(di Roberto Falaschi) – A quasi un anno dal terremoto del 24 agosto 2016, che ha colpito il Centro Italia, le vittime del disastro naturale sono ancora in attesa di un concreto soccorso da parte delle innumerevoli autorità preposte alla bisogna.
Qualche container, qualche prefabbricato e tanta, tantissima retorica da ogni personaggio di governo che desidera mettersi in luce. Considerati i risultati ottenuti sicuramente costoro si sono ben evidenziati, ma non è probabile che per le vittime e per i cittadini italiani in genere sia stato per il meglio.
I soccorsi vanno avanti tra bandi di gara, ricorsi ed appelli, denunce e processi penali, quindi come si vede l’attività procede alacremente, sono solo i risultati che languono.
Gli addetti ai lavori procedono tra leggi, leggine, cavilli e chi più ne ha più ne metta. In realtà quando si tratta di soccorsi tutto dovrebbe essere organizzato in anticipo sul bisogno e l’operazione di soccorso deve scattare celermente e senza alcun indugio o interferenza politica, amministrativa o giudiziaria che possa intralciare i lavori di soccorso e ripristino del distrutto. Non ci devono essere scuse di Stato e non ci dovranno essere.
Vediamo un esempio che può chiarire quale deve essere il modus operandi.
Il 28 luglio 1930 ci fu poco a Sud di quello del 24 agosto il terremoto del Vulture (dal nome dell’omonimo monte), magnitudo 6.7, che interessò oltre cinquanta comuni in sette province, in particolare Potenza, Matera, Benevento, Avellino e Foggia. I morti furono 1404 ed il numero dei feriti impressionante.
Il ministro dei Lavori Pubblici, Araldo di Crollalanza (1892 – 1986) immediatamente si mobilitò disponendo il trasferimento degli uffici del Genio Civile e del relativo personale nell’area del disastro. Fece implementare il piano preordinato per simili sciagure.
Il Ministro con il personale tecnico presero alloggiamento sul treno in questione potendo così spostarsi da un sito ad un altro a seconda delle necessità.
Fece altresì mobilitare il treno predisposto per un rapido intervento in sosta nell’area della stazione di Roma con il carico composto dal materiale necessario per procedere celermente ai lavori quali materiale medico, apparecchiature da demolizione, attrezzature per impalcature e quant’altro di immediata necessità per avviare i soccorsi.
Per i terremotati vennero subito installati gli attendamenti in stile accampamento militare e chiamate numerose ditte che avviarono senza indugio i lavori necessari.
Come da progetti vennero costruite case antisismiche di due/tre vani più servizi nel mentre venivano riparate le abitazioni lesionate.
In totale in tre mesi per fine ottobre vennero consegnate alle popolazioni di Lucania, Puglia e Campania 3746 case riattandone 5200. Merita ricordare che dette costruzioni resistettero al terremoto dell’Irpinia mezzo secolo dopo nel 1980 quando il Crollalanza ottantottenne potette constatare la bontà del suo operare. Deve essere stata per lui una grandissima soddisfazione.
I disastrati poterono così trascorrere nelle nuove residenze il primo inverno successivo al terremoto. A quando questo “lusso” alle popolazioni del sisma del 24 agosto 2016?
Sicuramente all’epoca era più facile intraprendere opere pubbliche non essendovi tutta una serie di complessissime norme da rispettare introdotte nel corso dei decenni a partire soprattutto dagli anni settanta, ma allora vien da porsi la domanda se tali norme non siano di intralcio e vadano abbondantemente riviste.
Se si, come appare dai risultati, perché il governo ed il parlamento non si impegnano in una realistica riforma ed in piani conseguenti da adottare in caso di alluvioni, incendi o terremoti? E ciò anche tenendo nella dovuta considerazione che più regolamenti e leggi, più possibilità esistono di “barare” sulla qualità dei lavori.
Ricordiamocene il giorno in cui voteremo le prossime volte.