(di Roberto Falaschi) – In un recente scritto (http://www.worldwebnews.it/succede-delloro-depositato-presso-fed-new-york-presso-fort-knox/) ebbi a parlare dell’oro tedesco depositato presso la FED di New York e del possibile uso fattone all’insaputa della Bundesbank, tanto che quest’ultima ne chiese il rimpatrio di trecento delle millecinquecento tonnellate. La risposta ricevutane lasciò quest’ultima interdetta, ma fece buon viso.
Ciò mi ha indotto a pormi la domanda di dove fosse depositato l’oro italiano non in Patria. Per avere una risposta ho consultato il documento della Banca d’Italia dell’aprile di quest’anno (http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/riserve-auree.pdf) specificante la quantità delle riserve auree nazionali e la dislocazione. Esso rappresenta un’interessante lettura in quanto l’Italia è uno dei Paesi con le maggiori riserve auree che si sono costituite a partire dai tardi anni cinquanta fino ai tardi sessanta. Fu quello in effetti un periodo aureo per lo sviluppo della sua economia e pertanto è facile comprendere il motivo dell’accumulo. Comunque l’Italia era già un importante possessore di riserve auree durante la prima metà del secolo passato, e passò da 402 tonnellate nel 1957 a 2560 nel 1970 con un incredibile aumento del 600% circa.
Naturalmente la maggior quantità è conservata nei caveaux della Banca d’Italia di Palazzo Koch a Roma. Si tratta di 1994,4 tonnellate, ossia di circa la metà del posseduto, mentre la quasi totalità del restante è presso la FED di New York con piccoli quantitativi conservati dalla Swiss National Bank di Berna e dalla Bank of England. Non è però specificato nel documento summenzionato quanto venga detenuto da ognuna di queste ultime.
L’oro conservato a Palazzo Koch è suddiviso da 1195,3 tonnellate barre ed in 871.713 monete per un peso di 4,1 tonnellate. E’ da ricordare che il Re Vittorio Emanuele III era un importante collezionista di monete, la cui collezione con la partenza di Umberto II passò allo Stato Italiano.
E’ pertanto probabile che quell’oro provenga da detta collezione, altrimenti sarebbe non facilmente spiegabile una riserva aurea in monete dato che il loro valore non dipende solo dalla percentuale di oro, ma anche dal valore collezionistico le cui fluttuazioni non sono paragonabili a quelle dell’oro da 24k.
La quantità conservata in oro puro è costituita principalmente dalle barre standard trapezoidali, mentre una piccola parte è in forma di mattoni fusi dall’U.S. Assay Office, con il restante in panetti (english bars). Pertanto l’Italia è il terzo più grosso possessore di riserve auree dopo gli Stati Uniti e la Germania. Inoltre questo quantitativo è rimasto fondamentalmente costante dal 1970 ad oggi con piccole variazioni dovute a collaterali per prestiti o contributi alla Banca Centrale Europea et similia.
Ricordiamoci anche a proposito dell’oro italiano che fino ai tardi anni trenta del passato secolo la lira era agganciata a quel metallo e che furono prevalentemente le enormi spese delle guerre d’Etiopia e di Spagna a creare un enorme debito che fu tra le cause che costarono la svalutazione della moneta italiana e successivamente la spinsero ad entrare in guerra a fianco della Germania. Ma questa è un’altra questione.
Stabilire ciò che il documento di Bankitalia non precisa, ossia i quantitativi depositati fuori del suolo nazionale, non riveste apparentemente sufficiente importanza da giustificare calcoli basati su ipotesi.
Supposizioni e quant’altro. Ciò che è importante è considerare quanto si trova presso la FED di New York e come vi venga conservato, ricordando quanto appreso circa l’esperienza della Bundesbank.
Quanto depositato in Italia viene revisionato annualmente da revisori esterni contemporaneamente alla revisione interna. I revisori esterni verificano anche l’oro depositato all’estero servendosi dei certificati emessi dalle banche centrali dei paesi ove sono depositate le scorte estere.
Qui nasce un sospetto in quanto è proprio quello che avviene per i depositi tedeschi e dei quali non si conoscono bene i vari movimenti effettuati dalla FED di New York. Di fatto l’oro immagazzinato all’estero in realtà non viene controllato fisicamente, ma in base a documentazione cartacea. Dato il risalto che ha avuto negli ambienti interessati quanto avvenuto con la Bundesbank per i lunghi tempi di riconsegna, viene in primo da domandarsi in quale stato venga conservato il metallo, se venga cioè rifuso dalle ditte a ciò preposte e nei tempi stabiliti, o se venga lasciato degradare.
Uno dei motivi per il lungo periodo di riconsegna alla Bundesbank delle trecento tonnellate di metallo richieste potrebbe consistere proprio nella necessità di rifonderlo.
Successivamente ci si pone la questione di sapere quale sarà il futuro comportamento di Bankitalia circa l’oro depositato con la FED di New York ed in particolare se ne chiederà il rimpatrio, almeno parziale, ed all’occorrenza quanto tempo richiederebbe l’operazione.
Il fatto che i tre Senatori del M5S Giuseppe Vacciano, tesoriere del partito, Francesco Molinari e Andrea Cioffi si siano recati il 31 marzo 2014 in visita a Palazzo Koch, pochi giorni prima della pubblicazione del documento di Bankitalia dell’aprile passato lascia supporre che la questione dell’oro depositato fuori confini nazionali sia di interesse politico e travalichi le mere questioni interbancarie.
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