(di Anthony Brown) – L’energia elettrica costituisce uno dei fondamenti della nostra moderna società e le reti elettriche costituiscono una ottima opportunità di progresso e di creazione di presupposti favorevoli ad una collaborazione internazionale a livello regionale o addirittura intercontinentale.
La strategia energetica dell’Unione Europea, ad esempio si concentra sullo sviluppo e l’interoperabilità delle infrastrutture con gli altri Paesi europei ed extraeuropei (per un approfondimento sui vantaggi offerti da una integrazione delle reti elettriche si rimanda al documento delle Nazioni Unite-Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali del 2006 http://www.un.org/esa/sustdev/publications/energy/interconnections.pdf).
L’integrazione è una prioritaria risorsa strategica non solo europea e i relativi indicatori sono già manifesti anche in altre realtà geopolitiche.
In quest’ottica possiamo vedere le dichiarazioni, lo scorso ottobre, del capo della compagnia iraniana per la gestione della produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica (TAVANIR), Homayun Ha’eri, sulla integrazione della rete iraniana con quella europea. Allora si pensò che l’Europa fosse interessata al progetto dopo le dichiarazione del vice ministro iraniano per l’energia di voler privatizzare il settore elettrico del Paese (http://www.ecasb.com/newsdetail-6829-en.html).
In realtà, all’attento statista non era passata inosservata la Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sugli orientamenti per le infrastrutture energetiche transeuropee che abroga la decisione (n. 1364/2006/CE – http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0658:FIN:IT:PDF vedi anche http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/281253.pdf e http://documenti.camera.it/Leg16/dossier/Testi/Es114.htm) e i relativi corridoi prioritari dell’elettricità.
Certo dopo l’inasprimento delle sanzioni economiche un simile progetto sembra più difficile da realizzare, anche se il Paese degli Ayatollah prova indirettamente a perseguire l’integrazione, magari nel medio termine, avvicinandosi alle future reti energetiche del Mashrek finanziate dall’Unione (Siria, Libano, Giordania).
L’Iran già scambia elettricità con Afghanistan, Armenia, Azerbaijan, Iraq, Pakistan, Nakhichevan, Turchia e Turkmenistan (http://tehrantimes.com/economy-and-business/94385-iran-plans-to-connect-power-grid-to-russia); lo stesso vice ministro in novembre aggiungeva che il Paese era pronto ad integrare la rete elettrica nazionale con quella russa attraverso la rete dell’Azerbaijan. L’agenzia di stampa Mehr riportava le dichiarazioni di Mohammad Behzad su presunti negoziati finali in tal senso (http://tehrantimes.com/economy-and-business/94385-iran-plans-to-connect-power-grid-to-russia).
L’agenzia di stampa irachena Aswat al-Iraq riportava di una nuova linea elettrica iraniana che alimentava il Paese con 100 MW importata dal vicino persiano.
Lo stesso Behzad riferiva di una futura integrazione con le reti siriane e libanesi preconizzando così la realizzazione della più grande rete elettrica del mondo mussulmano (http://www.pennenergy.com/index/power/display/5760901983/articles/electric-light-power/t-and_d/2012/July/Iran__Iraq__Syria_to_connect_power_grids.html).
La notizia della fornitura di energia a Siria e Libano attraverso la rete irachena, in realtà, era già stata annunciata lo scorso febbraio dal ministro dell’Energia, Majid Namjou, malgrado il congelamento dei rapporti con le banche di Teheran e la conseguente impossibilità di pagare le bollette da parte di Beirut. Addirittura è notizia recente che l’Iran esporterà energia alla Siria entro il 10 agosto trasferendola al Libano in una seconda fase.
L’Unione del Mediterraneo, che nel solco tracciato dal Processo di Barcellona del 1995, rappresenta, in particolare nel settore energetico, un motore economico e finanziario di rilievo per lo sviluppo delle infrastrutture per la trasmissione di energia elettrica a lunga distanza finalizzate alla distribuzione in Europa di energia prodotta da fonti rinnovabili in Medio Oriente e Nord Africa potrebbe, a questo punto, non arrivare in tempo in considerazione che un’aspirante potenza regionale accetta di lavorare in perdita pur di fidelizzare i propri vicini.
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