Intervistato dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeinen Zeitung, il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, non usa mezzi termini: “Senza le misure annunciate – chiarisce a Roma e Parigi – ci sarà un inasprimento della procedure di deficit”.
La minaccia segue una diffida ancora più esplicita della cancelliera tedesca Angela Merkel di qualche giorno fa’.
Alcuni Paesi dell’Unione (UE) sono indebitati superando il limite comunitario del tre percento del PIL. La Grecia, ad esempio, aveva un debito prossimo al 12 percento all’epoca del default e altri Paesi come la Spagna, Irlanda, Italia e Portogallo hanno anche loro problemi a rispettare i rigidi parametri europei.
Ma questi Paesi sono “troppo grandi per fallire”. Un loro eventuale default, infatti, scuoterebbe i mercati finanziari vanificando le speranze di una tanto attesa uscita dalla crisi per l’Europa e potenzialmente inducendo una recessione anche negli Stati Uniti.
I Paesi in default hanno probabilmente nascosto il loro deficit reale per anni con l’aiuto anche di banche americane. Lo ha affermato il magazine tedesco Der Spiegel nel 2002 quando la Grecia operò uno scambio miliardario che però non compariva sui libri contabili come debito. Transazioni definite vendite ma che erano nei fatti dei veri e propri prestiti
Un esempio fu l’operazione Eolo riportata dal Times. Un’entità legale creata nel 2001, per ridurre il debito attraverso degli introiti immediati a fronte di future garanzie di locazione degli aeroporti del Paese. Una simile operazione chiamata Ariadne, l’anno precedente, aveva ricevuto quale contropartita gli introiti governativi ottenuti dalle lotterie nazionali.
Non sono quindi nuove queste minacce, ma la curiosità cade piuttosto sulla scelta dei tempi per evocarle.
Un possibile scenario potrebbe essere tracciato inserendo in una prospettiva più ampia e inserendo a sistema un recente scacco subito dalla cancelliera tedesca a causa della nuova politica energetica dichiarata recentemente dal Presidente russo dopo l’incontro con il suo omologo turco.
Di fatto, la Russia coopererà con la Turchia e non più con la Germania e il gas russo arriverà in Europa attraverso il Turk stream e non più attraverso South Stream.
Una mossa che il capo dell’esecutivo comunitario si è affrettato a definire come contraria agli interessi europei, ripagando così il forte sostegno tedesco alla sua candidatura.
Ma non è poi così chiaro a quale Europa si riferisca il neo-eletto presidente della Commissione.
Lo sbilanciamento dell’equazione energetica europea a favore dei Paesi balcanici e mediterranei è infatti un’occasione favorevole per le rispettive economie che faticano ad uscire da una crisi determinata anche da una politica economica guidata da un dirigismo germanico.