(di Clara Salpietro) – Nel cielo sopra Podrute, la mattina del 7 gennaio 1992, due elicotteri, disarmati, dell’Aviazione Leggera dell’Esercito italiano (un AB205 e un AB 206) erano impegnati a svolgere missioni per il controllo del cessate il fuoco per conto della EUMM (European Union Monitor Mission).
Podrute è un villaggio non lontano da Novi Marof sui cieli tra Varaždin e Zagabria, estremo nord della Croazia, nei pressi del confine con Slovenia ed Ungheria.
La missione di monitoraggio dell’Unione europea (EUMM), è una missione operativa della UE, dispiegata nei Balcani Occidentali e in Georgia. Fu creata a seguito degli Accordi di Brioni del 7 luglio 1991 al fine di monitorare i confini, le relazioni interetniche, gli spostamenti dei rifugiati e gli sviluppi politici e di sicurezza nell’area già jugoslava dei Balcani occidentali.
Dal 22 dicembre 2000 la missione ha assunto il nome di European Union Monitoring Mission, dal 2008, la sua area geografica di dispiegamento si è allargata alla Georgia.
La missione era finanziata dalla Commissione Europea, ed era costituita da 75 specialisti del campo. Il quartier generale era a Zagabria, e la sua area di operazioni includeva Bosnia-Erzegovina, Croazia, Serbia, Montenegro, Albania e Repubblica di Macedonia.
Il 7 gennaio alle ore 13,30 i due elicotteri della EEMM decollano dalla pista della base aerea di Kaposvár in Ungheria salendo a 900 piedi (300 metri) e procedendo in formazione; avanti l’AB-205, leggermente arretrato, più in basso e con rotta parallela l’AB-206. I piloti degli elicotteri entrano sotto il controllo aereo di Zagabria che segue il loro volo.
Alle ore 13,50 dalla base aerea di Željava (Bihać – allora ancora Repubblica Socialista di Bosnia-Erzegovina e parte integrante della Jugoslavia) parte l’ordine di decollo immediato e la rotta per dirigere verso la zona dove volano gli elicotteri dell’ECMM, per una coppia di MiG-21 del 117 lap (“lovacko-avijacijski puk” ovvero Reggimento aviazione da caccia) dell’Aeronautica militare federale iugoslava (Jugoslovensko ratno vazduhoplovstvo).
I due MiG-21, come si dice in gergo militare, erano in turno di “scramble”, cioè pronti ad intervenire, su ordine, dalla pista dell’aeroporto militare di Bihać. I velivoli erano pilotati da Danijel Borović ed Emir Šišić.
Alle ore 13,59 su autorizzazione della torre di controllo di Zagabria gli elicotteri della EEMM fanno quota passando da 900 a 2.700 piedi (da 300 a 900 metri).
Alle ore 14,07 il centro del controllo del traffico aereo di Zagabria riceve il disperato triplice “Mayday”; lanciato dall’allora tenente Barbafiera che pilotava l’AB-206.
Ecco cosa è successo dalle 13,59 alle 14,07: la coppia di MiG-21 della Forza Aerea e di Difesa Aerea Jugoslava nei pressi del villaggio di Novi Marof, nella zona di Varazdin, cinquanta chilometri a nord-est di Zagabria, ha intercettato i due elicotteri dell’Aviazione Leggera dell’Esercito italiano, e il MiG-21 pilotato dall’allora tenente (poručnik), oggi maggiore (major), Emir Šišić ha abbattuto l’AB205.
L’elicottero, come si evince dalla testimonianza del tenente Barbafiera, si è spezzato un due tronconi ed è precipitato.
Sull’elicottero abbattuto persero la vita: Enzo Venturini, tenente colonnello pilota, medaglia d’oro al valor militare; Marco Matta, sergente maggiore pilota, medaglia d’oro al valor militare; Fiorenzo Ramacci, maresciallo capo, medaglia d’oro al valor militare; Silvano Natale, maresciallo capo, medaglia d’oro al valor militare; Jean-Loup Eychenne, lieutenant de vaisseau (tenente di vascello) della Marine nationale francese.
I MiG cercarono anche di abbattere l’AB206 ma il pilota, il tenente Barbafiera, riuscì ad evitare il fuoco iugoslavo e ad atterrare indenne in una radura.
L’elicottero AB205 e tre dei quattro militari italiani appartenevano al 5° reggimento Aves “Rigel”, di stanza a Casarsa Della Delizia, in provincia di Pordenone.
Oggi, a distanza di 20 anni, il comandante del 5° Rigel, colonnello Livio Ciancarella, ha scritto una lettera aperta a Emir Šišić l’ex pilota del 117° LAP, serbo bosniaco, che premette il grilletto il giorno 7 gennaio 1992 abbattendo l’elicottero UE.
Ecco il testo integrale della lettera aperta:
“Signor Šišić,
Lei non mi conosce, sono il comandante del reparto da cui provenivano gli italiani caduti quel giorno, mentre io conosco bene Lei anche se non di persona. Sappia che in queste righe non c’è rancore né accusa nei suoi confronti, ma solo la volontà di comprendere e testimoniare.
Lei, da solo, ha già pagato il conto con la giustizia terrena, ma voglio condividere con Lei alcune considerazioni da pilota a pilota.
Su ordine dei suoi superiori ha abbattuto un elicottero disarmato che volava nel rispetto delle regole siglate dai suoi superiori e dai suoi governanti: non ha pensato che questo fatto, un giorno, avrebbe potuto danneggiarla?
Noi ora voliamo in Afghanistan, sotto un mandato delle Nazioni Unite che i miei piloti hanno letto ed hanno in tasca, sotto regole e direttive precise dei nostri superiori per evitare i danni collaterali, gli ingaggi per errore e le vittime civili. Anche queste regole sono illustrate e portate al seguito dai nostri piloti. Ma soprattutto io insegno ai piloti a pensare con la loro testa e a considerare le conseguenze dei loro atti con la consapevolezza di tutte le regole che sono state scritte. Avevate qualcosa del genere nella RViPVOJ (Aeronautica Federale Jugoslava) nel 1992?
La nostra Alleanza ha imparato molto, anche da un evento tragico come quello del 1992. Le procedure sono state studiate e migliorate e molta cura viene posta nella preparazione dei piloti e degli equipaggi di volo. Voi eravate sempre sotto controllo attivo della vostra Difesa Aerea, che pure era informata del volo dei due elicotteri bianchi. A noi può capitare di raggiungere zone isolate dove non c’è questo controllo attivo. Sembrerebbe che errori tragici possano capitare più frequentemente nel secondo caso, e invece la storia dice il contrario. Quindi come addestrerebbe i suoi piloti se ne avesse la possibilità?
Siamo piloti, conosciamo la sensazione di salire nel cielo, di governare macchine potenti e veloci, di avere a disposizione armi potenti. Ma a che scopo? Per dare una speranza o toglierla?
Vede il paradosso Sisic, lei ha trasformato 5 uomini che credeva suoi nemici in 5 eroi che hanno dato una speranza ad un Paese nascente, sono stati decorati nel loro Paese, hanno dato lustro alla causa a voi avversa e hanno contribuito a farvi perdere la guerra.
Ho un’ultima cosa da dirLe. Il 7 gennaio guardi la televisione croata (a Belgrado dovrebbe captarla, sennò mi dispiace per Lei) e guardi le immagini della cerimonia a Podrute. La prego di guardare il dolore composto dei parenti dei caduti, alcuni dei quali conoscevo personalmente e che ora conosco tutti. Lo strazio è una cosa che né io né Lei potremo mai cancellare. Ma guardi anche il pubblico dei paesani croati: sono li non perché glielo hanno ordinato, ma per ringraziare 5 uomini che hanno regalato loro una cosa: la speranza.
Lo stesso che cerchiamo di dare qui agli afghani.
Le auguro una vita piena di speranza.
Livio Ciancarella
Colonnello
Comandante del 5 rgt AVES “Rigel””
Il colonnello Ciancarella, qualche giorno prima del 7 gennaio, ha anche scritto una preghiera per Emir Šišić, una preghiera in cui le parole “perdono e speranza” invitano ad una lunga riflessione.
Emir prego per te
Non mi è facile farlo, ma devo obbedire ad un richiamo superiore.
Tra poco saranno 20 anni,
da quando premesti il grilletto sul tuo MiG togliendo la vita a 5 nostri colleghi e amici.
Prego per te,
perché loro non avevano armi e i tuoi superiori sapevano,
ma te lo hanno ordinato lo stesso.
Cerco di pensare a cosa pensavi, se volevi difendere la tua Patria,
se avevi paura dei superiori, se pensavi al dovere,
ma pensavi alle loro vite? A quelle dei loro cari?
Prego per te,
perché ci sono azioni che sono irreversibili in questa vita,
che decidono della vita di altre persone e della vita futura.
Prego per te,
che sei cristiano, e che hai pagato in carcere
il debito con la giustizia degli uomini
mentre i tuoi mandanti no.
Prego per te,
perché sei malato di un male incurabile,
potrei essere al tuo posto un giorno, pilota tu, pilota io.
Prego per te
perché il perdono è più forte del rancore e della vendetta
e perché, tuo malgrado, col tuo gesto hai dato speranza ai tuoi ex nemici
e riconosco in questo il disegno di Dio.
Prego per te,
perché non hai ancora chiesto perdono alle famiglie dei caduti,
e per questo ci vuole più coraggio che premere un grilletto.
Prego per noi
perché possiamo dare speranza e non toglierla,
perché possiamo perdonare e non vendicare,
perché possiamo testimoniare una fede più forte.
Ho ascoltato la voce dentro di me, Emir, ascoltala anche tu.