(di Roberto Falaschi) – La FED di New York, così come Fort Knox, conservano a vario titolo anche parte delle riserve auree di numerosi Stati che talvolta per un qualche motivo chiedono di poterlo visionare. Ciò anche in considerazione del fatto che ad intervalli regolari i lingotti d’oro vanno rifusi per mantenerne intatta la qualità e quindi il valore. Circa un paio di anni fa, evidentemente mossa da qualche sospetto, la Bandesbank chiese alla FED di New York di poter visionare le millecinquecento tonnellate dei propri lingotti che questa custodisce.
Con estrema sorpresa si sentì rispondere di non preoccuparsi, perché l’oro era ben conservato e che loro, la FED, si sarebbero occupati di tutto. Insospettita da siffatto atteggiamento la Bundesbank chiese il rimpatrio di trecento tonnellate. L’incredibile risposta della FED di New York fu che avrebbero provveduto dopo sette anni e fin’ora ne sono state restituite solamente cinque.
C’è da domandarsi cosa sarebbe successo a questo punto in una simile situazione tra privati. Comunque la Bundesbank, evidentemente di concerto con il proprio governo e comprendendo benissimo come era stato utilizzato il suo oro, fece finta di nulla rispondendo che non vi era alcun problema.
Viene spontaneo domandarsi come mai quell’oro non fosse più nella disponibilità della FED di New York. La risposta però è altrettanto spontanea: quell’oro è stato dato in pegno in cambio di prestiti. Il debito USA si deve pur finanziare e la circostanza che sia l’unica moneta per la transazione delle materie prime, soprattutto del petrolio, evidentemente non è sufficiente a sostenerlo. E poi serve come “arma” negli scontri finanziari tra Stati.
Un audit presso le riserve auree della FED di New York e presso Fort Knox sarebbe così catastrofico che potrebbe mandare in tilt tutto il sistema finanziario data la quantità di “maneggi” che sono avvenuti con quell’oro depositato in quelle istituzioni che ricostruire il percorso dei prestiti e contro prestiti, è di fatto impossibile. Il “maneggio” finanziario che permette queste manovre prende giustamente il nome di “rehypothecation”. Comunque sono trascorsi sei decenni dall’ultimo audit e questo la dice lunga.
Queste manovre hanno anche lo scopo di consentire le guerre finanziarie che vari Stati ostili si combattono tra di loro e gli Stati Uniti sono naturalmente tra i principali attori, così come naturalmente Russia e Cina. Tra l’altro quest’ultima possiede una tale quantità di titoli USA da essere in grado di esercitare pressioni su questi.
Se nelle transazioni ordinarie l’oro non viene più utilizzato quale merce di scambio, il suo uso è invece regolare per quegli scambi commerciali che avvengono al di fuori del normale sistema monetario, in particolare da e verso gli Stati sotto embargo internazionale, non potendosi effettuare versamenti bancari regolari.
Altro sistema utilizzato dagli Stati embargati è quello di servirsi di banche situate in Paesi compiacenti ove erano stati già depositati abbondanti fondi o dove vi vengono avviati i ricavi delle transazioni aggiranti l’embargo.
Resta comunque che l’oro è sempre la merce di scambio più sicura e ricercata non dovendo sottostare alla disponibilità di paesi compiacenti e ad eventuali loro ricatti o condizionamenti.
Domanda da porsi, ma che certamente non potrà avere risposta: dove sarà l’oro delle riserve auree italiane depositato all’estero?
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