(di Roberto Falaschi) – All’indomani dell’evento in Ferguson (Missouri) nel quale il poliziotto bianco Wilson in servizio uccise l’afroamericano Brown scatenando un susseguirsi di moti localmente e nel resto degli Stati Uniti, avevo scritto manifestando dei dubbi su quanto fatto circolare dai mass-media.
(vedi mio del 19 agosto 2014
http://www.worldwebnews.it/sparatoria-ferguson-missouri-realmente-avvenuto/)
Quando nei giorni scorsi il Grand Jury ha emesso il verdetto di non incriminabilità nei confronti del poliziotto Wilson si sono ripetute le medesime manifestazioni violente dell’agosto scorso con saccheggi, incendi, feriti ed arresti. Per arrivare a detta conclusione i membri del G.J., che erano stati comunque scelti prima dell’uccisione dell’afroamericano ed erano di diversi gruppi etnici, devono evidentemente aver avuto delle evidenze ben differenti da quelle sensazionalistiche propinate dai mass-media, sempre a caccia di scalpore che faccia vendere e che hanno fatto apparire il poliziotto Wilson come responsabile di un crimine, anziché l’autore di un atto di legittima difesa nel rispetto delle regole di ingaggio del suo dipartimento di polizia.
Vediamo quindi di ricapitolare i fatti come a conoscenza del G.J.. Anzitutto Michael Brown era un individuo di costituzione particolarmente robusta, alto 1, 98 m. e del peso di 136 Kg.. Egli stesso si considerava un “gangster” come si vede dalle sue foto pubblicate su face book nelle quali ha un atteggiamento confacente con il suo sentire ed imbracciando ogni tipo di arma da fuoco. Era tossicodipendente e quale suonatore “rapper” aveva inciso testi da gang nei quali si invita alla violenza ed all’uccisione. Questi sono elementi emersi dopo la sparatoria, ma danno un’idea del comportamento durante lo svolgimento dei fatti che hanno portato alla sua morte.
La sera del suo decesso si sa che andò in un negozio e si scelse una scatola di sigari vuoti che avrebbe eventualmente usato per riempirli di marijuana. Anziché passare alla cassa per pagare decise di rubarli e nel far ciò aggredì il negoziante, di corporatura assai più modesta, come evidenziato dalla camera di sorveglianza. Successivamente, evidentemente sotto l’effetto di qualche stupefacente (THC, marijuana) si mise a camminare nel centro della strada incurante del traffico e costituendo un pericolo per se stesso e per gli automobilisti.
A questo punto arriva il poliziotto Wilson col suo incrociatore (così vengono definite le auto pattuglia della polizia, tra l’ altro dotate di cinepresa) e rendendosi conto che il soggetto doveva essere “disorientato” intima al Brown di spostarsi sul marciapiede, ottenendone un netto rifiuto, ciò che ha viepiù allarmato il tutore dell’ordine.
Quest’ultimo tenta di uscire dall’incrociatore per calmare la situazione ed invitare Brown ed il suo compagno a spostarsi sul marciapiede, ma il sospetto blocca la porta del veicolo respingendo verso l’interno il poliziotto che a questo punto si trova palesemente sotto attacco.
La mossa successiva dell’aggressore è quella di sporgersi verso l’interno dell’auto dal finestrino aperto aggredendo Wilson e cercando di asportargli la pistola. Durante la colluttazione il poliziotto spara a bruciapelo al Brown (la successiva perizia balistica confermerà che la ferita corrisponde ad una causata nel corso di una lotta per sottrarre l’arma).
La successiva sequenza degli avvenimenti evidenzia come il Brown indietreggi dal veicolo mentre Wilson ne scende e quindi si lanci nuovamente contro l’agente, come confermato da sei testimoni indipendenti, e come il poliziotto finalmente spari diversi colpi di pistola che causano il decesso di Brown.
Quanto deve essere ora accertato è se Wilson fosse o meno giustificato nell’uso della “forza letale” considerando i seguenti fatti:
– Michael Brown è un uomo grande, grosso e robusto, molto più del poliziotto.
– Brown ha appena commesso un reato con l’uso della violenza in un negozio dei paraggi aggredendo un commesso fisicamente molto meno dotato (fatto chiaramente riferito per radio dalla centrale di polizia con descrizione dell’assalitore).
– Brown palesemente sotto l’effetto di stupefacenti (l’autopsia accerterà trattarsi di THC) cammina nel centro di una strada di grande traffico sfidando qualsiasi regola di prudenza e buon senso.
– Brown rifiuta l’ordine legale di Wilson di spostarsi sul marciapiede facendo capire al poliziotto che l’individuo non sarebbe certamente stato ragionevole.
– Brown ha commesso tre aggressioni nei confronti di Wilson (bloccandogli la porta dell’incrociatore per non farlo uscire – colpendolo ripetutamente mentre era seduto in auto, cercando di sottrargli l’arma nella colluttazione e – ritornando all’attacco una volta l’agente uscito).
Non restavano che due opzioni al Wilson: fuggire e cercare di correre più rapidamente del Brown abbandonando l’incrociatore con tutto il suo equipaggiamento (fucile compreso), oppure sparare direttamente al Brown. I regolamenti dei vari dipartimenti di polizia, nonché l’addestramento impartito agli agenti prevede che i tutori dell’ordine mantengano la posizione usando qualsiasi ragionevole mezzo idoneo nella specifica circostanza…e nella circostanza il ragionevole mezzo per mantenere il terreno era sparare.
Se Michael Brown avesse usato miglior giudizio nel suo comportamento – uso di droghe, rubare ed aggredire un negoziante, camminare nel centro della strada, rifiutare un legittimo ordine di togliersi da quella posizione, aggredire un poliziotto tre volte consecutive cercando anche di sottrargli l’arma – non avrebbe creato quella situazione nella quale si rese necessario e legittimo l’uso della “forza letale”.
Se il poliziotto Wilson non avesse agito come fece alla fine dello scontro il morto sarebbe stato lui. Sulla base di quanto precede il G.J. ha deciso la non incriminabilità di Wilson.
Che poi il Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Hussein Obama, e l’Attorney General, Eric Holder, appaiano separatamente in televisione per reclamare giustizia per la famiglia di Wilson ancora prima che si sia svolta l’inchiesta risulta del tutto fuori luogo. Ne vale l’ipotesi che ciò sia avvenuto per calmare gli animi esacerbati dai mass-media dando la chiara sensazione di considerare il Wilson comunque colpevole.
Il poliziotto di strada negli Stati Uniti, come peraltro nel resto del continente americano assai violento, lavora sempre sotto lo stress di essere mortalmente aggredito ad ogni contatto con il pubblico. Non a caso in servizio usano sempre le vesti antiproiettile di kevlar, o altro tessuto aramidico per fermare i proiettili, proteggendosi così almeno alcune parti del corpo. Tali vesti comunque non bloccano una lama di coltello.
Il caso del poliziotto Wilson è stato propagandato come il segno del razzismo rampante negli S.U. e l’intervento del Presidente e dell’Attorney General hanno contribuito a questa credenza, che per una parte della popolazione è anche corretta, ma non certo per la maggioranza…basti pensare che l’attuale Capo di Stato è stato eletto benché negro e poi rieletto. Di quale razzismo quindi si parla? Di quello della polizia? Ma i dipartimenti di polizia hanno un abbondante numero di afroamericani a tutti i livelli nel loro interno. Naturalmente altri recenti episodi nei quali poliziotti hanno recentemente ucciso sono stati alquanto pubblicizzati negativamente, ma con quali prove?
Rovesciamo la medaglia per osservare alcuni casi quasi attuali di poliziotti uccisi nel compimento del loro dovere.
Qualcuno ha mai sentito il nome del Detective latinoamericano Melvin Santiago ucciso a colpi d’arma da fuoco il 13 luglio 2014 a Jersey City (N.J.)? Il suo assassino, Lawrence Campbell, era afroamericano. Per caso i mass – media, il Presidente e l’Attorney General si sono disturbati per chiedere giustizia?
Oppure del poliziotto bianco Jeffrey Westerfield di Gary (Indiana) ucciso il 6 luglio 2014 dall’afroamericano Carl LeEllis Blount?
Oppure che il 5 luglio 2014 il poliziotto bianco Perry Renn di Indianapolis (Indiana) è stato ucciso dall’afroamericano Major Davis?
Oppure che il Vice Sceriffo bianco Allen Barres della Parrocchia (così si chiamano le contee in Luisiana) di Vermillion è stato assassinato da due afroamericani il 23 giugno 2014?
Oppure il caso inverso del poliziotto afroamericano Kevin Jordan di Griffin (GA) ucciso il 31 maggio 2014 da un assassino bianco?
In tutti i casi menzionati, purtroppo solo parte di una lunga lista di poliziotti assassinati in servizio, non si sono uditi acuti lai dei mass-media o del Presidente Obama o dell’Attorney General per chiedere che giustizia sia fatta. Eppure questi erano innocenti servitori del loro Stato che hanno lasciato vedove e figli orfani che non hanno suscitato alcun interesse presso la classe governante. E’ questo un ulteriore sintomo della degenerazione della democrazia?
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