(di Roberto Falaschi) – Forse alcuni avranno già letto di questa ipotesi sulla scomparsa dell’ormai famoso volo della linea aerea della Malaysia MH370, ma credo possa essere di una qualche utilità darle una maggior diffusione.
La faccenda comincerebbe in Afghanistan dove mentre gli U.S.A. portavano via un loro sistema di comando e controllo per droni, U.A.V., del peso di venti tonnellate ed imballato in sei containers, questo gli venne sottratto a seguito di un’imboscata talebana del febbraio 2014 al convoglio che lo trasportava alla base. I talebani uccisero nel corso dell’attacco due SEALS e sottrassero anche altro equipaggiamento.
Dato che l’interesse dei talebani era la trasformazione in moneta di quell’equipaggiamento di altissimo valore tecnologico, si rivolsero a possibili acquirenti e la Cina, inviati dei tecnici per esaminare la “merce”, comprò prontamente il sistema, certa che una volta accuratamente studiato avrebbe potuto neutralizzare tutti i droni U.S.A. creando grave danno a questi.
All’inizio di marzo i tecnici cinesi e gli otto containers furono trasportati in Malesia reputando questa la via più sicura per evitare di essere intercettati. Il carico fu quindi conservato al sicuro nell’ambasciata cinese in attesa di proseguire il viaggio.
Nel frattempo gli americani, forse con l’ausilio degli israeliani, espertissimi in questa materia, si adoperarono per recuperare i containers.
I cinesi pensando che il trasporto con un aereomobile civile avrebbe suscitato meno attenzione e quindi sarebbe sfuggito più facilmente agli investigatori, imbarcarono il tutto, sempre sotto sigillo diplomatico, nell’ormai famoso volo MH370 con rotta Pechino. Tuttavia, all’insaputa dei cinesi vi erano cinque agenti americani/israeliani saliti a bordo del volo esperti nel funzionamento dei velivoli Boeing. I due iraniani con passaporti rubati potrebbero essere alcuni di loro.
Al momento in cui MH370 lasciava lo spazio aereo controllato dalla Malesia per entrare in quello vietnamita un velivolo U.S.A.F. A.W.A.C. bloccò le trasmissioni ed i segnali dell’aereo civile, disabilitandone i sistemi di pilotaggio e ponendoli nella posizione “controllo remoto”. Fu a questo punto che l’apparecchio perse quota temporaneamente.
Come è possibile che un aereo possa elettronicamente effettuare una simile manovra? Semplicissimo, dopo i noti eventi del triste 9 settembre 2001 tutti gli aerei Boeing, e probabilmente non solo loro, sono stati equipaggiati con un sistema remoto di controllo per sventare i tentativi di dirottamento. Quindi da allora tutti i velivoli Boeing possono essere controllati e pilotati dalle torri di controllo o da quant’altri mezzi dotati dell’attrezzatura necessaria. Sono in definitiva sistemi simili a quelli che controllano gli U.A.V..
Quindi i cinque americani/israeliani, preso il controllo del velivolo spento il transponder e tutti i sitemi di comunicazione, riprogrammarono la rotta dirigendosi verso occidente. Evitarono di dirigersi verso Guam o le Filippine in quanto il mar della Cina è sotto ampia ed efficiente copertura radar e satellitare cinese. I radar della Malesia, della Tailandia e dell’India avevano rilevato il passaggio di un velivolo non identificato senza tuttavia agire professionalmente e dare l’allarme.
L’aereomobile dirottato sorvolò North Sumatra, Anambas, South India per quindi atterrare alle Maldive dove fu visto da alcuni locali. Un volta rifornito di carburante ripartì per la base U.S.A. di Diego Garcia a sud dell’arcipelago delle Maldive ed in pieno Oceano Indiano.
A questo punto furono rimossi la “scatola nera” ed il carico di interesse. I passeggeri furono quindi “silenziati” con un sistema naturale, ossia privati di ossigeno in base al principio che solamente i defunti mantengono i segreti.
L’MH370 con il suo carico di morti ridecollò quindi sotto teleguida per essere fatto precipitare nell’Oceano Indiano Meridionale, dando così a credere che l’aereo, rimasto senza combustibile, fosse precipitato e lasciando così la responsabilità del fatto ai due piloti fuori di testa.
Gli americani hanno imbastito un’operazione efficiente, prima dirottando l’attenzione e quindi le ricerche verso il Mar Cinese Meridionale mentre l’aereo volava in senso opposto verso l’Oceano Indiano. Quindi hanno prodotto reperti e dichiarazioni atti a confondere le idee del pubblico. Non vi è dubbio che in tutta l’operazione l’Australia debba essere stata complice.
L’impegno della Cina in termini di mezzi messi a disposizione, sia aerei che battelli di ogni tipo oltre ai satelliti dimostra il grande interesse cinese ad individuare il punto di caduta e possibilmente a recuperarne il carico, oltremodo prezioso, così come gli espertissimi scienziati che si trovavano a bordo. Carico che ormai è sicuramente tornato nelle mani dei legittimi proprietari, sia pure a costo di molte vite umane.
La storia potrebbe essere scarsamente credibile, ma ormai siamo ben a conoscenza che spesso la realtà supera di gran lunga la fantasia. Forse un giorno sapremo come andarono veramente le cose. O forse no. O forse apparirà un nuovo Snowden.
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