(di Roberto Falaschi) – Nelle prime ore del 26 luglio 2019 si è avuto a Roma quello che sicuramente può essere definito uno scontro di culture. Di primo acchito può sembrare strano che quanto accaduto tra gli studenti californiani Lee Elder Finnegan e Gabriel Christian Natale Hjorth ed i due Carabinieri Mario Cerciello Rega, Vice Brigadiere, e Andrea Varriale possa essere definito in tale maniera, ma se si esamina la dinamica dell’evento appare chiaro che sono entrati in ballo due modi di concepire il rapporto cittadino/forze dell’ordine.
Vediamo in primo luogo quale è l’approccio dell’Agente di Polizia italiano verso un cittadino da identificare. Il nostro Agente incomincia con un saluto, più o meno sbrigativo a seconda della circostanza, quindi chiede quanto desidera, ad esempio l’identificazione.
Il cittadino esibisce il documento e quant’altro richiesto senza che vi sia aprioristicamente l’idea di uno scontro violento che raramente avviene. Ossia la violenza non è prevista quale alta probabilità da parte delle forze dell’Ordine.
E’ solo recente vedere ad un posto di controllo un Agente armato di mitra dietro uno sportello d’auto aperto pronto a sostenere il collega. Se sorpreso in posizione irregolare il cittadino sa che conviene ai fini giudiziari restare calmo ed ubbidire senza troppe contestazioni, che si tratti di guida con eccessivo tasso alcolico, o furto oppure anche reati maggiori.
La generalità negli Stati Uniti, ed in molti altri stati, è che ogni contatto delle Forze dell’Ordine con un cittadino ha molte possibilità di degenerare in uno scontro violento. Lo stesso fermare un automobilista per un’infrazione stradale può trasformarsi in una sparatoria o simili.
Non a caso i poliziotti tendono a presentarsi dai due lati del veicolo. Il tasso di tutori dell’ordine americani uccisi o feriti in servizio è estremamente alto a causa delle aggressioni ed essi vivono praticamente in una situazione di costante all’erta aspettandosi sempre un’aggressione.
Non a caso indossano sempre un giubbotto di tessuto aramidico antiproiettile, cosa impensabile in Italia (almeno per ora). Riassumendo: la violenza essendo frequentissima le regole di ingaggio sono conseguentemente molto diverse da quelle italiane. Parimenti lo è il comportamento degli inquisitori.
Veniamo alla notte del 26 luglio. Due turisti, accusati da un cittadino italiano di furto e ricatto, vengono avvicinati da due Carabinieri in borghese che qualificandosi gli chiedono di identificarsi. Non sappiamo ancora precisamente come si siano svolti i fatti nell’immediato breve lasso di tempo successivo, ma quel che è certo è che i due si sono avventati contro i due Tutori dell’Ordine.
Uno dei due, Lee Elder Finnegan, giocatore di football americano quindi di costituzione robusta, accoltella undici volte il Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega, mentre l’altro, Gabriel Christian Natale Hjorth, impedisce al Carabiniere Andrea Varriale, di soccorrere il collega aggredendolo fisicamente.
Ora la domanda è: perché due Carabinieri si sono fatti sorprendere? Sicuramente in base all’addestramento ricevuto ed alle regole d’ingaggio impartite essi erano assolutamente rilassati e non si aspettavano nessuna reazione violenta da parte di due turisti ladruncoli ed in cerca di sballo.
La differenza di cultura qui è entrata in scena ed ha causato la tragedia che non sarebbe potuta avvenire se i due Carabinieri avessero tenuto a dovuta distanza i turisti sospettati, all’occorrenza anche con la minaccia delle armi. Ulteriore prova della tranquillità, alla prova dei fatti tragicamente fallace, con la quale essi hanno agito sta anche nel fatto che non hanno atteso la Gazzella correttamente inviata in supporto.
Come si vede è bastato molto poco per avere una tragedia, dalla quale però andranno imparati gli errori commessi, non solamente da chi era sul campo, ma anche e soprattutto dal sistema politico e dalla magistratura con i tempi imposti dalle regole, ma immediatamente dalle Forze dell’Ordine.
Chi agisce sul campo deve poter essere messo nelle condizioni di poter ottenere immediata obbedienza alle istruzioni impartite al sospettato, o comunque al cittadino interpellato, senza dover temere incriminazioni da parte della magistratura nel caso che un soggetto subisca le conseguenze di un comportamento errato ed aggressivo, quand’anche putativo.
Nelle situazioni di tensione basta un gesto sbagliato per generare una reazione causata dall’istinto incontrollabile di salvaguardia. Se autocontrollo va chiesto alle Forze dell’Ordine così deve essere mostrato dal cittadino un atteggiamento cooperativo.
La società non è più quella di una volta ed ai nuovi comportamenti di quest’ultima dovrà essere adeguata la normativa concernente le Forze dell’Ordine e la normativa penale, nonché le regole di ingaggio oltre che le leggi sulle legittima difesa, oltre ai principi giudicanti della magistratura.
Appare infine anacronistico che un agente delle Forze dell’Ordine non possa portare arma diversa da quella d’ordinanza quando agisce in “abito simulato”. L’arma fornita fa parte delle così dette “pistole da fondina” e quindi date le dimensioni assolutamente inidonee ad un porto occulto. Non si vede perché un tutore dell’ordine non possa disporre, anche in proprio, di uno strumento impiegante cartucce di pari o superiore potenza, ma di misure e peso idonee ad un porto non apparente e quindi facilmente occultabile con quasi ogni tipo di abbigliamento.
Infine appare aberrante che buona parte dei mass-media anziché concentrarsi su un efferato ed insensato crimine ai danni di un “cittadino che protegge i cittadini” si sia indignata per una foto mostrante uno dei due criminali bendato ed ammanettato. Ammesso e non concesso che tali restrizioni fossero fuori norma si consideri la enorme sproporzione tra i due fatti in causa.
Si tenga anche presente che durante gli arresti e nei tempi immediatamente successivi la restrizione è motivata a tutela sia degli agenti che degli stessi arrestati che talvolta commettono azioni contro se stessi.