sessantaquattro chilometri dalla costa, in pieno deserto del Sahara.
Dal 7 al 14 ottobre si è svolto un pellegrinaggio in quei luoghi per commemorare i settant’anni dallo scontro avvenuto tra il 23 ottobre ed il 2 novembre 1942 ed organizzato dall’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia (ANPdI). Oltre a circa cinquecento membri dell’associazione col medagliere e con i labari di tutte le sezioni, con una rappresentanza dell’Associazione Carristi d’Italia. La sezione di Roma dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria (ANAC), della quale faccio parte, rappresentava ufficialmente l’associazione con il suo stendardo.
Particolarmente toccante è stato entrare nel Sacrario Militare Italiano (foto sopra), eretto per volontà e grazie al fattivo lavoro del colonnello del genio Alpino Paolo Caccia Dominioni. In esso sono contenuti i resti umani di 4364 caduti dei quli 2189 “noti solo a Dio” e commemorati i 48 000 conservati per sempre dal deserto.
Il pellegrinaggio è iniziato con una cerimonia al Sacrario stesso con la presenza di tutti i pellegrini e la partecipazione del sottosegretario alla Difesa Gian Luigi Magri ed alti Ufficiali venuti da Roma e dal Cairo. Dopo la deposizione delle corone una Santa Messa ha ricordato tutti quei connazionali che hanno sacrificato la loro gioventù e spesso la loro vita per la loro Patria.
Difficile a dire quale sia il sentimento che assale entrando in quel luogo sacro e come con un nodo alla gola sia impossibile trattenere le lacrime che malgrado ogni sforzo per trattenerle scendono per le guance leggendo quei nomi apposti in ordine alfabetico sui loculi posti alle pareti interne, con spesso aggiunto Medaglia d’oro al valor militare, medaglia d’argento al valor militare.
Sicuramente per quelle che furono le condizioni dello scontro che videro i nostri battersi privi di tutto, armi adeguate, viveri, acqua e quant’altro è indispensabile in battaglia, la decorazione è stata meritata da tutti indistintamente ed il rendere loro omaggio ha anche questo significato.
Purtrtoppo nell’Italia faziosa si ignorano queste gesta eroiche perché “compiute per il fascismo”. Grave errore. Chi si immolò, indipendentemente da qulasiasi credo politico, lo fece per la “Sua Patria, l’Italia”.
Il pellegrinaggio ha anche compreso la visita dei luoghi dove era schierata la Divisione Folgore, all’estremo sud della linea del fronte, in un punto cruciale che se penetrato avrebbe permesso l’accerchiamento delle posizioni italotedesche.
E’ stata per noi una spedizione di una giornata compiuta su comodi veicoli e con ogni genere di comforto. Ciononostante al termine della giornata, stremati, non potevamo che ammirare quanti nel massimo disagio, senza acqua e combattendo di giorno come di notte abbiano potuto resitere e trattenere il nemico, che alla fine ha sfondato… in un altro luogo.
Uno dei veterani dello scontro alla mia domanda di come avessero potuto, ha semplicemente risposto: “Gli inglesi sono venuti e non sono passati”.
Il valore dei nostri può essere riassunto in quest’episodio: nel più assoluto buio della notte del deserto le pattuglie si scontravano e spesso si riconoscevano con difficoltà, causando talvolta perdite per quello che oggi si chiama fuoco amico. Una notte una pattuglia della Folgore si scontrò con una di paracadutisti tedeschi e riconosciutisi dopo un rapido scontro ognuna ritornò nelle proprie linee.
La mattina successiva il comandante della pattuglia fu chiamato dal leggendario generale paracadutista Ramcke che semplicemente gli disse: “Complimenti! Siete stai bravi! Questa notte avete battuto perfino i nostri diavoli”.
Naturalmente si è svolta una cerimonia presso i sacrari britannico e tedesco dove si è tenuta una breve commemorazione. Anche loro si sono sacrificati per la propria Patria e meritano il nostro rispetto.
Comunque non dimentichiamo mai che le vicende della politica fanno sì che un giorno nemici ed un altro alleati…
A Pisa la celebrazione del 70esimo anniversario della battaglia di El Alamein
ottobre 30, 2012