Al termine di un’attività investigativa durata quasi due anni, 400 finanzieri, con l’ausilio dei baschi verdi in tenuta da ordine pubblico, delle unità cinofile e del supporto degli elicotteri ed unità navali, hanno circondato e perquisito in ogni angolo la località “Timpone Rosso” di Cassano allo Ionio, da anni ritenuta la roccaforte del clan degli zingari ed hanno eseguito un provvedimento di fermo nei confronti di 33 soggetti tra Calabria, Puglia, Basilicata, Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia. Più di tre tonnellate di stupefacente sequestrato tra cocaina, eroina e marijuana, oltre al rinvenimento di numerose armi (tra cui kalashnikov) e la cattura di un pericoloso latitante.
Questo il bilancio dell’intera operazione antidroga denominata “Gentleman” condotta dalle fiamme gialle della sezione G.O.A. del Gico di Catanzaro, della sezione G.O.A. del Gico di Brescia, della Compagnia di Policoro, del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma (S.C.I.C.O.), con l’interessamento della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (d.c.s.a.).
Le indagini dirette dai procuratori aggiunti Dott. Giovanni Bombardieri e Dott. Vincenzo Luberto e dal Sostituto Procuratore Dott. Domenico Guarascio, coordinate dal Procuratore distrettuale di Catanzaro Dott. Antonio Vincenzo Lombardo, in collegamento con la Procura di Brescia, nella persona del Procuratore aggiunto Dott. Sandro Raimondi, e della Procura di Matera, nella persona della Dott.ssa Alessandra Susca, hanno delineato l’attività delittuosa dei sodalizi criminali riconducibili a S.F. ed A.L., ritenuti i soggetti alla cui egemonia risultano soggiogate la locale di Corigliano Calabro e la ‘ndrina degli zingari di Cassano allo Ionio, compagini storicamente dotate di autonomia ed accertata operatività criminale nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti.
Nel corso degli anni “gli zingari” si sono emancipati da una situazione di dipendenza che li relegava ai margini delle associazioni ‘ndranghetistiche sino ad assurgere alla preposizione di un locale di ‘ndrangheta.
Due anni di serrate attività di indagine hanno dimostrato come detta organizzazione avesse accesso ai mercati sudamericani, per la cocaina ed a quelli dell’est europeo, per l’eroina e la marijuana, così da importare a prezzi assolutamente concorrenziali ingenti partite di stupefacente.
Le investigazioni hanno svelato l’esistenza di una fitta rete di pericolosi narcotrafficanti internazionali in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana dall’Albania verso l’Italia, avvalendosi di vettori marittimi dell’organizzazione, nonchè di cocaina ed eroina, mediante l’impiego di automezzi modificati nella struttura al fine di ricavarne appositi vani funzionali all’occultamento.
La complessa attività ha consentito di identificare la totalità dei soggetti coinvolti, legati per lo più da “vincoli di sangue” nel rispetto della migliore tradizione ‘ndranghetistica, e di individuare, tra l’altro, i differenti ruoli svolti da ognuno di essi in seno al sodalizio criminoso.
L’intera operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che, soprattutto, dei mancati guadagni; la droga complessivamente sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in commercio, avrebbe fruttato all’organizzazione oltre 45 milioni di euro.
Colpito anche il patrimonio accumulato dai principali arrestati, costitutito da beni immobili, quote societarie, autovetture di lusso, ed imbarcazioni.
(Fonte: Guardia di Finanza)
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