(di Gianpaolo Ceprini) – Sotto il tricolore italiano un nuovo Governo si dà un gran da fare per cercare di sollevare le sorti del Paese. Il precedente governo Letta ha dovuto lasciare tristemente il giorno 13 febbraio una data sicuramente densa di significati, non tanto perché è la riprova di una disfatta annunciata ma, principalmente, la risposta che poteri occulti hanno staccato la spina a quel Governo che – secondo loro – agonizzava barcamenandosi tra un provvedimento e l’altro senza avere più né cuore né anima. Dai primi approcci del “novello” non sembra che ci sia molta differenza dal precedente.
Tuttavia chi siede ora nello scranno del potere è un giovane toscano che ha fatto di tutto per farsi notare. È persino riuscito a conquistare la segreteria del partito DS con votazioni discusse, ma che importa, anche perché ai rossi il risultato stava bene erano – almeno all’apparenza – tutti d’accordo.
Poi mossa a sorpresa, la segreteria era un trono limitato tanto da volere la guida del Governo e così appoggiandosi al tanto discusso Berlusconi, il signor “B” per i compagni, ha ottenuto quel che voleva. Ma sembra che per ottenere tutto questo ha dovuto concludere un accordo, una sorta di papello i cui contenuti solo in parte sono noti. Tuttavia mister “B” l’ha istruito a dovere affiancandogli il miglior grand commis d’etat che per ora è in circolazione, Gianni Letta, con il compito di evitargli le imboscate.
Il programma del Capo del Governo è ambizioso: legge elettorale, riforme, fisco e giovani. Partiamo da questi ultimi. Ovvero come tagliare le tasse per favorire l’occupazione.
Ma non ha nemmeno cominciato che dalla UE sono partiti i primi strali contro le operazioni che il Governo si accinge a mettere in campo. Per intanto no ai fondi europei per ridurre le tasse, poi una buona tirata di orecchie affinché le manovre rispettino il patto di stabilità retrocedendoci nel gruppo di coda (con Slovenia e Croazia) proprio per l’eccessivo debito e per gli scarsi risultati ottenuti sin qui nonostante le belle parole.
Un richiamo incomprensibile anche perché nel nostro Paese la produzione è ferma da un bel po’ e come ben si sa se non si produce i debiti aumentano perché nel mentre, a partire proprio dai politici, nessuno ha rinunciato a qualcosa, anzi!
Tuttavia, la Commissione europea non brilla certo per collaborazione con il nostro Paese e se dicessimo che è alquanto filotedesca non credo che farei un’accusa fuori luogo. Basti guardare al riguardo che dai dati UE emerge che il nostro Paese è stato per diversi anni in avanzo primario e che dal 2008 il nostro debito ha rallentato notevolmente mentre in altri, come Germania e Francia, ha galoppato senza richiami di sorta.
Sappiamo bene che dovremmo aumentare la competitività ma le misure necessarie nessuno le ha mai prese ed i nostri imprenditori cedono o chiudono le imprese che altri comprano a quattro lire – scusate euro, almeno fin che c’è – svendendo i nostri gioielli a causa di un sistema politico incapace di affrontare seriamente i problemi divenuti ormai una morsa inesorabile per chi produce.
Come procedere? Usare l’arma della patrimoniale, come ha fatto il precedente Governo che distruggerebbe quel che rimane, oppure avvalersi di strumenti diversi e sicuramente più efficaci per rilanciare l’economia del paese?
Perché non ricorrere ad un prestito obbligazionario acquistabile anche dai detentori di debito pubblico italiano? Magari favorendo simili acquisti con un vantaggio ulteriore? Un prestito che deve in sostanza dare vantaggi agli acquirenti tanto da attirare anche il mercato estero nel pieno rispetto delle regole europee ma che ci consentirebbe di ricorrere alla ulteriore tassazione che paralizzerebbe definitivamente il mercato interno senza più alcuna possibilità di ripresa oltretutto già condizionato dal recente blocco dei pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese che vede bloccati ancora 95 miliardi di crediti.
Ma i guai del compagno Presidente non finiscono qui, nemmeno ha fatto il tempo ad insediare ministri e sottosegretari che quattro di questi ultimi sono indagati. Il ministro delle riforme e dei rapporti con il parlamento, Boschi, tuona “…vale la presunzione di innocenza”. Ergo tutti santi, tutti innocenti.
Nel mentre si cerca di approvare in tutta fretta la nuova legge elettorale, altra porcheria con la quale a conti fatti si vuole salvare il potere nelle mani dei segretari di partito.
Lo chiamano italicum, ma perché queste ingannevoli definizioni. Porcellum bis ci sta bene ma italicum proprio no. Una legge che per essere efficace deve prima vedere modificata la Costituzione nel punto che fissa il bicameralismo perfetto. Modifiche queste ultime che richiedono una riscrittura complessa se si vuole evitare di porre toppe imperfette al sistema elettorale. Un sistema che vede un Parlamento insediato con votazioni su cui pende un forte dubbio di legittimità vista la pronuncia della Suprema Corte nei confronti della legge che le ha autorizzate.
Ma allora, cosa è cambiato, con il giovane Capo di Governo che minacciava la rivoluzione alla nomenclatura? Nulla. Anzi la nomenclatura o meglio D’Alema, il vero belzebù di questa Repubblica, voluta dai compagni nel ’46 e che vogliono far durare a tutti i costi, con una sorta di promoveatur ut amoveatur se l’è prima tolto dalla segreteria del partito ed ora l’ha messo sotto tiro sulla sedia più scomoda della politica, con la conseguenza che se sbaglia, come è possibile che succeda, lo cancellerà dalla scena politica. Fine di una brillante e rapida carriera.
Nel mentre, sul fronte europeo in Francia la figlia di Le Pen fa l’en plein alle elezioni amministrative: cavallo di battaglia una politica nazionalista ed antieuropea. Molti Paesi la condividono, al punto che questa scintilla rischia di far esplodere in un vero incendio che farà abbandonare a molti questa nave costosa ed inefficiente della UE il cui euro sin dalla sua nascita ha solo rafforzato il mercato tedesco avendo eliminato la geniale concorrenzialità italiana che è stata combattiva e vincente fino a che è esistita la lira flessibile.
Con una mossa a sorpresa – e che sorpresa – il Presidente della Bundesbank Weidmann, rimangiandosi di colpo la sua politica del rigore in un’intervista all’agenzia “Market News” avrebbe affermato che: “per combattere la deflazione non possiamo escludere che le azioni di quantitative easing (l’acquisto di bond da parte delle banche centrali) siano assolutamente da escludere, ma dobbiamo fare attenzione che venga rispettato il divieto di finanziamento pubblico con la stampa di moneta”. Ossia ora accetterebbe gli strumenti innovativi proposti da Draghi e da lui combattuti come strumenti del diavolo.
Ora che la Germania ha ridotto il mercato come il deserto dei tartari vorrebbe invertire la rotta nonostante le recenti dichiarazioni della stessa Cancelliera Merkel sulla sospetta illegittimità di queste misure. Perché?
Le elezioni europee! Certo, questo consenso elettorale spaventa il gigante teutonico che sta facendo una serie di errori strategici (questo e la presa di posizione nei confronti di Putin potrebbe sconvolgere le stesse previsioni di crescita tedesca) che stanno isolando la Germania non solo nella difesa ma anche nella sotterranea guerra contro l’ingresso della Turchia nella UE voluto dagli Stati Uniti. Una guerra economico-religiosa che deciderà le sorti del millennio, i nuovi poveri e ricchi e non solo quella dell’euro.
La fine…del ventennio
novembre 29, 2013