Margherita Zöebeli, fondatrice del Centro Educativo Italo-Svizzero (CEIS) di Rimini, sarà ricordata nel centenario della nascita a Zurigo, il 23 novembre, con una conferenza di Tindaro Gatani.
Ad organizzare l’incontro, nell’ambito di “Zurigo in italiano”, è ProLinguaitaliana. All’evento, che si terrà a Kalkbreitesaal/Zwinglihaus (Ämtlerstrasse 23) ed avrà inizio alle ore 18, parteciperà l’attuale Direttore del CEIS, Giovanni Sapucci. I lavori saranno condotti da Verena Flubacher di Prolinguaitaliana.
Margherita Zöbeli è nata a Zurigo il 7 giugno 1912, sin da ragazza seguì la strada tracciata dal padre, un sindacalista impegnato politicamente, con il quale collaborò nella creazione di cooperative per aiutare le famiglie numerose e gli anziani allora senza pensione.
“Il mio è semplicemente un dovere − diceva − quando si ha un’idea buona bisogna lavorare e lottare per realizzarla”. “Per questo – raccontava – ho aderito al Soccorso Operaio Svizzero nel 1934, sorto l’anno prima con il compito di aiutare e proteggere gli ebrei tedeschi e austriaci perseguitati dai nazisti, nonché antifascisti italiani”.
Nel 1936 accorse in Spagna per portare in salvo attraverso i Pirenei molti bambini minacciati dalla guerra civile. Nel corso della seconda Guerra mondiale si distinse nel soccorso ai profughi che giungevano in Svizzera da ogni parte dell’Europa e soprattutto dall’Italia.
Il 9 ottobre 1944, Margherita Zöbeli, insieme a Gabriella Meyer, fu incaricata dal Soccorso Operaio Svizzero (SOS) di organizzare gli aiuti per le popolazioni della Val d’Ossola, duramente colpite dalla persecuzione nazifascista. A conflitto finito si impegnò nell’opera di ricostruzione promossa dal Dono Svizzero in Italia. Margherita scelse Rimini, la città distrutta all’80% dalla guerra. E ancora una volta la sua attenzione fu rivolta verso i bambini. Il Dono Svizzero e il SOS scelsero di costruire una scuola.
Fu un’opera immane perché per le prime costruzioni si utilizzarono i materiali di alcune baracche dei campi di internamento per i profughi in Svizzera, il cui trasporto in Italia, con i mezzi di allora, richiese molto impegno e fatica di tanti volontari.
Il Centro Educativo Italo Svizzero (CEIS) venne inaugurato 1° maggio 1946. A partire dal 1947 fu introdotta la scuola elementare che, secondo il principio della scuola attiva, si proponeva di raggiungere gli obiettivi di rendere gli allievi partecipi e protagonisti dell’apprendimento studiando, lavorando e discutendo tra loro e con gli animatori delle varie discipline con una didattica individuale che non può fare astrazione dai problemi sociali in cui il bambino cresce.
L’esperienza del CEIS ha esercitato un’influenza significativa nell’evoluzione della pedagogia in Italia tanto da divenire un centro di aggiornamento didattico permanente. Ai corsi di aggiornamento del CEIS, hanno collaborato, tra gli altri, i pedagogisti Pierre Bovet, Celestino Freinet, Ernesto Codignola, Lamberto Borghi, Francesco De Bartolomeis e Raffaele Laporta.
Il CEIS, collabora con molte università italiane, ed è, dunque, punto di riferimento per lo studio per le problematiche socio-pedagogiche e soprattutto per il recupero dei bambini portatori di handicap e con gravi difficoltà sociali e familiari.
“Quel che io ho fatto – ha scritto Rita Levi Montalcini – è ben poca cosa di fronte a quello che ha fatto Margherita Zoebeli e sento un’enorme ammirazione per chi dedica se stesso al prossimo. Alla fine della mia vita anch’io, come lei, sento il bisogno di dedicarmi agli altri, però mai quanto dovrei… dobbiamo ricordare il CEIS come simbolo della solidarietà umana”.
Margherita si è spenta il 25 febbraio 1996 nella “sua” Rimini, ma la “sua” scuola continua l’opera da lei intrapresa nei momenti più bui della storia italiana.
Oggi il CEIS collabora con: la Federazione dei Soccorsi Operai di tutto il Mondo; con il Kinderdorf Pestalozzi di Trogen; con la Friends’ Central School di Philadelphia; con il Nicaragua con stage di formazione; con la Bosnia Herzegovina con un progetto di cooperazione educativa attivato dall’inizio del 1997; con altri paesi tramite l’ospitalità di giovani tirocinanti; con le scuole sparse nelle tendopoli che accolgono i bambini profughi dalle guerre.
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